Molti ormai si sono resi conto che le persone hanno a cuore il fatto che le bovine da latte siano allevate in modo che possano fare una vita, o meglio “lavorare” per l’uomo come intelligentemente affermato da Joseline Porcher, in condizioni dignitose. E’ un concetto semplice e condivisibile che completa e fa evolvere la concezione della vacca come “macchina da latte” a quella di un essere senziente che lavora per l’uomo e che, come ogni lavoratore del mondo occidentale, ha diritti e doveri da rispettare. Questa ancora grande confusione sta provocando gravi danni alla filiera del latte e alla salute delle persone che per ragioni etiche si privano del latte.

Ad oggi, la Comunità Europea non ha ancora prodotto una legge che regolamenti il benessere della bovina da latte. Ne esistono di specifiche per le altre specie animali e solo per i vitelli sono state date precise indicazioni. La EU prega semplicemente gli stati membri di attenersi a quanto indicato dal EU Welfare Quality® che genericamente consiglia di dare alle bovine da latte una buona stabulazione, una buona alimentazione, una buona salute e la possibilità di esprimere il loro naturale comportamento. Tra le raccomandazione di questa commissione c’è proprio il pascolo, non specificando se ciò sottintende semplicemente un accesso all’esterno o la possibilità di brucare l’erba. Questo primo chiarimento è importante in quanto per gli “addetti ai lavori” il pascolo è un alimento e il pascolare un modo di assumerlo. Che ai bovini piaccia l’erba è innegabile ed ovvio che non gli fa male e che in alcuni condizioni può arricchire il latte di sostanze benefiche per la salute umana.

Il pascolo è una risorsa disponibile solo per alcuni mesi l’anno con una durata che dipende dal clima e dalla piovosità ed è quindi un “prodotto di stagione”. Nel nord dell’Europa il pascolo è utilizzabile da Maggio ad Ottobre, ad eccezione dell’Irlanda dove è disponibile tutto l’anno. In Italia sono poche le regioni che possono garantire questa lunga accessibilità. L’Olanda definisce un utilizzo “full” del pascolo un periodo oltre le 1221 ore/anno, ossia il 14% dell’anno. Secondo alcune stime, gli allevatori lasciano le bovine al pascolo per un tempo che varia da stato a stato ma che è in declino in tutta Europa per diverse motivazioni. In Danimarca, ad esempio, si è passati dall’84% del 2011 al 25% del 2015. Rimangono ad oltre il 90% Inghilterra, Irlanda e Francia. Nei paesi scandinavi la legislazione prevede sei settimane per 4 mesi all’esterno.

Una delle ragioni della riduzione del tempo in cui gli allevatori lasciano le bovine al pascolo è di ordine economico, perché ovviamente un’alimentazione a base d’erba comporta una produzione inferiore ma ciò non sarebbe un problema se la variazione del prezzo del latte fosse proporzionale. Altre ragioni sono legate alla minore piovosità che sembra diffondersi in Europa e al fatto che una bovina adulta per vivere prevalentemente di pascolo ha bisogno di almeno m2 7000 di terra, terra agricola che in Europa proprio non è disponibile. Figuriamoci in Italia dove se liberassimo tutte le bovine al pascolo occuperemmo il 13% della superficie nazionale.

In questo vuoto legislativo molti dei paesi del nord Europa stanno “premendo” affinchè la Comunità Europea introduca un lungo tempo di pascolamento come requisito del benessere animale.  Questa confusione tra accesso all’esterno e pascolamento, se non ben chiarita, potrebbe creare seri problemi alla produzione di latte bovino in Italia che faticosamente, dopo il trentennio delle quote latte, sta cercando l’autosufficienza produttiva, ora solamente a poco più del 70%. Che le bovine per stare meglio ed essere più sane, fertili e produttive abbiano bisogno di vivere in ambienti meno sovraffollati e avere la possibilità di accedere ad ampi spazi esterni credo che ormai sia un fatto accertato. Che alcune patologie come le dermatiti, l’infertilità e le mastiti trovino gran parte della soluzione da queste scelte, anche. Tra gli allevatori e professionisti sta rapidamente crescendo un sentimento di rispetto dei “diritti” delle bovine, sentimento che probabilmente hanno sempre avuto ma che ora hanno il coraggio di manifestare. Anche perché chi non ha feeling con gli animali non è un buon allevatore o un buon professionista ed è pertanto candidato ad una darwiniana estinzione.

E’ bene però che le nostre istituzioni e i nostri politici abbiano ben chiara la differenza tra paddock esterni e pascolo per evitare una trappola legislativa europea. In molte regioni italiane, specialmente del centro-sud, un vincolo legislativo per il benessere animale relativo a questo aspetto potrebbe dare enormi vantaggi competitivi. La scarsa piovosità di queste regioni e il clima mite può dare la possibilità alle bovine di accedere volontariamente all’esterno per quasi tutto l’anno ma su terreni dove ovviamente la presenza dell’erba sarà esigua, per non dire nulla, e con elevato il rischio di desertificazione. Alcune ASL vietano l’accesso all’esterno su paddock non cementati e in cui non sia stato previsto un sistema di raccolta delle acque piovane per cui, per evidenti ragioni, molti allevatori desistono dall’applicarlo anche se lo vorrebbero per la salute psico-fisica delle loro bovine.

Ci auguriamo che il legislatore europeo prima di scrivere e rendere esecutiva la legislazione sul benessere delle bovine da latte ricorra a commissioni costituite da veri esperti di etologia bovina. Le vacche da latte sono animali semplici e al contempo complessi da comprendere. L’uomo è un predatore ed ha rapporti abituali, se non famigliari, con altri predatori come lo sono i cani e i gatti. I bovini, le pecore, le capre e le bufale sono prede, e come tali si comportano e si rapportano con il mondo circostante. Sono animali gregali con regole di branco molto rigide e sono inoltre individui, come ogni altro organismo vivente, ossia simili tra loro per l’aspetto ma diversi dal punto di vista comportamentale. Le bovine possono esprimere il loro naturale comportamento fatto di gioco, interazioni (sia amichevoli che conflittuali), riposo e alimentazione anche all’interno delle stalle, a patto che siano di grandi dimensioni e costruite in modo ogni bovina possa riposare, mangiare e bere quando e dove vuole. Se la pavimentazione non è scivolosa, cosa impossibile se in cemento, essa potrebbe esprimere tranquillamente il suo comportamento estrale e d’interazione con le altre bovine anche all’interno della stalla. In queste condizioni, e questa è un esperienza comune di chi ha stalle di questo tipo, la possibilità di accesso all’esterno è pressoché ignorata dagli animali, oppure utilizzata solo per alcune ore al giorno e non da tutte le bovine. In stalle grandi, magari compost barn, climatizzate e con abbondante disponibilità di cibo e acqua, con la sicurezza di essere al riparo dai predatori e con un buon rapporto con l’uomo perché le bovine dovrebbero andare fuori?

L’obbligatorietà del pascolo come condizione per avere aiuti economici comunitari ci sembra pericolosa. E’ necessario pertanto, a nostro avviso, definire una volta per tutte cosa significa pascolo e cosa significa paddock esterno, avendo ben chiaro che il primo è una tecnica alimentare e il secondo un metodo di stabulazione. Come sarebbe necessario definire univocamente la conoscenza della vera etologia della bovina da latte e che il legislatore, quasi sempre cittadino urbanizzato, non pensasse la vacca come un essere umano colorato e a quattro zampe.