Gli alimenti non sono alimentazione

Gli italiani abbandonando la tradizionale, collaudata e antica Dieta Mediterranea individuata in Italia da Ancel Key (1904 – 2004) non mangiano bene e hanno una cattiva alimentazione, che non ha niente a che fare con i loro cibi che, anzi sono sempre più controllati, sicuri, genuini, buoni e spesso eccellenti come dimostrano tra l’altro i circa 175 prodotti DOP e gli oltre 120 prodotti IGP. Non è che anche nel passato non vi fossero cattivi sistemi alimentari, basta pensare alla “nobile malattia” (gotta o podagra) dei ricchi, per non parlare della fame endemica nelle classi sociali più povere, ma oggi gli italiani, che hanno disponibilità economiche e soprattutto possibilità di conoscenze solo sessanta anni fa inimmaginabili, mangiano male anche se in modo diverso e con conseguenze altrettanto gravi, ma diverse, di quelle di un passato dai più dimenticato se a loro ignoto.

Cattiva alimentazione da sani e buoni cibi

L’idea che anche con sani e buoni cibi vi sia una cattiva alimentazione non è facile se non da comprendere almeno da accettare, ma trova conferma in alcuni indicatori della attuale situazione italiana, i più importanti dei quali sono i seguenti.

Obesità e sovrappeso

In Italia, secondo gli ultimi aggiornamenti nel 2023, si stima che obesità e sovrappeso interessano il 47,6% degli adulti (36,1% in sovrappeso e 11,5% obesi) e il 26,3% dei bambini e ragazzi tra i 3 e i 17 anni (2, 2 milioni). Sovrappeso e obesità rappresentano una crescente preoccupazione per la salute pubblica in Italia in relazione alle patologie correlate che, in rapporto con i fattori genetici, sono età, stile di vita. Patologie connesse a obesità e sovrappeso sono malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, dislipidemia oltre a disturbi respiratori, articolari, gastrointestinali oltre a un aumentato rischio di sviluppare la sindrome metabolica e problemi psicologici.

Malattie cardiovascolari

Le malattie cardiovascolari, diversamente dal passato e come testimoniano le osservazioni di Ancel Keys (1904 – 2004), che nel 1945 individua quella che è chiamata Dieta Mediterranea, sono ora una delle principali cause di morte in Italia, con circa il 35-40% dei decessi e circa duecentocinquanta mila decessi per infarto, ictus e altre patologie del cuore e dei vasi sanguigni.

Tumori 

In Italia ogni anno circa centomila persone muoiono per tumori e tra questi circa ventimila di cancro colon-retto, del quale si registrano ogni anno circa cinquantamila nuovi casi. Un tumore che si correla a un dismicrobismo del grosso intestino per una dieta scarsa di fibra alimentare.

Malattie neurodegenerative

Malattie come il morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson e SLA (sclerosi laterale amiotrofica) sono una preoccupazione crescente. In Italia, si stima che vi siano oltre un milione di persone affette da demenza, il morbo di Alzheimer rappresenta la forma più comune e il morbo di Parkinson colpisce circa duecentomila persone. Alzheimer (con un raddoppio di casi previsto entro il 2050), Parkinson, SLA sono condizioni complesse che colpiscono il sistema nervoso centrale e sono influenzate da vari fattori (genetica, ambiente, stile di vita) e tra queste oggi s’inizia ritenere che vi sia un ruolo importante della dieta nel modulare il rischio e la progressione di queste malattie.

Tutte queste e altre patologie non sono dovute a singoli alimenti di per sé cattivi o pericolosi, ma a una dieta incongrua che, oltretutto, per manifestarsi ha bisogno di tempi lunghi, di diversi se non molti decenni. Per questo gli effetti dell’attuale “nuova cattiva alimentazione” degli italiani partono nella seconda metà del secolo scorso, iniziando con il Boom Economico che cambia anche l’alimentazione italiana, coincidendo con un abbandono sempre crescente della tradizionale, collaudata e antica Dieta Mediterranea trovata in Italia da Ancel Keys.

