Uno dei capitoli più controversi della nutrizione dei ruminanti, ed in particolare di quella della bovina da latte, è quello relativo alle vitamine idrosolubili, ovvero la vitamina C e, soprattutto, le vitamine del gruppo B. Spesso s’inserisce impropriamente in questa classe di nutrienti anche la colina che non è esattamente una vitamina ma di cui sono molto chiare le funzioni metaboliche e i dosaggi d’impiego.

I dubbi sulla necessità di integrare le vitamine nella dieta dei ruminanti nascono per la loro elevata degradabilità ruminale e per la capacità che il microbiota ruminale e quello intestinale hanno di sintetizzarle.

Le vitamine del gruppo B vengono somministrate per via orale nei ruminanti sostanzialmente in due modi e per altrettante ragioni. Il primo (nutrizione di base), molto diffuso, è quello d’inserirle nei mangimi complementari, accanto alle vitamine liposolubili (ADE) ed ai minerali, nelle diete di ogni tipo di ruminante e per ogni fase del ciclo produttivo. Il secondo modo rientra nell’ambito della nutrizione clinica e funzionale. Le vitamine vengono aggiunte alla dieta di base per “aiutare” il fegato in “difficoltà” e per garantire il corretto svolgimento delle diverse funzioni metaboliche in cui queste sono coinvolte. Ad esempio, la cobalamina (Vit. B12), ha un ruolo fondamentale per il funzionamento dell’enzima metionina-sintasi e per la rigenerazione della metionina nel ciclo di metilazione, così come nel ciclo di Krebs è coinvolta nella produzione di succinil-CoA (Girard et al., 2005. Livest. Prod. Sci. 98:123-133; Girard et al., 2005. J. Dairy Sci. 88:671-676).

Ogni volta che si attua questa pratica una fascia sempre più vasta di allevatori, buiatri e nutrizionisti si chiede se le vitamine del gruppo B vengano effettivamente assorbite dall’intestino e correttamente metabolizzate.

Il dubbio nasce dalla sempre maggiore consapevolezza del fatto che un additivo, a meno che non se ne somministrino quantità così elevate da sfruttare l’effetto wash-out ruminale, se non adeguatamente rumino-protetto, generalmente non arriva all’intestino per essere assorbito ed utilizzato dall’organismo.

Nell’edizione 2001 del “Nutrient Requirements of Dairy Cattle” (NRC 2001), viene riportato che la bovina da latte è in grado di sintetizzare adeguate quantità di vitamine idrosolubili e che quest’ultime sono ben presenti negli alimenti. Non sarebbe quindi necessario supplementarle nella dieta come si fa per quelle liposolubili. Laconicamente l’NRC 2001 conclude il paragrafo introduttivo a pagina 169 con il dire che poche sono le ricerche effettuate sull’argomento. In effetti le poche ricerche importanti effettuate prima del 2001 sono quelle di Miller et al. (JAS 1986 62:473-483) e di Zinn et al. (JAS 1987 65:267-277) non condotte su bovine da latte. Le ragioni di questo apparente disinteresse della comunità scientifica sono tante. Sicuramente l’assenza di segni clinici di carenza delle singole vitamine del gruppo B non ha attratto la curiosità degli scienziati e l’interesse di nutrizionisti e veterinari. Sappiamo che la carenza di un qualsiasi nutriente può manifestarsi clinicamente oppure interferendo negativamente su una performance produttiva. In questo senso, diverse ricerche condotte dopo il 2001 hanno confermato i benefici di un’integrazione della dieta con  vitamine del gruppo B.

Ad oggi è necessario considerare che i bovini da latte e quelli da carne che si allevavano sino agli anni ’90 del secolo scorso erano completamente differenti da quelli attuali. Le loro produzioni erano infatti sensibilmente minori ed il loro metabolismo meno “esasperato”. E’ sicuramente vero che in passato i ruminanti domestici non avevano la necessità di un’integrazione di vitamine del gruppo B, ma oggi è nostro dovere chiederci se questa affermazione sia ancora attuale.

