Il cambiamento climatico provoca cambiamenti delle abitudini alimentari, trasforma il carrello della spesa e indica nuove vie all’innovazione casearia

Cambiamento climatico

Torrida è stata in Italia l’estate del 2017, e anche il 2018 si pone tra le estati più calde, con ondate di calore che rendono questi eventi estremi quattro volte più probabili di quelli registrati nell’ultimo secolo. Le possibilità che in futuro si ripetano estati roventi con temperature decisamente sopra la media sono stimate essere dieci volte maggiori in futuro rispetto al secolo passato per colpa del cambiamento climatico. Questa è la conclusione di uno studio realizzato dalla World Weather Attribution nel quale si avverte che, in mancanza di misure drastiche per contrastare il riscaldamento globale, nel 2050 le stagioni roventi come quelle del 2003 o del 2017 saranno la normalità.

Ma in questo quadro come evolve l’alimentazione e come possono modificarsi i consumi di prodotti caseari?

L’alimentazione umana è legata al clima, alla temperatura media e alle sue escursioni, alla piovosità, all’umidità, alla durata, composizione e intensità della radiazione solare e ai movimenti dell’aria. Le necessità alimentari di un eschimese non sono quindi uguali a quelle di un europeo mediterraneo o di un africano. Differenti sono infatti le reazioni fisiologiche al clima e le condizioni ambientali influiscono su gran parte delle attività organiche, e non ultima sull’alimentazione. Se è vero che gran parte della popolazione italiana vive in ambienti non naturali, con una temperatura e un’illuminazione artificiale, e con ritmi di vita tendenzialmente simili in estate e in inverno, tuttavia i cambiamenti climatici stanno dimostrando una certa influenza sui consumi alimentari. In che modo l’anomalia di estati sempre più lunghe e inverni più miti influisce sui prodotti che portiamo a tavola?

Clima e consumi alimentari

Analizzando l’andamento sul mercato di circa cinquecento prodotti durante il 2015, un anno particolarmente caldo, si vede che l’innalzamento delle temperature medie muta le abitudini di consumo delle famiglie ed entra nel carrello della spesa degli italiani portando più insalate e meno cotechini, molte bottiglie d’acqua e quantità inferiori di pizze da infornare. In particolare, aumentano le vendite di liquidi dissetanti, acqua prima di tutto (con un aumento di quasi il 10%) assieme al tè freddo e alle bevande agli aromi (+ 12%). Contestualmente diminuiscono gli stufati, le pietanze cucinate e i cibi che richiedono molto tempo ai fornelli, come torte, pizze e sughi, o quelli riconducibili alla stagione fredda: i cotechini scendono del 5%, i wurstel e lo strutto del 6%, le fondute del 3,5% e i torroni di oltre l’8%. Nell’anno, e quasi in ogni stagione, aumentano le insalate capresi e le macedonie, si mangiano più gelati e tonno in scatola e si affermano i piatti pronti, freschi e leggeri. La lattuga in busta è in testa, con un aumento del 200%, seguita dai pomodori confezionati con un + 186%. Aumentano inoltre i carpacci e soprattutto i salumi affettati (+ 13,5%) e i formaggi più freschi e leggeri (+ 17%).

I cambiamenti della dieta condizionati dalle modifiche climatiche non sono una novità e s’inseriscono nella lunga onda di una tendenza che si sta affermando anno dopo anno. Gli economisti infatti cominciano a interrogarsi sugli effetti economici del fatto che i consumatori già da qualche tempo hanno dato il via ad uno slittamento stagionale nei loro consumi alimentari. Secondo un’indagine Doxa, il 51% degli italiani individua nei cambiamenti climatici la causa fondamentale delle future modifiche nella dieta. Un tipico indicatore di questi cambiamenti nell’alimentazione è la diminuzione del consumo di sale, non perché si mangino meno insalate ma perchè, anzi, si fanno bollire meno alimenti, come l’acqua per la pasta o la verdura lessa. Quando fa caldo si consumano più acqua, frutta e verdura e meno cibi grassi.

Cambiamento climatico e consumi caseari

Il consumatore di oggi è attento alla salute e fa scelte consapevoli, orientandosi verso alimenti adatti alla stagione. Per quanto riguarda i prodotti caseari è molto importante non tanto la quantità consumata, ma il tipo che è preferito.

Aumenta, e certamente aumenterà ulteriormente, la richiesta di prodotti caseari considerati leggeri, come i latti fermentati e gli yogurt, e soprattutto di quelli con limitati contenuti energetici, da assumere tal quali o da utilizzare in piatti assieme alle verdure, come la citata insalata caprese. Preferiti sono i formaggi freschi come le mozzarelle, gli stracchini, lo squacquerone e altri formaggi magri a breve stagionatura, con una diminuzione del consumo dei formaggi a lunga stagionatura che tuttavia manterranno un certo favore perché usati come condimenti delle paste, soprattutto di quelle fredde, di altri piatti freddi come i carpacci o in piatti di rapida preparazione come le insalate miste.

Tutte tendenze di cui l’industria casearia e la distribuzione alimentare devono tenere conto nelle sue ricerche per adeguare i prodotti caseari alle nuove esigenze dei consumatori con innovazioni che tengano conto di un clima caldo, per il quale sono adatti latti fermentati e formaggi magri pronti all’uso e che possano essere associati a verdure e altri vegetali per un’alimentazione nutriente, sana, leggera e adatta al cambiamento climatico.

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, é stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.