Dopo decenni di certosino studio dei ruminanti domestici, di vita vissuta con gli allevatori e di umile frequentazione dei migliori scienziati che si occupano di scienze animali, sono riuscito, con una buona dose di fortuna, a scovare in un allevamento italiano una bovina mutante di razza frisona italiana che con il pensiero riesce a comunicare con l’uomo, ne comprende il linguaggio, sa leggere e frequenta Internet.
Come fa e da quando lo fa non siamo riusciti a capirlo. Ma c’è di più!
Questa bovina comunica con gli altri ruminanti d’allevamento come le bufale, le pecore e le capre ed è stata da esse eletta all’unanimità, loro portavoce.
Quello che ci ha commosso e riempito d’orgoglio è che abbia scelto proprio Ruminantia per far giungere all’uomo il pensiero dei ruminanti d’allevamento in un momento in cui gli attivisti vegani ne vorrebbero l’estinzione, perché allevarli senza berne il latte e mangiarne le carni non è ovviamente in nessun modo economicamente sostenibile e sarebbe quindi una follia.
Perché ti sei rivolta a me, e quindi a Ruminantia? Quale messaggio vorresti far arrivare all’uomo?
Perché Ruminantia è una rivista libera e indipendente che ci tiene molto all’allevamento dei ruminanti, alla salute della gente e della Terra, e perché abbiamo la certezza che si adopererà senza risparmiarsi a diffondere il pensiero di noi animali d’allevamento. Vorrei raccontare alla gente la verità sulla nostra vita e sui nostri desideri perché di pregiudizi ne stanno girando troppi.
Quando mi hai contattato la prima volta mi hai detto che voi animali d’allevamento siete terrorizzati perché i vegani vorrebbero la vostra estinzione con il pretesto di evitarvi la sofferenza di vivere negli allevamenti che loro chiamano intensivi.
Se ci avessero veramente ascoltati, e di segnali di benessere e malessere ne diamo molti, o se non altro invece di parlare del sentito dire fossero entrati negli allevamenti, quelli normali, avrebbero capito che l’interesse delle specie è diffondersi sulla terra e questo obiettivo noi, che abbiamo fatto un patto con l’uomo di reciproco aiuto alcuni millenni fa, lo stiamo raggiungendo.
Sia noi che gli altri animali domesticati ci siamo abbondantemente diffusi sul pianeta mentre molte specie selvagge si sono estinte e non necessariamente per mano dell’uomo.
Vorresti forse dire che la qualità della vita negli allevamenti non è poi così male come si vuol far credere?
In parte è vero. Ovvio è che si potrebbe stare meglio, ma questo vale anche per voi umani. Un ristrettissimo gruppo di previlegiati può vivere senza lavorare in ville dotate di ampi parchi e fare le vacanze nei luoghi più ameni e incontaminati del mondo, ma mi risulta che buona parte degli uomini vive ammassato nelle città, in tanti faticano ad arrivare a fine mese, non sempre si possono adeguatamente curare e taluni hanno delle condizioni lavorative ben più severe e degradanti delle nostre.
C’è anche da dire che, grazie alla ricerca scientifica, alla razionalizzazione del lavoro negli allevamenti e alla sensibilità etica degli allevatori, la nostra qualità della vita è migliorata rispetto al passato. Un grazie va anche dato alle associazioni animaliste di allora, oggi quasi sparite, che si sono battute per migliorare le nostre condizioni di lavoro e di vita negli allevamenti, e ci sono riuscite.
E’ vero che ci sono molte analogie con la vita di chi vive in città e lavora nelle fabbriche, ma voi animali d’allevamento concludete la vostra vita in un mattatoio mentre noi umani moriamo di malattia o di vecchiaia. Cosa ne pensi di questo?
Il terrore della morte è un problema di voi umani. Gli altri esseri viventi che popolano la terra, compresi i temibili predatori, non muoiono mai di vecchiaia ma diventano cibo per altri esseri viventi. Voi siete terrorizzati da questo ma noi animali no. Pretendiamo comunque che il nostro fine vita sia dignitoso, non stressante e indolore, almeno inconsapevole, e questo ce lo dovete visto quello che facciamo per voi.
