Nel corso della 37esima settimana del 2021 (13-17 Settembre), il Parlamento europeo sarà chiamato ad esprimersi su una proposta di risoluzione (la mozione proposta dell’europarlamentare Martin Häusling lo scorso luglio ed approvata in via preliminare dalla Commissione ENVI del Parlamento europeo) sul Regolamento delegato della Commissione del 26 maggio 2021 che integra il Regolamento UE 2019/6 e stabilisce i criteri per la designazione degli antimicrobici da riservare all’uomo (HRAM).

In pratica la mozione chiede una restrizione significativa dell’accesso agli antibiotici, attuali e futuri, come medicinali veterinari per gli animali da reddito e da compagnia.

Il regolamento delegato della Commissione – si legge nel documento – fissa una soglia per la designazione degli HRAM indebitamente alta, lascia indefinite questioni importanti e pone indebitamente le preoccupazioni legate alla salute degli animali al di sopra di quelle per la salute umana, deviando pertanto in modo significativo dai criteri stabiliti dall’OMS.La mozione ritiene pertanto che il regolamento delegato della Commissione non protegga sufficientemente la salute umana e la invita a presentare un nuovo atto delegato in linea con i criteri e le raccomandazioni dell’OMS per riservare la massima priorità agli antimicrobici di importanza critica esclusivamente per uso umano. Il documento invita la Commissione ad accompagnare il nuovo atto delegato con una proposta legislativa volta a modificare il regolamento (UE) 2019/6 per stabilire le condizioni per il trattamento di singoli animali con HRAM in deroga all’articolo 37, paragrafo 3, di tale regolamento; inoltre, ritiene che tale deroga dovrebbe applicarsi solo al trattamento di singoli animali con una malattia grave e pericolosa per la vita diagnosticata clinicamente che, se trattata in modo inappropriato, porterebbe a morbilità o mortalità significativa e per la quale non sono disponibili trattamenti alternativi, strategie alternative di gestione dell’allevamento o migliori tecniche di allevamento per prevenire, curare o controllare la malattia, e che dovrebbe applicarsi solo a condizione che sia richiesto un test di sensibilità agli antibiotici prima del trattamento.

Se il Parlamento adottasse la mozione che si oppone all’atto delegato della Commissione UE assisteremo quindi ad una rivoluzione nell’antibiotico terapia veterinaria. Gli antibiotici in questione sono la colistina, i macrolidi, i fluorochinoloni e le cefalosporine di 3a e 4 a generazione. Contro il rischio di un’approvazione stanno proliferando petizioni e lettere da inviare ai parlamentari europei da parte di molte, per non dire tutte organizzazioni che si occupano di salute animale. A sostegno dell’atto delegato della Commissione europea e respingere la mozione ci sono fondati motivi sintetizzabili nel fatto che questo provvedimento andrebbe a snaturare il Regolamento EU 2019/6, ritenuto da tutti uno strumento efficace di contrasto al fenomeno dell’antibiotico-resistenza e al contempo di tutela della salute animale. Restrizioni eccessive nell’uso degli antibiotici possono indirettamente nuocere anche alla salute umana perché molte malattie infettive degli animali sono zoonosi, e sono quindi trasmissibili all’uomo.

Il problema dell’antibiotico-resistenza esiste ed è fonte di molte preoccupazioni, come lo è la riduzione della ricerca pubblica e privata per lo studio di soluzioni farmacologiche di contrasto alle malattie infettive di origine batterica. La sensibilità alla razionalizzazione dell’uso degli antibiotici in veterinaria si è concretizzata in Europa, e quindi anche in Italia, con una riduzione effettiva dell’utilizzo di quelle molecole ritenute fondamentali per la salute umana. Secondo quanto riportato dal rapporto ESVAC (European Surveillance of Veterinary Antimicrobial Consumption), pubblicato nell’Ottobre del 2020, dal 2011 al 2018 le vendite delle celafalosporine di 3a e 4a generazione si sono ridotte del 24%, quelle delle polimixine del 70%, quelle dei fluorochinoloni del 4% e degli altri chinoloni del 74%.