Boom economico e inizio di una nuova dieta degli italiani

Il “boom economico”, chiamato anche “miracolo economico italiano” è un periodo di rapida crescita economica che nel secolo scorso caratterizza l’Italia dagli anni cinquanta fino ai primi anni settanta con cambiamenti che si manterranno consolidandosi e ampliandosi fino ad oggi. Un fenomeno in gran parte risultato di una serie di fattori economici, sociali e politici che hanno trasformato l’Italia in una delle principali economie occidentali e che, dopo le distruzioni della guerra, è caratterizzato da:

  1. una ricostruzione e modernizzazione che porta a una massiccia urbanizzazione con masse di persone si trasferirono dalle campagne alle città;
  2. espansione industriale con la produzione anche di attrezzature riguardanti l’alimentazione (frigoriferi e poi congelatori e forni a microonde) e primi strumenti di comunicazione di massa che diffonderanno nuovi sili di vita (radio ma soprattutto vi sarà, dopo, la televisione);
  3. con l’aumento dei salari e la stabilizzazione economica crescono i consumi delle famiglie e in una società del benessere si diffondono beni durevoli come automobili e elettrodomestici;
  4. cambiamento del tessuto sociale con l’emergere di una classe media e mutamenti nei valori e nelle aspettative delle persone e degli stili di vita che portano a una trasformazione nei consumi alimentari e stili alimentari.

Il boom economico italiano ha un impatto duraturo sulla struttura economica, sociale e sulla alimentazione del paese. In questo periodo la dieta degli italiani tende a subire diverse variazioni, influenzate da fattori economici, sociali e culturali. Gli italiani con il miglioramento delle condizioni economiche acquistano alimenti di qualità superiore ma soprattutto aumentano i consumi di carne che da non più di quindici chilogrammi annui per persona, in linea con una Dieta Mediterranea tradizionale, a fine secolo si assestano su gli ottanta, novanta chilogrammi. Contemporaneamente aumenta la diversificazione alimentare, gli italiani iniziano ad esplorare cucine diverse aumentando la varietà e diversità nei loro pasti e alcuni alimenti etnici e specialità internazionali iniziano a diventare sempre più popolari. Ma soprattutto con il tempo e le risorse a disposizione inizia il consumo di alimenti pronti e convenienti, come piatti precotti o da asporto, che si adattano a uno stile di vita più frenetico. Vi è anche un inizio e poi un aumento del consumo di nuove bevande d’origine industriale (bevande alla cola, bevande zuccherine) e birra mentre incomincia a calare il consumo di vino tipica bevanda – alimento della Dieta Mediterranea. Se negli anni cinquanta in Italia, paese principalmente agricolo, il vino è una bevanda di consumo quotidiano per molte famiglie con un consumo molto elevato, con una prevalenza di vini locali e un forte legame con le tradizioni regionali, progressivamente i consumi calano e iniziano a diversificarsi, con un crescente interesse per i vini di alta qualità e regionali, passando da una bevanda di uso quotidiano a un prodotto che seguendo i cambiamenti nei gusti dei consumatori e frutto delle innovazioni nel metodo di produzione e delle strategie di marketing nel settore vinicolo.
Nel periodo in considerazione inizia una esplosione dell’industria alimentare con le sue innovazioni e nascono nuove tendenze, come quelle vegetarianismo e veganismo. Cambiamenti quelli ora indicati che nella dieta degli italiani variano a seconda delle regioni d’Italia e delle diverse culture culinarie presenti nel paese.

Globalizzazione e industrializzazione stravolgono la dieta tradizionale degli italiani

Con il nuovo secolo, nel Duemila e sulla scia dei cambiamenti iniziati con il boom economico, la globalizzazione e l’industrializzazione degli alimenti hanno effetti travolgenti sugli alimenti, sulla cucina e sugli stili alimentari degli italiani con i seguenti principali effetti.

