Percezioni della sensibilità e della sofferenza degli animali d’allevamento: prove dai paesi BRIC e dagli Stati Uniti

IN BREVE
Le relazioni tra gli animali d’allevamento e gli esseri umani variano a seconda dei paesi e delle culture. Lo scopo di questo studio era di comprendere la posizione della popolazione dei paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) e degli Stati Uniti. È stato riscontrato che le percezioni della sensibilità e della sofferenza degli animali d’allevamento variano molto a seconda della cultura, del paese, del sesso e dell’età. Ciò potrebbe avere conseguenze importanti per il commercio globalizzato di prodotti di origine animale se non si dovessero trovare basi comuni per la standardizzazione, e aumenterebbe il rischio di imposizione di barriere commerciali da parte dei paesi con una legislazione sul benessere animale più sviluppata che potrebbero essere percepite dai paesi esportatori come protezionismo.

La sostenibilità è oggi una preoccupazione in continua crescita. Mentre miriamo a realizzare sistemi di produzione agricola in grado di nutrire il mondo, dobbiamo preservare l’ambiente e utilizzare le risorse naturali con saggezza. In queste circostanze, anche i modelli di produzione e di consumo di carne devono raggiungere standard sostenibili. La filiera della carne è annoverata come una delle cause delle emissioni di gas serra e del consumo di acqua. Oltre a standard di sostenibilità, la società informata di oggi richiede anche degli standard etici. Il benessere degli animali d’allevamento (FAW) fa parte di tali standard e, generalmente, viene definito come “un aspetto potenzialmente misurabile di un animale vivente in un determinato momento” [1]. Il primo passo del FAW è legato alla capacità di soddisfare una necessità di base, e spesso fa riferimento alle cinque libertà.

Il termine “cinque libertà” è stato coniato nel Regno Unito dal Farm AnimalWelfare Council e, ad oggi, è accettato in tutto il mondo e si riferisce agli animali che dovrebbero avere [2]:

  1. Libertà dalla fame e dalla sete, grazie ad un facile accesso all’acqua e ad una dieta per mantenere la salute e il vigore.
  2. Libertà dal disagio, fornendo un ambiente appropriato.
  3. Libertà dal dolore, dalle ferite e dalle malattie, mediante prevenzione o rapida diagnosi e trattamento.
  4. Libertà di esprimere un comportamento naturale, fornendo spazio sufficiente, strutture adeguate e compagnia appropriata della stessa specie dell’animale.
  5. Libertà dalla paura e dalla sofferenza, garantendo condizioni e cure che evitino la sofferenza mentale.

