Nel mondo della trasformazione lattiero-casearia, i microrganismi sono parte essenziale delle lavorazioni ma bisogna conoscerli, saperli selezionare e capire come usarli a proprio vantaggio per produrre prodotti di buona qualità.
L’impiego di batteri selezionati o autoctoni è buona prassi anche per la standardizzazione delle lavorazioni. Un’acidificazione corretta del latte in tempi controllati dà al casaro una sicurezza sull’esito finale delle lavorazioni ma, quando è il momento di scegliere i fermenti, potrebbe avere dei dubbi.
Innanzitutto, occorre sapere che i microrganismi utilizzati sono batteri lattici i quali hanno la caratteristica di svilupparsi in maniera ottimale a determinate temperature:
- Mesofili: hanno un range di temperatura che varia dai circa 15 ai 40 °C con un ottimo di temperatura di crescita che va dai 28 ai 34 °C;
- Termofili: hanno un range di temperatura che va dai 30 °C ai 55 °C con un ottimo di temperatura di crecita che va dai circa 36°c ai 44 °c
Ma occorre fare attenzione perché le temperature sono delle medie e ogni singolo ceppo ha delle caratteristiche e degli ottimi di temperatura differenti.
Oltre che per la temperatura, i batteri lattici si differenziano anche in base alla loro forma. In particolare, parliamo di batteri che sotto il microscopio hanno forma sferoidale, quindi di COCCHI (Lattococchi), e di batteri con forma allungata, ovvero i BASTONCINI (Lattobacilli).
Tutti questi fermenti hanno la capacità, più o meno accentuata, di trasformare il lattosio in acido lattico e in altri elementi sia aromatici che non. Sapendo che gran parte dei difetti nei formaggi è da attribuire a degli errori di acidificazione, la scelta dei fermenti è parte fondamentale nella produzione dei prodotti finiti. In linea di massima, ogni tipologia di fermento, se portata al suo ottimo di temperatura di crescita, darà un giusto equilibrio tra velocità di acidificazione e produzione di sostanze aromatiche o gas. Il casaro quindi deve optare per le giuste temperature di lavorazione al fine di far sviluppare il fermento nel modo più congruo per avere una velocità di acidificazione e una produzione di composti aromatici ottimale.
Un altro aspetto da considerare è il metabolismo di questi microrganismi i quali si differenziano molto in base alla quantità di CO2 prodotta:
- Batteri lattici OMOFERMENTANTI (non producono CO2)
- Batteri lattici ETEROFERMENTANTI (producono CO2)
Tenuto conto di quanto premesso, il casaro, in funzione del prodotto che vorrà ottenere, dovrà scegliere accuratamente i fermenti.
In linea di massima, possiamo dire che quasi tutti formaggi italiani sono prevalentemente inoculati con fermenti termofili, mentre i formaggi esteri (francesi, tedeschi etc.) sono prevalentemente inoculati con fermenti mesofili.
Acidificazioni mesofile sono tendenzialmente più lente con uno sviluppo marcato di aromi, acidificazioni termofile danno normalmente meno aromi ma sono più veloci ed il prodotto finale risulta più fresco al palato.
Di seguito si riporta una tabella indicativa:
Fonte: Accademia Italiana del Latte
Va fatta molta attenzione anche alla rotazione dei ceppi di fermenti così da poter evitare il rischio di attacco da parte di virus batteriofagi. Questo aspetto viene troppo spesso tralasciato dagli operatori di settore ed è un inconveniente che viene alla luce quando in un determinato ambiente, con gli stessi macchinari, ogni giorno si effettuano le medesime lavorazioni. Specialmente se si portano avanti degli innesti naturali (lattoinnesto o sieroinnesto) l’operatore dovrà fare molta attenzione.
In caso di attacco da virus batteriofagi, al casaro non rimane nient’altro che una sanificazione completa di tutte le zone di produzione con detergenti e disinfettanti (acido peracetico) per poi iniziare con nuovi ceppi di fermenti. In questo caso ricordiamo che prevenire forse è meglio che curare.
Accademia Italiana del Latte – www.accademiaitalianadellatte.it