Globalizzazione 

  1. Con l’apertura dei mercati internazionali vi è una diversificazione degli alimenti e gli italiani hanno accesso a una varietà di alimenti e ingredienti provenienti da tutto il mondo prima poco conosciuti o difficilmente reperibili.
  2. La globalizzazione con il turismo degli italiani contribuisce a una fusione di stili culinari diversi e nei ristoranti e chef italiani iniziano a sperimentare piatti che combinano tradizioni gastronomiche italiane con influenze asiatiche, sudamericane e mediorientali modificando l’orizzonte alimentare degli italiani.
  3. In una Italia sempre più internazionalizzata anche negli stili di vita a una alimentazione basata sui tradizionali pasti in casa di una colazione mattutina, pranzo a centro giornata e cena serale progressivamente si sostituiscono la prima colazione al bar e poi una ristorazione veloce fuori casa. Il fast food nelle sue quasi infinite variazioni di catene di ristorazione veloce cambia le abitudini alimentari, soprattutto tra le generazioni più giovani, influenzando il modo in cui gli italiani consumano cibo, spesso privilegiando pasti rapidi rispetto alla tradizionale consuetudine di pranzare o cenare in famiglia.
  4. La globalizzazione rende più accessibili stili di vita e diete diverse, come il vegetarianesimo, il veganismo e il raw food e ad altre diete alternative che sostituiscono una Dieta Mediterranea considerata vecchia e sorpassata.
  5. Paradossalmente la globalizzazione porta anche a una riscoperta e valorizzazione dei prodotti tipici e locali, ma reinterpretati e adeguati alle nuove esigenze (per esempio oltre la metà dei prosciutti DOP sono venduti preaffettati confezionati in atmosfere modificate).
  6. I social media cambiano il modo in cui le persone condividono e scoprono nuovi piatti e ricette, molti piatti tradizionali italiani scompaiono dalle case (per esempio i lessi) e altri sono reinterpretati e nuove tendenze alimentari si diffondono rapidamente influenzando i consumi.

Industrializzazione alimentare 

L’industria alimentare italiana nasce come artigianato nella seconda metà dell’Ottocento con la conservazione degli alimenti (alimenti in scatola, salumi ecc.) e alcune preparazioni alimentari (per esempio paste secche). Questa industria si sviluppa nella seconda metà del Novecento e ha un impatto sempre più significativo sulla dieta degli italiani nel Duemila. In questo secolo nel quale stiamo vivendo, con la preparazione industriale di cibi pronti e di Convenience Food, la cucina familiare cala ed è sostituita dalla cucina industriale, mentre in casa ci si limita spesso solo, se non solo, a scaldare cibi già pronti a microonde. Una congiuntura questa che sconvolge l’autenticità delle tradizioni culinarie italiane Tipico è il caso delle pizze surgelate che a partire dal 2021 hanno una crescita significativa, spinta da una crescente domanda da parte dei consumatori per il cibo pronto e da un aumento dell’interesse per la comodità, con un mercato mondiale che nel 2020 è stimato in circa venticinque miliardi di dollari e in continua crescita. Dal 2000 al 2024 l’industrializzazione alimentare in Italia modifica profondamente le abitudini alimentari del Paese con un successo che contribuisce al tramonto della Dieta Mediterranea e che avviene con le seguenti, principali caratteristiche.

  1. Aumento della disponibilità di cibi industrializzati con una vasta gamma di prodotti trasformati, tra cui piatti pronti, snack, e alimenti confezionati che rendono più facile e veloce il consumo di cibo, rispondendo a uno stile di vita frenetico.
  2. Cambiamenti nelle abitudini alimentari degli italiani che, tradizionalmente legati alla cucina casalinga, ora sempre inseriscono più cibi pronti e fast food nei loro pasti, portando a un aumento del consumo di alimenti ricchi di zuccheri, grassi saturi e sale, elementi che a lungo termine influiscono sulla salute.
  3. Con l’avvento delle tecnologie digitali, le App di Food Delivery cambiano il modo in cui un numero sempre più vasto di italiani accede ad alimenti industrializzati, influenzando le preferenze alimentari e portando a un fenomeno di globalizzazione del gusto.