Ancora più recente il report pubblicato congiuntamente dall’EFSA, dall’EMA e dall’ECDC che conferma il calo significativo dell’uso degli antibiotici, che risulta ora più basso negli animali da produzione alimentare che nell’uomo (leggi anche “Cala l’uso di antibiotici negli animali“).

Quello che a nostro avviso manca anche questa volta è un approccio metodologico al problema. Si abituati a vedere per lo più scontri ideologici quando si parla di impatto ambientale delle produzioni animali, di “benessere” e di residui di contaminanti negli alimenti origine animale. Questo approccio è anche “figlio” di una veterinaria indifferenziata, ossia che raccoglie in un unico contenitore animali da compagnia e animali da reddito, gruppo quest’ultimo estremamente eterogeno anche nel consumo degli antimicrobici. Ricordiamo spesso i dati riportati nel rapporto ESVAC 2020 dove si dimostra, ad esempio, che nei ruminanti il consumo degli antibiotici è veramente ridotto, come si desume facilmente dal sottostante grafico. É noto che nei ruminanti svezzati, e quindi nella maggioranza dei questi animali, gli antibiotici possono essere somministrati o per via iniettabile oppure tramite preparazioni topiche per un impiego intrauterino e intramammario. L’utilizzo di antibiotici per bocca, ossia tramite premix, polveri e soluzioni orali, oltre a non essere in genere consentito è di fatto impossibile in animali che posseggono un rumine funzionante. Come si può vedere dal grafico, queste tre classi di preparazioni antibiotiche rappresentano l’87,7% delle modalità con cui sono veicolati gli antibiotici utilizzati nei food animals riferite a 31 paesi europei nel 2018. Osservando questo dato è evidente che il consumo di antibiotici da parte dei ruminanti è veramente, ridotto mentre nei monogastrici il problema esiste ed è grande. Le preparazioni uterine e quelle intramammarie sono infatti inferiori all’1%.

Il rischio di un divieto indifferenziato per specie animale all’utilizzo degli antibiotici strategici per la salute umana può creare problemi che indirettamente possono ripercuotersi proprio sulla salute umana. Nei ruminanti da latte le patologie dove si utilizzano prevalentemente gli antibiotici iniettabili o le preparazioni uterine e mammarie sono la mastite e le infezioni uterine. É bene ricordare che in questa categoria di animali la mastite e i problemi riproduttivi sono le principali cause di eliminazione e d’intervento terapeutico insieme alle zoppie. Eliminare senza se e senza ma le classi di antibiotici prima elencate ha il rischio oggettivo di una recrudescenza delle mastiti e delle infezioni uterine.

Nei ruminanti poi, per ragioni legate alle dimensioni degli animali ed alla dottrina d’allevamento, è raro il ricorso alla metafilassi antibiotica con preparazioni iniettabili, mentre almeno in passato era diffusa quella tramite preparazioni orali nelle vitellaie e per certi versi al ristallo dei bovini da carne. La pratica della metafilassi antibiotica o delle terapie di massa per via orale persiste, visti i dati, negli allevamenti dei monogastrici, e lì è giusto intervenire, magari con misure più drastiche di profilassi ambientale e gestionale.

Presto nella Costituzione italiana (art. 9), e in quella di molti altri paesi europei, verrà inserita l’affermazione che gli animali in quanto essere senzienti hanno dei diritti da tutelare. Uno dei diritti fondamentali è quello alla salute, ma il divieto di utilizzo indiscriminato di certe classi di antibiotici lo può far venire meno. Ci possono essere patologie di singoli animali che possono necessitare degli antibiotici oggetto del divieto e il fatto che questi siano prescritti da veterinari specializzati ed aggiornati deve essere considerata un’insindacabile garanzia. Al contempo, i comportamenti illeciti e superficiali devono essere drasticamente sanzionati e va fatta un netta distinzione tra animali da compagnia, animali da reddito ruminanti e monogastrici.

A livello di Parlamento europeo la proposta di risoluzione non è emendabile, e quindi i parlamentari la possono solo accogliere o respingere.

L’uso razionale degli antibiotici è innanzitutto un dovere etico che va rispettato e che va affrontato in modo olistico con molta serenità e determinazione, evitando però pericolose generalizzazioni.