Quando si parla di vitamine del gruppo B s’intende:

  • Vitamina B1 – Tiamina
  • Vitamina B2 – Riboflavina
  • Vitamina B3 – Niacina o Nicotinamide o Vitamina PP
  • Vitamina B5 – Acido pantotenico
  • Vitamina B6 – Piridossina, piridossale e piridossamina
  • Vitamina B8 – Biotina
  • Vitamina B9 – Acido folico
  • Vitamina B12 – Cobalamina

Le vitamine del gruppo B rappresentano dei fondamentali co-fattori dei sistemi enzimatici coinvolti nel metabolismo energetico, aminoacidico, degli acidi grassi e degli acidi nucleici (Tab. 1). Una loro carenza può alterare una specifica funzione biochimica in maniera anche molto grave.

Anche se l’NRC 2001 afferma, correttamente, che le vitamine del gruppo B sono abbondantemente presenti negli alimenti è anche vero che determinarne l’effettivo apporto all’animale non è così scontato. La variabilità all’interno della stessa categoria botanica è molto elevata. Le differenti tecniche di raccolta e conservazione degli alimenti e il tipo di trattamento tecnologico a cui sono sottoposti, conferiscono una grande variabilità nel contenuto vitaminico. Il microbiota ruminale ed in parte quello intestinale sono inoltre in grado di sintetizzarle, ma anche qui le variabili in gioco sono molte.

Per comprendere al meglio questo importante aspetto della nutrizione vitaminica è bene chiarire alcune terminologie. Per definire quante vitamine arrivano al piccolo intestino si utilizza il concetto di “flusso duodenale netto” mentre per stimarne la produzione ruminale si usa il termine “sintesi ruminale”. Il flusso duodenale netto delle vitamine del gruppo B è la somma delle vitamine prodotte dai microrganismi ruminali ed intestinali, di quelle contenute naturalmente negli alimenti e di quelle di sintesi eventualmente aggiunte alla dieta al netto della degradazione ruminale e della biodisponibilità intestinale. La quota che arriva all’intestino non viene completamente assorbita, per cui le vitamine avranno differente biodisponibilità.

Il microbiota ruminale, costituito da batteri, funghi e protozoi, è al contempo utilizzatore e produttore di vitamine del gruppo B, ma le variabili in gioco sono talmente tante che è difficile stabilire un flusso duodenale netto di questi nutrienti.

Per quanto riguarda le vitamine del gruppo B è stato dimostrato che maggiore è la quantità di materia organica fermentata, maggiore sarà la produzione ruminale e, di conseguenza, il flusso duodenale.

Sappiamo bene, perché è nelle fondamenta del CNCPS, che il coefficiente di degradazione ruminale (kd) dei nutrienti nel rumine è inversamente proporzionale alla loro velocità di transito (kp), per cui più un alimento permane nel rumine più alta sarà la sua fermentazione, e viceversa. Molti sono i fattori che condizionano sia il kd che il kp, ma il più importante è il rapporto foraggi/concentrati della razione. Più concentrati ci sono nella dieta in rapporto ai foraggi maggiore sarà il kp, in virtù essenzialmente della ridotta granulometria di questa classe di alimenti.

Bovine che consumano diete con pochi foraggi ingeriscono una maggiore quantità di sostanza secca ed avranno un flusso duodenale più alto di vitamina B6, acido folico e vitamina B12. Con questo tipo di diete la produzione ruminale di niacina è molto elevata, come anche quella di acido folico e vitamine B2, mentre è bassa la produzione ruminale di vitamina B12 (Schwab et al. 2006. J. Dairy Sci. 89:174-187). Con diete a moderata concentrazione di amido la sintesi ruminale di niacina è più del doppio rispetto a quella delle diete ad alta concentrazione.

Le buccette di soia sono un alimento che notoriamente apporta una grande quantità di niacina, ma non sempre questo sottoprodotto della lavorazione della soia è presente nelle razioni dei ruminanti.

Un’ulteriore variabile da considerare pensando all’integrazione di vitamine del gruppo B non rumino protette è che, sebbene una parte di esse, come la niacina, può essere assorbita dalle pareti ruminali, una quota molto maggiore viene utilizzata per il metabolismo delle diverse popolazioni microbiche del rumine.

Considerando la genetica attuale, è ormai definitivamente condiviso che la sintesi di vitamine del gruppo B  non sia sufficiente a soddisfarne i fabbisogni.