Dal punto di vista del rapporto tra uomo e animale non umano, tuttavia, il FAW come costrutto deve includere anche obblighi da parte dell’uomo verso gli animali, spesso indicati come diritti degli animali. È stato suggerito che il concetto delle cinque libertà necessiti di un’interpretazione più ampia [3] per includere il riconoscimento della sensibilità animale, definita come “la consapevolezza e l’abilità cognitiva necessarie per provare sentimenti” [4]. Nonostante l’esistenza di discorsi storici sui sentimenti degli animali, che vanno dai classici pensatori greci Ippocrate e Pitagora a Charles Darwin [5], la maggior parte dei progressi nel riconoscimento legale della sensibilità animale sono stati fatti negli ultimi anni. In Europa gli animali hanno ottenuto questo riconoscimento ufficiale nel 1999 attraverso il trattato UE di Amsterdam, successivamente integrato da un protocollo sulla loro protezione e sul benessere tramite il trattato UE di Lisbona del 2007, adottato nel 2009 ed entrato in vigore con la direttiva 2010/63/ UE. Questo evento ha innescato una reazione globale, nelle società occidentali (ad esempio, Canada, Colombia, Nuova Zelanda, Svizzera, Turchia, Ucraina, Stati Uniti) [6]. Più di recente, 180 paesi hanno adottato la strategia globale FAWS dell’OIE 2017, che comprende il riconoscimento della sensibilità animale, e fino a 46 paesi hanno supportato la UN’s Universal Declaration on Animal Welfare [7]. Il riconoscimento che le esperienze emotive positive sono un buon indicatore del FAW è fondamentale per collegare la sensibilità animale con considerazioni più pratiche sul FAW [7]. Nel presente, la sofferenza antropogenica, o il riconoscimento della sofferenza animale causata dalle azioni umane, è vista come il passo principale verso un rapporto più etico tra uomo e animale [8]. Il ruolo degli esseri umani nella sofferenza degli animali è particolarmente evidente quando si parla di animali d’allevamento che vengono allevati con lo scopo esplicito di soddisfare i bisogni dell’uomo [9]. La forte domanda di prodotti di origine animale da parte dell’uomo e le convinzioni ampiamente diffuse sulla legittimità del consumo di carne [10] rendono improbabile una completa indipendenza dagli alimenti di origine animale nel prossimo futuro. Tuttavia, anche nel breve periodo, c’è spazio per migliorare la sostenibilità dell’allevamento al fine di preservare l’ambiente, proteggere la biodiversità e nutrire la popolazione mondiale in crescita, lavorando anche ad un trattamento più etico degli animali d’allevamento, ad esempio, diminuendo le loro esperienze emotive negative e promuovendo quelle positive [11]. Tuttavia, ridurre la sofferenza degli animali modificando il modo in cui gli esseri umani li trattano all’interno della filiera può essere un compito impegnativo. La maggior parte delle persone continua a consumare carne anche se preoccupata per gli animali. Questa osservazione viene spesso indicata come il paradosso della carne, definito come la dissonanza cognitiva (o la contraddizione) tra la compassione provata dall’uomo verso gli animali e la sofferenza loro imposta attraverso il consumo di prodotti derivati da essi [12]. Mangiare carne può diventare una preoccupazione morale particolarmente rilevante quando le persone riconoscono che gli animali che stanno mangiando sono senzienti e capaci di soffrire. In effetti, la ricerca ha dimostrato che le persone manifestano una maggiore preoccupazione morale per il FAW quando viene loro ricordato che gli animali, come gli esseri umani, hanno la capacità di provare emozioni e di pensare [13]. Ad esempio, Leach e colleghi [14] hanno esaminato fino a che punto una varietà di caratteristiche animali influenza l’accettabilità percepita di mangiare l’animale stesso. La gente pensava che fosse meno accettabile mangiare animali che avessero la capacità di provare emozioni negative. La relazione tra sensibilità animale percepita e propensione verso il consumo di carne sembra essere bidirezionale. Cioè, per evitare le conseguenze cognitive negative del mantenere pensieri dissonanti (cioè mangiare carne è lecito, ma far soffrire gli animali non lo è), le persone possono classificare gli animali d’allevamento come meno senzienti e quindi meno rilevanti dal punto di vista morale rispetto agli animali da compagnia [15]. Altre strategie utilizzate dall’uomo per affrontare la dissonanza cognitiva derivante dal consumo di carne includono: l’approvazione dello specismo o la convinzione che gli esseri umani siano superiori agli altri animali [16]; dissociare le idee spiacevoli riferendosi ai corpi degli animali senzienti come “carne” [15,17]; l’approvazione del consumo come norma sociale [18] e altre strategie che sono racchiuse nel “modello 4N”: la carne è naturale, necessaria, normale e buona [10]. Inoltre, alcune persone riconoscono che l’allevamento animale può causare alcune sofferenze agli animali anche se affermano che le procedure di allevamento possono essere migliorate per ridurre al minimo tale sofferenza [12]. In breve, le convinzioni sulla sensibilità e la sofferenza degli animali d’allevamento sono psicologicamente centrali per il modo in cui le persone pensano all’eticità della produzione e del consumo di carne.