Chi conosce gli allevamenti solo per sentito dire dice che gli animali ammalati sono lasciati morire e non vengono curati. Ma succede veramente così?
Un allevatore che non cura i propri animali è come un camionista che non fa manutenzione al proprio automezzo o non lo porta dal meccanico se qualcosa non va. Nella stalla dove viviamo io e le mie compagne ci analizzano continuamente il latte e il sangue per vedere se stiamo bene, e al primo accenno di malattia veniamo portate in infermeria per la visita veterinaria.
Mi risulta invece che voi uomini non fate così. Sento raccontare da chi di voi ha avuto la sventurata necessità di andare in un Pronto Soccorso di averci trascorso non meno di 24 ore in attesa di ricevere attenzioni o di persone indigenti che non possono permettersi altro che la sanità pubblica e aspettano mesi per fare un’analisi o essere ricevuti da uno specialista. Mi risulta che negli USA per i poveri sia ancora peggio perché la sanità è solo privata.
Questo ovviamente negli allevamenti non succede, e se succede è in aziende che presto falliranno.
I cittadini sono fermamente convinti che il sogno dei ruminanti sia essere allevati al pascolo, convinzione, devo dire, maturata a forza di guardare le pubblicità di carni e formaggi diffuse negli ultimi anni. Ma è veramente così?
Anche se strana sono soltanto una mucca, che anzi preferirebbe essere chiamata bovina e, solo in condizioni di alta confidenza, vacca. Certo che il pascolo è per noi attraente, è su quello che ci siamo evolute e noi ruminanti siamo così ecologicamente importanti perché siamo capaci di trasformare l’erba, fresca o essiccata che sia, negli alimenti più preziosi per l’uomo come la carne e il latte.
Mi meraviglia che gli uomini non si siano resi conto che, a causa della produzione di energia attraverso la combustione di petrolio e gas che rilascia più del 90% dei gas serra, stanno surriscaldando il pianeta, e che in molte zone la terra si sta desertificando o viene periodicamente devastata da eventi estremi.
Noi bovini in particolare temiamo molto le alte temperature e spesso ci ammaliamo di stress da caldo per cui, nei lunghi mesi dell’anno in cui fa caldo, preferiamo nelle ore diurne stare all’ombra in una stalla magari dotata di ventilatori e docce.
Voi essere umani confondete i parchi cittadini con la natura, e i pascoli si fanno dove la terra vale poco ed è difficilmente irrigua perché di terra coltivabile ce ne è sempre meno. Al pascolo dobbiamo difenderci da predatori, insetti e parassiti, e francamente in alternativa non ci dispiace stare al sicuro nelle stalle dove c’è sempre cibo sano e acqua pulita e possiamo rinfrescarci.
Una passeggiatina serale certo che fa piacere, ma la sua assenza non ci cambia la vita. Lo sport e le camminate per migliorare la salute sono cose della cultura umana che a noi animali non appartengono.
Conclusioni
Noi di Ruminantia siamo stati fortunati a parlare con una bovina che è pure portavoce degli altri ruminanti d’allevamento, anche se più che novità ci ha trasmesso conferme. Una cosa che insegna il lavorare in agricoltura e in allevamento è il rispetto per le piante e per gli animali.
Chi si arroga il diritto di fare lezioni su come garantire la migliore qualità della vita possibile agli animali di allevamento dovrebbe andare a trovarli e osservarli con umiltà e attenzione perché con i pregiudizi, gli stereotipi e i capri espiatori l’umanità ha celebrato i suoi momenti più brutti.
Certo è che anche gli allevatori devono fare la propria parte, aprendo le stalle alla gente e sistemando ciò che potrebbe urtare l’opinione pubblica.
Ovviamente questa intervista è irreale ma la realtà a volte si spiega meglio con le allegorie, e le fiabe ci insegnano come farlo.