Le fiere servono, e per questo sono indispensabili, a far incontrare gli operatori, ossia chi vende e chi compra, ma anche a tramettere impressioni e sensazioni, e questo si sa ha un peso non marginale sull’economia e sulla finanza.

L’agroalimentare è uno degli asset strategici del nostro paese, e rappresenta lo strumento attraverso il quale l’Italia costruisce passo dopo passo la sua reputazione nel mondo. In termini numerici parliamo di un settore da 155 miliardi di euro di fatturato (2021), che rappresenta il 4.3% del PIL nazionale, suddiviso grosso modo al 50% tra produzione primaria (agricoltura, zootecnia, silvicultura e pesca) e industria di trasformazione. Le aziende agricole e zootecniche che forniscono la materia prima italiana sono secondo ISTAT 1.630.420, ma questo settore per molte commodity agricole è ancora ben lontano dall’autosufficienza. Di grande importanza sono gli oltre 50 miliardi di euro di export, che nel solo 2021 è cresciuto di ben l’11%.

L’edizione 2022 di CIBUS ha saputo ben rappresentare la potenza, la vivacità e la creatività dell’agroalimentare italiano, e qualsiasi visitatore non può che ricavarne sensazioni positive. Oltre 3 000 espositori stanno partecipando alla fiera con stand di ottima fattura e ognuno rigorosamente diverso dall’altro, come del resto tutte le proposte commerciali e il modo di promuoverle, a testimonianza della incredibile diversità del cibo e delle bevande che si possono ottenere da ciò che il mare e la terra possono offrire.

Con profondo spirito costruttivo però una critica a CIBUS mi sento di farla, soprattutto alla luce di alcune riflessioni che la pandemia, la speculazione finanziaria sulle commodity e la guerra in Ucraina ci hanno obbligato a fare.

E’ evidente che per mettere in sicurezza il nostro paese le filiere dell’agroalimentare devono essere sempre più corte, e che è lungimirante aumentare fino alla saturazione l’auto-approvvigionamento di materie prime alimentari.

A CIBUS 2022 secondo noi la grande assente è la produzione primaria. La tipicità di gran parte dell’agroalimentare, e l’indispensabile narrazione che accompagna i suoi prodotti soprattutto all’estero ma anche nel mercato domestico, non può prescindere dalla provenienza italiana delle materie prime. L’equivoco che accompagna alcune (ma sempre troppe) eccellenze italiane fatte con materie prime straniere alla lunga non può pagare.

Ci auguriamo di trovare a CIBUS 2023, o in concomitanti fiere specializzate, anche la produzione primaria, in modo che questa possa raccontare, ad esempio, il grano, il latte e la carne italiana con tutta quella forza e potenza con la quale CIBUS ospita la rappresentazione dell’Italian Style che si beve e si mangia.

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