La storia della famiglia Di Nucci va di pari passo con la storia del Caseificio Di Nucci, ed è un percorso di vita fatto di generazioni dedite alla transumanza e alla valorizzazione del latte attraverso l’arte casearia. Una storia che parte da lontano e che arriva sino ad oggi.

Domus Casei viaggia, si muove, incontra persone, e si innamora delle storie che queste persone le raccontano. Si innamora quando l’uomo casaro investe energie ed intelletto per creare una filiera strutturata, salda, sostenibile, orgogliosa. E ancor più si innamora quando la resilienza è attitudine ed amore nella persona, quando l’obiettivo è non abbandonare una terra ricca di tradizione agro-pastorale.

L’Alto Molise da sempre è terra di pascoli, di bovini, di pecore, di pastori, di transumanza. In particolare, Agnone è un comune dell’Alto Molise, in provincia di Isernia, posizionato a 830 m di altezza e circondato da un paesaggio montuoso rivestito da boschi e praterie. Anche se molto interessante, saltiamo la narrazione di fatti storici della zona, perché la parte che ci interessa è quella della tradizione agro-pastorale di quest’area e, soprattutto, quella di una famiglia che ha saputo realizzare nel tempo una filiera del latte locale valorizzata qualitativamente, gettando delle basi solide per il presidio del territorio.

 

Un’immagine dei pascoli dell’Alto Molise.

 

È tra Agnone, Capracotta e Trivento che la famiglia Di Nucci raccoglie il latte dai suoi conferenti. Torniamo indietro al 1662, anno in cui comincia la produzione dei formaggi tipici della transumanza. Per dieci generazioni, l’arte di fare il formaggio passa di padre in figlio, ed è sempre accompagnata dall’attività di allevamento e dalla transumanza, fino a quando il bisnonno di Francesco (terzogenito di Franco Di Nucci, che oggi insieme ai suoi figli porta avanti questo tempio del formaggio) ha interrotto la tradizione della transumanza nei primi anni del ‘900. L’ultimo massaro Di Nucci che, come tante famiglie dell’epoca, visse per un periodo di transumanza, spostandosi verso la Puglia e poi risalendo di nuovo in Alto Molise, per poi fermarsi per la trasformazione. La transumanza venne ripresa dal nonno di Francesco, per 7-8 anni circa, ma il ritorno alla parte casearia fu praticamente immediato. Un primo passo verso la vera “mossa rivoluzionaria”, il modus operandi di oggi. Ed è infatti grazie all’intuizione di Franco Di Nucci che 20 anni fa, grazie al supporto di Antonino Vitullo dell’ARA Molise, viene messo in piedi un meccanismo di rafforzamento della rete di allevatori e fornitori locali, a vantaggio non solo della qualità del latte e dei prodotti del caseificio, ma soprattutto del bene comune. Questo meccanismo spinge i conferenti a valorizzare la qualità tramite un riconoscimento economico sulla base dei valori tipici valutati nel latte, come le cellule somatiche, la conta batterica, il contenuto in proteine e grasso, e così via. Grazie ad analisi condotte su prelievi di latte mensili random nelle aziende (il tutto è organizzato in modo tale che ogni giorno potrebbe essere quello di prelievo nell’azienda), i cui esiti sono poi inseriti all’interno di un algoritmo per la valutazione dei premi, l’allevatore è stimolato a fare bene in virtù del benessere animale.

Il rapporto di fiducia creato con i fornitori è così ben saldo, e non mancano di certo il supporto per la formazione per le buone pratiche di produzione. Infatti, non avendo adottato disciplinari ben definiti e fissi, l’attività di miglioramento e formazione è continua, grazie a riunioni di coinvolgimento degli allevatori. Rendere partecipi i fornitori è di estrema importanza, perché al caseificio Di Nucci serve latte crudo di alta qualità. E quindi l’uso di alimenti zootecnici provenienti dal territorio, granaglie preparate per l’uso zootecnico e fieni prodotti in azienda è un aspetto fondamentale del sistema. Ben venga l’utilizzo del pascolo. L’uso di mangimi è limitato a minime quantità.

La famiglia Di Nucci.

Noi di Domus Casei abbiamo incontrato la famiglia Di Nucci prima al Salone del Gusto a Torino, dove era presente la primogenita Serena, e poi agli Italian Cheese Awards a FICO (Bologna). La chiacchierata più emozionante, in un attimo di tregua sia per noi che per loro, è avvenuta con Francesco, che ci ha raccontato la storia del caseificio e la sua dedizione ad esso fino ad oggi, ma anche con il Sig. Di Nucci, che ha approfondito l’incredibile meccanismo raccontatovi poche righe fa.

“Respiro aria di caseificio sin da quando ero piccolino, dall’età di 8 anni. Ho cominciato lavando i coperchi o le tine, come succede a chiunque entri in laboratorio come operaio. Lo facevo giocando, anche se inizialmente avrei preferito magari stare in strada, come tutti i bambini di quell’età. E poi il passaggio successivo è stato capire come si fa la scamorza” ci racconta Francesco. “Crescendo, con la scuola, i periodi in cui potevo dare una mano si limitavano alle festività e alle pause estive, e, piano piano, la mia passione è cresciuta”. Il lavoro in caseificio è rigorosamente artigianale, si fa tutto a mano. D’altronde, tradizione è tanto obiettivo quanto principio, in casa Di Nucci.

