Il 17 luglio Micaela Capellini firma un articolo de Il Sole 24 Ore dove viene riportato che l’ONU sta seriamente discutendo se portare al D-Day del 27 Settembre a New York la proposta di “scoraggiare” il consumo di zucchero, sale, alcool e grassi applicando tasse supplementari ai cibi che li apportano e scrivendo su tali alimenti avvertenze del tipo “nuoce gravemente alla salute”. Tutto ciò non ci è nuovo perché stanno pensando di utilizzare gli stessi metodi impiegati per ridurre il fumo. In pratica si aggiungerebbero alla “lista nera”, dove erano già stati inserite il latte e le carni rosse, anche il vino e l’olio e praticamente tutti i prodotti a denominazione d’origine di derivazione animale.

In sostanza i formaggi (non solo grana), i salumi, il prosciutto e l’olio di oliva sembrerebbero fare talmente male da poter rendere necessario scrivere in etichetta “nuoce gravemente alla salute”, a prescindere da quanto ne viene consumato, e da prevedere potenzialmente una tassazione sugli stessi. Una fettina di prosciutto e una scaglia di Grana Padano fa male tanto quanto mangiare un’intera coscia o una forma di formaggio. Condire l’insalata con olio extravergine d’oliva è pericoloso tanto quanto berne 10 litro a pasto.

Quello che ci ha “sconcertato” non è l’argomento di per sé, poiché l’abuso di alcol, sale, zucchero e grassi saturi inequivocabilmente è dannoso per la salute, ma il metodo attraverso il quale queste informazioni rapidamente fanno il giro del pianeta e chi ne può trarre vantaggio perché “a pensare male non si sbaglia” o meglio si rimane liberi.

Una parte del giornalismo, ossia quello che spesso si avoca il diritto d’intermediare una notizia come antidoto alle fake news, ha riportato su molti media che questa fosse una “decisione” dell’ONU per cui era necessaria ed urgente una mobilitazione delle masse e delle organizzazioni. Lo stesso Ministro Centinaio sulla pagina Facebook del MIPAAF ha definito questa “riflessione” dell’ONU come “decisione”, comunicando palesemente la mancanza di un controllo delle fonti dell’informazione e un contatto con le organizzazioni di competenza.

Rispetto alla vicenda, un altro aspetto importante da considerare è che le Nazioni Unite non sono un governo mondiale e non legiferano. Esse forniscono i mezzi per aiutare a risolvere i conflitti internazionali e formulano politiche appropriate su questioni di interesse comune, come quella legata alla salute pubblica e ai cosiddetti Noncommunicable diseases (NCDs)— principalmente malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie croniche e diabete. Alle Nazioni Unite tutti gli Stati Membri — grandi e piccoli, ricchi e poveri, con differenti visioni politiche e diversi sistemi sociali — fanno sentire la propria voce e votano per dar forma alle politiche della comunità internazionale. Inoltre, l’Assemblea Generale, che si riunirà a fine settembre a New York, ha il compito di intraprendere studi e fare raccomandazioni allo scopo di “sviluppare la cooperazione internazionale nei campi economico, sociale, culturale, educativo e della sanità pubblica, e promuovere il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzione di razza, di sesso, di lingua, o di religione.” (Statuto delle Nazioni Unite).  

Certo è che il fatto è molto grave e per diverse ragioni. La prima è che, in questi ultimi anni, stiamo assistendo ad una potente e certosina attività lobbistica delle multinazionali del settore alimentare che vogliono far passare il concetto che solo il cibo artificiale è sicuro, influenzando e sostenendo ricerche, la politica e i media. Ricordiamo bene l’ineccepibile, dal punto di vista scientifico, articolo di The Lancet Oncology del 26 Ottobre 2015 dove vengono riportate le conclusioni della IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) sulla cancerogenicità delle carni rosse e di quelle lavorate, come i salumi. Recentemente (29 Marzo 2018) sempre la IARC ha pubblicato il volume 114 dove vengono riportate numerose evidenze scientifiche che dimostrano che il consumo di carne è legato a determinate forme tumorali. In questi lavori, sembra essere sempre poco esplicito (e qui c’è il sospetto di dolo) il riferimento alle quantità consumate.

Ma anche il latte fa male. Molti oncologi ne scoraggiano il consumo, soprattutto ai pazienti a cui vengono diagnosticate malattie tumorali al seno, al colon e alla prostata, ed anche in questo caso il tema è sempre consumare o non consumare, e mai si menzionano le quantità.

Un cittadino che legge frettolosamente le notizie, spesso basando la propria opinione unicamente sulla lettura del titolo, e si affida per il suo aggiornamento a fonti d’informazione non qualificate, facilmente arriva alla conclusione che consumare i prodotti del latte e della carne fa male alla salute e all’ambiente per cui è bene astenersi dal farlo. Ora, appunto, sarebbe bene astenersi anche dal consumare olio e bere vino.

Quello che fa sentire “puzza di bruciato” e che fa ragionevolmente sospettare il “dolo” è che il concetto delle quantità assunta è sempre omesso, mentre delle contaminazioni degli alimenti e delle acque da metalli pesanti, micotossine e prodotti chimici poco si parla, e nelle scelta degli alimenti da inserire nelle diete di persone sane o ammalate il rischio delle contaminazioni non condiziona mai la scelta dei cibi. Personalmente non consumo cibi artificiali per non rischiare di assumere sostanze tossiche nocive alla salute, anche a dosaggi molto bassi. Si vedono in giro molti dati, anche molto rassicuranti, sui residui delle sostanze tossiche nei cibi naturali ma pochissimi sui cibi artificiali. Sappiamo molto bene di quali livelli siano i controlli sul latte della sicuramente cancerogena aflatossina M1 ma poco o nulla di quanta aflatossina B1 sia presente nei cereali lavorati e confezionati che si mangiamo a colazione o sulle arachidi e le noci tanto raccomandate dai dietologi o nelle barrette che sostituiscono pasti.

Quello che ci ha insegnato questa ultima vicenda è che, se si hanno veramente a cuore gli interessi della gente, il giornalismo e la politica dovrebbero fare molta attenzione nel diffondere notizie senza averne attentamente controllato la fonte. La lunga storia dell’umanità ci insegna che si ottiene molto da un popolo impaurito e sembra che questa lezione l’abbiano bene imparata anche le multinazionali del cibo.

 

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