Industria alimentare: buono da vendere buono da mangiare

La comprensione del cibo nel nostro contesto evolutivo, ecologico e sociale deve essere inquadrata in un’antropologia nutrizionale nella quale stanno assumendo sempre più rilievo gli alimenti voluttuari, prodotti che appagano i sensi senza apportare benefici nutrizionali o, addirittura, risultando dannosi, soprattutto in quanto realizzati, distribuiti e venduti da un’industria che non segue il classico e tradizionale pensiero di “buono da pensare, buono da mangiare” ma quello del “buono da vendere, buono da mangiare” con lo sviluppo di alimenti voluttuari e alimenti ultratrasformati.

Alimenti voluttuari

Lo sviluppo di un’industria di generi alimentari voluttuari è recente e comprende la distribuzione su vasta scala e una forte presenza nei mezzi di comunicazione, con un’evoluzione che è andata di pari passo con il progresso tecnico, il miglioramento dei trasporti, il cambiamento delle abitudini di vita e la trasformazione dell’organizzazione del lavoro. Un tempo gli alimenti voluttuari, come le spezie, riguardavano una ristretta parte della società, mentre oggi si tratta di prodotti di massa e sono ordinati in tre tipologie: i dolci, i cibi salati (i cosiddetti snack) e gli alcolici o le bibite in generale. Gran parte degli alimenti voluttuari sono frutto di innovazioni e, per moltiplicare il loro uso al di fuori dei contesti tradizionali, sono proposti in forme di consumo molto varie, costantemente reinventate con l’impiego di stratagemmi per renderle più attraenti, come il richiamo a tradizioni passate inesistenti o, per i bambini, l’aggiunta di piccoli regali. Gli alimenti voluttuari sono complementari e la loro utilità può essere discutibile, ma è un settore di imponenti interessi economici per un’industria alimentare impegnata a capire quali siano gli spazi liberi per creare nuovi bisogni da soddisfare. Si tratta in ogni caso di prodotti piacevoli da ingerire, che sono però da assumere con moderazione o quando c’è una particolare necessità di energia, come nei casi in cui si fa tanta attività fisica o fa molto freddo.

Alimenti ultratrasformati

L’industria alimentare ora invade la società con migliaia di prodotti ultratrasformati, con alta palatabilità e densità calorica. Questi hanno anche una miscela di grassi, zuccheri semplici e sale studiati per fornire il massimo di beatitudine gustativa e, soprattutto, per essere consumati in situazioni e condizioni non tradizionali, con l’obiettivo di vendere sempre di più, contribuendo all’insorgenza della già citata epidemia di obesità. Attualmente negli USA le bevande zuccherate provocano un introito calorico pro capite dalle 150 alle 235 calorie al giorno, mentre in Italia il mercato delle merendine si avvicina a circa un miliardo e mezzo di euro, con un fatturato e una crescita superiore nel Sud Italia, dove si riscontra anche una maggiore incidenza dell’obesità infantile e giovanile. Accanto a uno stile di vita sedentario, una dieta ricca di alimenti e bevande ad alto contenuto di calorie aumenta la probabilità di prendere peso. In tale contesto gli alimenti voluttuari, ultratrasformati e pronti per essere mangiati in aggiunta ai pasti principali e, soprattutto, fuori da essi, risultano particolarmente nocivi in quanto questi prodotti incidono sull’odierna epidemia di obesità e sulle spese alimentari.

