I lieviti sono spesso utilizzati nei ruminanti per migliorare la loro salute e quando stanno male. Anche se ai più non è ben noto come agiscano e se debbano essere vivi o spenti, si usano volentieri.

I lieviti sono funghi unicellulari anaerobi facoltativi che hanno bisogno quindi di ossigeno per vivere ma che possono sopravvivere per poco tempo anche in ambienti privi di questo gas. Nel rumine c’è pochissimo ossigeno (0.5%-1%) per cui un lievito scelto perché vivo può sopravvivere e replicarsi per un po’ di tempo.

Nei ruminanti il lievito utilizzato normalmente è il Saccharomyces cerevisiae, sia vivo che spento, o meglio vengono utilizzate le culture disidratate dove è cresciuto e dove il lievito viene inattivato. Pertanto in commercio sono disponibili lieviti vivi, ossia in grado di riprodursi nel rumine, oppure colture di lievito.

Nella comunità europea un additivo, per essere utilizzabile nell’alimentazione animale, deve essere iscritto nel Registro Comunitario degli Additivi (Register of feed Additives) secondo quanto stabilito dal reg.CE 1831/2003. Queste registro viene aggiornato molto spesso. Ad oggi, solo 5 ceppi di lievito sono registrati (categoria 4, gruppo funzionale b) e quindi utilizzabili nella nutrizione dei ruminanti. Essi sono: il ceppo NCYC Sc 47 (Lesaffre), il ceppo CBS 493.94 (Alltech), il ceppo MUCL 39885 (Prosol), il ceppo CNCM I-1077 (Lallemand) e il ceppo NCYC R404 (Micron Biosystem). Per ognuno di questi additivi viene garantita una concentrazione minima di cellule vive espressa in UFC/grammo di additivo e una dose d’impiego minima prescritta.

Alcuni di queste case produttrici hanno richiesto all’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) un parere (Scientific Opinion) sull’efficacia e sulla sicurezza alimentare dei loro lieviti vivi. Ad oggi  è stato espresso un parere su MycoCell (ceppo MYCC R404 della Micron Biosystem), BIOSAF SC47 (ceppo NCYC Sc47 della Lessaffre), Biosprint (ceppo MUCL 39885 della Prosol ) e Levucell SC (ceppo CNCM I-1077 della Lallemand).

Accanto ai lieviti vivi si trovano le colture di lievito. Esse hanno una concentrazione proteica solitamente > 40% e apportano acidi nucleici, enzimi, lipidi, grandi quantità di vitamine del gruppo B come la B1, la B2, la B6, la PP e l’acido pantotenico.

Molto complesso è capire la reale efficacia dei lieviti sul metabolismo dei ruminanti. Ma quali sono i benefici sperati? La bibliografia, o meglio i lavori pubblicati sulle riviste scientifiche indicizzate, anche se molto “corposa” è piuttosto confusa perché negli esperimenti si utilizzano sia lieviti vivi che colture di lievito e i risultati sono spesso contrastanti. Inoltre, in molti casi, le ricerche sono commissionate dalle aziende che producono i lieviti. Sono allo stato attuale disponibili solo due meta-analisi. Quella del 2009, pubblicata sul Journal of Dairy Science (JDS 92:1620-1632) ed eseguita da ricercatori dell’INRA e della Alltech France, è basata sull’analisi di 110 paper e 157 esperimenti. La seconda, del 2012, sempre pubblicata sul Journal of Dairy Science (JDS 95:6027-6041), è stata  eseguita da ricercatori della Colorado State University, dalla SBScibus (Australia) e della Diamond V (produttore di una coltura di  lieviti molto diffusa nel mondo).

Il Saccharomyces cerevisiae e il suo terreno di coltura hanno effetto sul rumine dell’animale adulto aumentando il tasso di crescita della biomassa microbica, soprattutto di quella che utilizza le fibre. Il lievito esercita questa attività favorendo la crescita dei batteri che utilizzano l’acido lattico, come il Selenomonas ruminantium e la Megasphera elsdenii. Questo effetto protegge il rumine dall’acidosi ruminale creando un ambiente ruminale favorevole alla crescita dei batteri cellulosolitici, ossia che degradano le cellulose. Oltre a questa azione “simil bicarbonato di sodio”, le numerose molecole apportate dai lieviti favoriscono il tasso di crescita dei batteri ruminali portando ad una maggiore produzione di proteina metabolizzabile di origine ruminale e quindi ad un maggiore afflusso di amminoacidi all’intestino. In alcuni esperimenti si osserva un aumento della proteina del latte. Un miglioramento dell’efficienza e della quantità di batteri che fermentano la fibra ha un sicuro effetto nella riduzione dell’ammonica del rumine e quindi dell’urea del latte, anche se questo risultato non si evidenzia in tutti gli esperimenti. Il miglioramento della digeribilità della fibra della razione si traduce in un incremento degli acidi grassi prodotti dalle fermentazioni ruminali. In alcune prove è stato riscontrato un aumento di acido propionico, che però deriva dalla fermentazione degli amidi, e in altre dell’acido acetico, che deriva dalle fermentazioni delle fibre. Uno degli effetti presenti nei numerosi esperimenti fatti è un sicuro aumento della produzione del latte dovuto all’aumento d’ingestione come effetto secondario della migliore digeribilità della razione.

Conclusioni

Anche se il meccanismo d’azione dei lieviti vivi e delle colture di lievito (lieviti spenti) è chiaro e plausibile, esiste molta confusione nella bibliografia scientifica e si riscontrano numerosi risultati contrastanti. Questa difformità deriva dall’uso di lieviti di diversa qualità e natura, di diete sperimentali differenti e da molti altri fattori che richiedono ulteriori approfondimenti per meglio comprenderli.

Molto utile al settore dei ruminanti sarebbe avere a disposizione prove comparative fatte nelle medesime condizioni sperimentali, utilizzando i diversi ceppi di lieviti vivi e le principali colture di lievito disponibili. In questo modo si avrebbero maggiori conoscenze e più consapevolezza nel fare la scelta giusta di prodotto e del dosaggio d’impiego. Ad oggi sono poche le informazioni disponibili per poter consigliare un lievito vivo, e di quale ceppo, rispetto ad una cultura di lieviti spenti per avere il migliore rapporto qualità/prezzo/efficacia.