Gli studiosi hanno iniziato a esaminare in che modo le percezioni della sensibilità e della sofferenza degli animali d’allevamento differiscono tra i gruppi demografici. Alcuni studi suggeriscono che le convinzioni possono differire tra uomini e donne [19,20]. Uno studio [19] condotto su studenti di diverse nazionalità ha riscontrato livelli più elevati di percezione della sofferenza animale tra le donne, ma nessuna differenza per quanto riguarda la percezione della sensibilità animale. Le differenze culturali tra i paesi sono state evidenziate anche dagli autori che sono giunti alla conclusione generica che gli studenti europei e americani manifestino convinzioni più forti verso la sofferenza degli animali rispetto agli studenti asiatici. Un altro studio [20] riporta convinzioni più forti nella sensibilità degli animali tra le studentesse di veterinaria, con tendenze simili in tutti i paesi e le culture. In entrambi gli studi gli individui concordavano su una gerarchia della “capacità di provare” che colloca gli animali da compagnia come più senzienti, seguiti dagli animali d’allevamento e da altri. Anche l’effetto dell’età è stato studiato come variabile demografica in grado di influenzare la percezione della sofferenza animale e della sensibilità animale. Però i risultati ottenuti sono contrastanti e dipendono dal contesto animale [21]. Tuttavia, gli autori citano uno studio [22] per giustificare una tendenza verso un cambiamento naturale nella percezione umana man mano che le persone invecchiano. Le persone anziane tendono a cambiare le priorità verso i bisogni della famiglia e gli animali tendono ad essere percepiti come meno importanti e visti maggiormente da un punto di vista utilitaristico.

In questo contesto generale è stato eseguito uno studio con lo scopo di esaminare le convinzioni sulla sensibilità e sulla sofferenza degli animali d’allevamento nei paesi BRIC e negli Stati Uniti e la loro variabilità in base all’età e al sesso. Queste convinzioni sono cruciali per capire il pensiero delle persone nei confronti dell’etica della produzione e del consumo di carne, che potrebbe avere conseguenze anche per il commercio tra paesi. L’economia e il commercio globale sono inevitabili, ma per raggiungere una sana competizione commerciale è importante standardizzare le procedure e rispettare la domanda sia di proteine animali che di una produzione etica. Tuttavia, la religione, le differenze culturali, l’età e il genere influenzano le percezioni dell’opinione pubblica e la consapevolezza del rapporto tra esseri umani e animali non umani [23,24]. Le economie emergenti dei paesi conosciuti con l’acronimo BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) rappresentano oltre il 40% della popolazione mondiale e oltre il 50% della produzione agricola lorda mondiale nel 2018 [25]. Pertanto, il presente studio esplora quelle opinioni fondamentali per comprendere come le persone valutino la produzione di carne, un settore che sta guadagnando maggiore attenzione all’interno dei dibattiti sulla sostenibilità e sul cambiamento climatico, visto il suo ruolo come produttore di gas serra e data la portata del commercio internazionale di prodotti di origine animale.

Per condurre l’indagine sono stati somministrati 5027 questionari in Brasile, Russia, India, Cina e Stati Uniti. I brasiliani hanno mostrato i livelli più alti e i cinesi quelli più bassi di percezione della sensibilità animale. In Russia e India la percezione della sofferenza e della sensibilità aumenta con l’età, con livelli simili a quelli osservati negli USA. In tutti i paesi, la maggior parte delle persone concordava (piuttosto che il contrario) sul fatto che gli animali siano esseri senzienti. In india gli uomini mostrano livelli più alti di concordanza per quanto concerne la relazione tra il consumo di carne e la sofferenza degli animali, seguiti dalle donne in Brasile e Cina. Livelli più bassi di concordanza si osservano negli americani e nei cinesi. Le donne mostrano livelli di compassione più elevati rispetto agli uomini. In Russia c’è un livello leggermente più alto di concordanza tra gli uomini e negli Stati Uniti gli uomini più giovani appaiono maggiormente concordi. I giovani americani mostrano livelli di concordanza maggiori, mentre in India e Cina l’età ha l’effetto opposto. Per una concorrenza commerciale leale, è importante standardizzare le procedure e rispettare la domanda di proteine animali e l’etica della loro produzione. Nel complesso, i nostri risultati hanno mostrato che le percezioni della sensibilità e della sofferenza degli animali d’allevamento variano sostanzialmente tra i paesi e i gruppi demografici. Queste differenze potrebbero avere conseguenze importanti per la percezione dell’etica della produzione e del consumo di carne e per il commercio globale di prodotti di origine animale.

Il presente articolo è una sinossi tratta dallo studio: “Perceptions of Farm Animal Sentience and Suffering: Evidence from the BRIC Countries and the United States” di Mata, F.; Jaeger, B.; Domingues, I. Animals 2022, 12, 3416. https://doi.org/10.3390/ani12233416