Dieta Mediterranea e suo abbandono

Dieta Mediterranea è un termine usato per descrivere il modello alimentare di chi nel periodo pre-globalizzazione viveva nei Paesi lungo la costa del Mar Mediterraneo, tra cui Grecia, Italia, Francia meridionale, Creta, Spagna e parti del Medio Oriente. Prima che il commercio su larga scala diventasse disponibile, a metà del secolo scorso le persone mangiavano ciò che era a loro disposizione in base al territorio e alla variabilità stagionale. Ognuno dei popoli che vivevano attorno al Mediterraneo aveva la sua Dieta Mediterranea, ma tutte avevano in comune una base vegetale con l’apporto di prodotti di origine animale composta da pesce e pollame e con una quantità limitata di latticini. La versione moderna della Dieta Mediterranea utilizza una piccola percentuale di carne rossa e di alimenti trasformati, anche se l’impianto principale rimane quello di una base vegetale con grassi sani. Forti evidenze dimostrano che modelli dietetici come quelli della Dieta Mediterranea, caratterizzati da verdure, frutta, legumi, noci, cereali integrali, oli vegetali insaturi e pesce, carne magra o pollame, negli adulti e negli anziani sono associati a un ridotto rischio di mortalità per tutte le cause. Questi modelli hanno anche basse presenze di carne rossa e lavorata, latticini con alto contenuto di grassi, carboidrati raffinati e dolci e possono includere con moderazione bevande alcoliche come il vino. Come già accennato già negli anni 1985-1986 e 2005-2006 in Italia si rilevano segni che indicano come gli italiani stanno abbandonando la loro tradizionale Dieta Mediterranea con un cambiamento più evidente, se non quasi totale, nei giovani che negli anziani. Recenti studi nella letteratura scientifica stanno dimostrando che nelle popolazioni dei Paesi mediterranei, compresa l’Italia, soprattutto in questi ultimi dieci anni vi è un progressivo allontanamento dal modello alimentare tradizionale della Dieta Mediterranea da parte degli adulti, ma soprattutto dei giovani. Questo avviene specialmente tra gli adolescenti che saranno gli adulti del domani, tra i quali le abitudini alimentari sono considerevolmente cambiate a causa della globalizzazione e dell’occidentalizzazione. Studi sulla popolazione giovanile italiana indicano che solo il 5% dei bambini delle scuole primarie e il 16% degli studenti delle scuole superiori seguono un’alimentazione confacente alla Dieta Mediterranea. Un allontanamento dal modello alimentare della Dieta Mediterranea, sia pure in modi e gradi diversi, si assiste in tutti i Paesi mediterranei, in questo modo contribuendo al sovrappeso e all’obesità di una sempre maggiore percentuale di persone, soprattutto giovani. In particolare in Italia, dove nel passato l’obesità era molto rara, ora la percentuale di sovrappeso e obesità è del 29,7% nei bambini, del 22,6% negli adolescenti e del 42,90% negli adulti.

Tramonto della Dieta Mediterranea fenomeno complesso

Quali sono le cause dell’abbandono della Dieta Mediterranea? Indubbiamente è un fenomeno molto complesso, le ragioni sono diverse ma indubbiamente i fattori socioeconomici e i cambiamenti degli stili di vita svolgono un ruolo importante nel passaggio dalla Dieta Mediterranea a diete di stili occidentali. Sicuramente la Dieta Mediterranea rientra in uno stile di vita della famiglia che è in rapido cambiamento e nella quale sempre più vi è un’alimentazione dove prevale l’uso di alimenti parzialmente o totalmente lavorati o cibi pronti preparati da una sempre più presente industria alimentare che offre prodotti di diversa e spesso lontana origine, con una forte destagionalizzazione diversamente da quanto avveniva nella Dieta Mediterranea tradizionale. Lo stile di vita e l’alimentazione familiare sono oggi sostituiti con una vita e un’alimentazione fuori casa, dalla colazione al bar ai pasti ai fast-food, tavola calde, pizzerie e apericena, frequentati soprattutto dai più giovani, meno dagli adulti e anziani. La Dieta Mediterranea era legata a ritmi di vita diversi da quelli odierni e mentre diete di altri popoli erano un tempo viste più o meno negativamente, oggi rappresentano stimolanti occasioni per esperienze considerate giovanilistiche. Inoltre se un tempo la Dieta Mediterranea si fondava su cibi di limitato se non (apparente) poco costo, come quelli dell’orto, del piccolo frutteto o degli animali della bassa corte, oggi molti dei cibi simbolo della Dieta Mediterranea italiana, uno tra tutti l’olio extravergine di oliva, ma soprattutto la frutta, subiscono la concorrenza di disponibilità e di prezzo di altri alimenti disponibili con la globalizzazione. Di indubbia, non ultima importanza è l’avvento di una produzione industriale e di una grande distribuzione organizzata (GDO) di alimenti in parte o totalmente trasformati in cibi pronti all’uso da parte di un sistema che, operando su vasta scala, supera le limitazioni che vi erano in una produzione solo locale delle Diete Mediterranee tradizionali. La Dieta Mediterranea in ogni Paese aveva una sua identità nelle cucine libanese, greca, tunisina, spagnola, francese dell’area mediterranea e italiana e ora ne stiamo vedendo, se non la perdita, la progressiva riduzione e i profondi cambiamenti che ne fanno presagire un tramonto. Fenomeni non nuovi, come quando la Dieta Mediterranea è cambiata durante le antiche lente e limitate aperture commerciali e culturali accogliendo la melanzana, la patata e il pomodoro. Oggi indubbiamente i cambiamenti in una rapidissima mondializzazione sono massicci e rischiano di essere demolitori di una cultura alimentare che sta andando verso nuove identità. Idea questa per molti sconvolgente, che non è possibile rifiutare e per questo i cambiamenti in atto nella nostra Dieta Mediterranea italiana devono essere oggetto di una continua, dettagliata indagine e critica.