Pur non essendo inclusi nell’ NRC 2001, i fabbisogni di biotina e di niacina nella bovina da latte sono condivisi ed utilizzati.

Un esempio su tutti è quello della biotina, che sappiamo avere effetti positivi sulla salute del piede anche se è praticamente impossibile diagnosticarne la carenza nei ruminanti. Questa vitamina interviene nel processo di cheratinizzazione degli unghielli, che è zinco-dipendente, incrementando la sintesi degli acidi grassi all’interno delle cellule squamose del cheratogeno. E’ stato anche descritto un incremento nella produzione di latte conseguente all’integrazione con la biotina, così come con la cobalamina, nonché un miglioramento della fertilità delle bovine (Girard and Matte, 2005. Livest. Prod. Sci. 98:123-133; Bergsten et al., 2003. J. Dairy Sci. 86:3953-3962). Tutte le ricerche sin qui effettuate concordano sui benifici apportati dalla somministrazione giornaliera di 20 mg di biotina alle bovine da latte, non specificando se debba essere o meno rumino-protetta, fatto che desta qualche perplessità.

Anche sulla niacina o vitamina PP sono stati eseguiti studi che hanno dimostrato che dosaggi compresi tra i 6 e i 12 grammi giornalieri, specialmente nella fase di transizione delle bovine da latte, sono in grado di ridurre la lipomobilizzazione, e quindi i NEFA, e il rischio chetosi (Pires et al., 2007. J. Dairy Sci. 90:3725–3732).

Un altro esempio interessante è quello della vitamina B12, importante fattore di crescita del microbiota ruminale ma solo se nella dieta è presente un’adeguata concentrazione di cobalto. Una carenza clinica di questa vitamina è di fatto sconosciuta, anche se la progressiva esclusione del cobalto, per motivi legati alla sicurezza del personale che lavora nei mangimifici e in allevamento, sta aumentando questo rischio.

Conclusioni

Quando in campo medico, e nel nostro caso nella nutrizione di base dei ruminanti, manca un paradigma, perché esistono incertezze in quanto la ricerca scientifica in materia è esigua e controversa, è l’approccio empirico basato sull’esperienza professionale a costruire temporanee linee guida. Nel caso delle vitamine del gruppo B suggeriamo il seguente approccio:

  • Il flusso duodenale costituito dalla sommatoria delle vitamine presenti negli alimenti e sintetizzate dal microbiota ruminale ed intestinale, al netto della degradazione ruminale e della biodisponibilità intestinale, è allo stato attuale delle conoscenze imprevedibile e non quantificabile.
  • I fabbisogni ruminali e dell’animale sono in costante crescita perché legati all’evoluzione positiva del loro metabolismo. Questo vale sia per i ruminanti da latte che per quelli da carne.
  • Gli apporti di vitamine B al rumine, ossia quelli necessari ad incrementare la produzione di proteina metabolizzabile ruminale e di acidi grassi volatili, devono essere garantiti dalla somministrazione di vitamine di sintesi non ruminoprotette e/o con i terreni di fermentazione del lievito di birra (lieviti spenti). Esiste una sufficiente quantità di ricerche su quali siano gli apporti ideali di vitamine del gruppo B.
  • Una carenza di Vit. B, anche se non clinicamente manifesta, porta a disfunzioni metaboliche in virtù dell’essenziale funzione co-enzimatica di tali attivi, quindi anche ad uno stato di salute e a performance produttive non ottimali.
  • Per avere la certezza che le vitamine idrosolubili, ed in particolare quelle del gruppo B, possano arrivare all’intestino tenue per essere assorbite nelle quantità desiderate è consigliabile ricorrere a quelle ruminoprotette (vedi microincapsulate).
  • E’ consigliabile associare all’integrazione di base vitaminica un pool di vitamine ruminoprotette nelle fasi del ciclo produttivo dove il metabolismo è particolarmente sollecitato, come le ultime settimane di gravidanza e le prime di lattazione dei ruminanti da latte, il ristallo e il finissaggio dei bovini da carne e quando ci sono in corso malattie infettive o si sospetta un affaticamento del metabolismo.

Rubrica a cura di Vetagro


 

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