Come nostra abitudine, ci piace chiedere quale è l’apporto culturale che le persone riversano nella gestione del caseificio. “Ho studiato Scienze e Tecnologie Alimentari, prima a Campobasso e poi a Parma. Una volta laureato, dopo due giorni sono tornato a casa e mi sono infilato subito in laboratorio, per affiancare la capo casara nelle lavorazioni tecniche. Mi sono molto appassionato alle fermentazioni durante i miei studi, e credo che il mio contributo maggiore sarà proprio legato a queste. Usiamo il siero innesto, una cosa non semplice da controllare, ed è ciò che di fatto “decide” come andrà la fermentazione. Però il risultato è un prodotto genuino, tradizionale, fatto di vari componenti e fattori che lo caratterizzano, rendendolo complesso. Siccome il nostro lavoro è artigianale, non insisterò per aggiungere macchinari innovativi”.

Bellissima storia questa. È una famiglia molto unita e capace, e ciascuno porta qualcosa di positivo all’attività. Anche le sorelle maggiori di Francesco hanno qualcosa da aggiungere al caseificio. La primogenita Serena è più la parte commerciale e di comunicazione, con il suo titolo in economia aziendale e poi in scienze gastronomiche di Pollenzo, mentre Antonia, laureata in storia dell’arte, si occupa della gestione dei documenti e dello spazio museale dedicato alle civiltà della transumanza; anche lei, come Francesco, è rientrata per la passione che guida entrambi. A dare un grande supporto c’è anche Rosetta, moglie del Sig. D Nucci.

Con Francesco abbiamo parlato anche della partecipazione agli Italian Cheese Awards 2018.

Franco Di Nucci tra i caciocavalli in stagionatura.

“La cosa bella di questa competizione è che si tratta di un concorso a tutti gli effetti, che è iniziato con una scrematura lungo lo stivale, considerando la tappa importante di Formaggi in Villa a Santa Maria della Sala: da 1500 formaggi, poi a 150 ed infine i 31 finalisti del giorno della premiazione, grazie al lavoro di tecnici reclutati come giudici! Non era la nostra prima partecipazione assoluta agli Italian Cheese Awards, peraltro nel 2016 mia sorella vinse il premio “Donne del latte” (uno dei premi speciali del concorso, ndr) e il nostro caciocavallo venne eletto miglior formaggio dell’anno. Nel 2017, la medaglia è andata alla nostra stracciata. Quest’anno non abbiamo vinto, ma la soddisfazione di arrivare in finale è tantissima, perché ti premia dal punto di vista lavorativo, dando visibilità al prodotto”. E Francesco porta un esempio ancora più calzante riguardo a queste considerazioni: “Pensate che nel 2012, per problemi di magazzino, avevamo una partita di caciocavallo da commercializzare, e non riuscivamo a venderla. Le forme sono arrivate a 24 mesi, che è tantissimo poiché i consumatori sono in genere abituati a 6-8 mesi di stagionatura. Allora partecipammo al concorso World Cheese Awards a Birmingham… e fu vittoria! Premio come uno tra i 53 migliori formaggi al mondo. Esplosero le richieste per questo extra stagionato. Quindi è stato un evento positivo perché abbiamo creato un nuovo prodotto, ma il problema è stato che per un certo periodo di tempo non c’era caciocavallo extra disponibile in magazzino per poter coprire le richieste!”.

Il Caseificio Di Nucci ha partecipato agli Italian Cheese Awards 2018 con il Caciocavallo di Agnone, nella categoria “pasta filata stagionata”. Si tratta di un formaggio PAT semiduro, a pasta filata della tradizione dell’Alto Molise, fatto con latte crudo da vacche di razza Bruna-Alpina pezzata rossa raccolto nella montagna altomolisana, lavorato con siero innesto, sale e caglio. Ha la classica forma del “cacio a cavallo di una pertica”, con una testa sapientemente lavorata a mano. Non va dimenticato che Franco Di Nucci ha contribuito alla valorizzazione di questo prodotto. Lo abbiamo assaggiato, ed è stata subito emozione: l’impasto giallo e di struttura regala profumi complessi e arricchiti dalla stagionatura. La parte più evoluta è sicuramente quella dei sapori, che danno delle piacevoli note leggermente piccanti, le quali si prolungano piacevolmente in bocca, svolgendo mano a mano il pacchetto di sapori. Qui, oltre alla materia prima e al modo in cui vengono fatte le cose, c’è anche la spinta aromatica delle fermentazioni realizzate con siero innesto: il tempo consente a ciascun ceppo batterico di attivarsi e metabolizzare ciò che trova nella forma mano a mano che le condizioni ambientali di crescita sono favorevoli. Punti di forza del prodotto: latte di zona, latte crudo, uso del siero innesto, tradizione, laboratorio Di Nucci.

Il Molise esiste ed è vivo più che mai.

Visita il sito del Caseificio Di Nucci.