Dieta Mediterranea italiana al tramonto?

L’abbandono della Dieta Mediterranea e la sua non applicazione interessa non solo l’Italia ma tutti in paesi dell’area mediterranea, mentre i paesi del Nord Europa e alcuni altri Paesi del mondo stanno attualmente scoprendola e cercano di applicarla. L’abbandono della Dieta Mediterranea da parte degli italiani e di altre popolazioni mediterranee è legato al loro stile di vita e a condizioni di tipo economico. Queste popolazioni, anche aumentando il loro reddito, preferiscono usarlo per scopi diversi dall’alimentazione, in questo modo diminuendo fino ad abbandonare gli alimenti tipici della Dieta Mediterranea, che aumentano di prezzo. L’aumento dei prezzi dei principali alimenti della dieta mediterranea, soprattutto frutta e verdure, si associa anche a un significativo risparmio di tempo e a una facilità di trasformazione e consumo degli alimenti più o meno industrializzati delle diete occidentali. Altre cause dell’abbandono della Dieta Mediterranea sono le disuguaglianze socioeconomiche delle attuali società industriali di fronte alla varietà alimentare, accesso agli alimenti biologici, luoghi di acquisto e di consumo dei pasti con incrementi durante le crisi economiche. In particolare, durante i periodi di crisi le società mediterranee orientano le loro scelte verso gli alimenti della dieta occidentale, ricca di alimenti di rapido e facile consumo, come cereali raffinati, grassi animali, zuccheri e carni lavorate, mentre diminuisce l’uso di legumi, cereali, frutta e verdura. Nell’abbandono della Dieta Mediterranea molto importanti sono i cambiamenti associati al passaggio delle popolazioni da una cultura agricola a una cultura urbana con un’inversione radicale delle abitudini alimentari che avviene non solo nelle società mediterranee europee ma anche nei paesi in via di sviluppo che sempre più stanno assumendo diete occidentalizzate. In questo quadro rapidamente accennato, considerando una sempre più diffusa ristorazione collettiva si può costatare che nei fast food, e nelle altre nuove forme di alimentazione fuori casa, la frutta è la grande assente e le verdure non sono quasi presenti. Nella cucina di casa infine molti piatti tipici di una dieta mediterranea, che necessitano più o meno lunghe preparazioni e cotture, sono sostituiti da più rapide preparazioni culinarie lontane da quelle della tradizione mediterranea. La Dieta Mediterranea oggi è un privilegio dei ricchi che possono permettersi cibi biologici, a chilometro zero, senza additivi e conservanti, non industrializzati. L’abbandono della Dieta Mediterranea segue un gradiente socio-economico e interessa soprattutto le persone con minor reddito che – non è certo un caso – sono anche quelle che presentano percettuali più elevate di obesità, diabete, malattie cardiovascolari e alcuni tipi di cancro, dimostrando anche una relazione lineare tra costo del cibo, aderenza ai modelli alimentari e obesità. Odiernamente l’abbandono da parte degli italiani della Dieta Mediterranea non è soltanto un problema sanitario, ma oggi e ancor più nel futuro è una questione socioeconomica.