La conservazione di un insilato avviene quando i batteri lattici (LAB) convertono lo zucchero in acido lattico. Ciò determina un abbassamento del pH che inattiva gli enzimi vegetali e inibisce l’azione dei microrganismi dannosi (batteri epifiti, clostridi, lieviti, muffe e così via) che si trovano sulla pianta al momento della raccolta.

L’acido lattico è considerato l’acido di fermentazione per eccellenza essendo il più forte tra gli acidi organici (acetico, propionico e butirrico) prodotti dai microrganismi dell’insilato. Un abbassamento rapido ed efficiente del pH riduce la perdita di zuccheri e minimizza la degradazione delle proteine. Questa interazione preserva e migliora la qualità nutrizionale del foraggio insilato. Inizialmente, quando gli additivi LAB furono concepiti e commercializzati, l’attenzione era focalizzata sulla riduzione delle perdite di sostanza secca durante la fermentazione iniziale e si proponeva di distribuire LAB “omofermentanti” (Lactobacillus plantarum) sul raccolto. Questa pratica avrebbe guidato il processo e convertito efficacemente uno zucchero a 6 atomi di carbonio in due molecole di acido lattico a 3 atomi di carbonio. Si presumeva che il basso pH avrebbe inibito tutti i microrganismi indesiderati presenti sulla coltura e prodotto la migliore conservazione possibile. Tuttavia, la prima generazione di additivi spesso falliva quando si trattava di prevenire il riscaldamento del fronte durante l’utilizzo dell’insilato.

Foto 1 e 2: Trincea di silomais che manifesta alla camera termica un riscaldamento importante del fronte.

Come contenere il riscaldamento del fronte di desilazione

All’epoca non si capiva che alcuni lieviti che aggredivano il lattato (specie Candida sp. e Hanensula sp.) non erano inibiti da alti valori di acido lattico e dal basso pH ma, in effetti, sopravvivevano abbastanza bene in queste condizioni e poi si moltiplicavano rapidamente con l’esposizione all’aria durante l’utilizzo dell’insilato. I lieviti che utilizzano l’acido lattico in condizioni aerobiche (con presenza di ossigeno) come fonte di energia fanno aumentare il pH dell’insilato al di sopra dei livelli inibitori (a causa della perdita di acido lattico), creando un ambiente favorevole al deterioramento dei batteri e alla crescita delle muffe.

Il risultato finale è la perdita di zucchero, di amido e di proteine e la produzione di una notevole quantità di calore. Ora è ben documentato che le popolazioni di lieviti sono in genere molto presenti su silomais, pastoni e insilati di graminacee (non sull’erba medica) e svolgono un ruolo chiave nell’avvio della cascata di eventi microbici che portano al riscaldamento dell’insilato. Una volta identificata la causa del problema nel lievito, la seconda generazione di additivi ha iniziato ad includere nella formulazione da distribuire in raccolta LAB “eterofermentanti” (Lactobacillus buchneri). Questi inoculanti convertono uno zucchero a 6 atomi di carbonio in una molecola di acido lattico a 3 atomi di carbonio e una di acido acetico a 2 atomi di carbonio, con la perdita di una molecola di CO2 (causa ultima della perdita di sostanza secca).

Inizialmente si riteneva che questi LAB eterofermentanti fossero ceppi indesiderati in un additivo per l’insilamento poiché non abbassavano il pH quanto il LAB omofermentante e perdevano carbonio da ogni zucchero in forma di CO2. Tuttavia, poiché oggi trincee con fronti ampi e con basse velocità di desilazione sono spesso la norma, il riscaldamento del silomais e del pastone sono diventati il maggiore problema in termini di perdita di nutrienti e di ridotta appetibilità. L’acido acetico, pur non essendo forte quanto un acido lattico, si è rivelato, insieme ad altri composti prodotti da L. buchneri, inibitore delle popolazioni di lievito.

Oggi è ampiamente riconosciuto che gli inoculanti contenenti una combinazione di LAB omofermentanti (per ridurre efficacemente il pH) e L. buchneri eterofermentante (per inibire i lieviti) sono un efficace strumento di gestione per guidare la prima fermentazione e ridurre il riscaldamento del fronte. Questa combinazione di ceppi inoculanti a volte rende difficile l’interpretazione delle analisi di laboratorio sugli acidi volatili poichè in trincea il L. buchneri cresce molto più lentamente del LAB omofermente e diventa più attivo quando il pH si abbassa. A basso pH, L. buchneri preferisce come fonte di energia l’acido lattico rispetto allo zucchero. Pertanto, il livello di acido lattico diminuisce mentre la percentuale di acido acetico aumenta senza alterare la quantità di zucchero residuo nell’insilato.

Un nuovo indagato

Recenti indagini, condotte dai microbiologi Pioneer® su silomais ben gestito, hanno riscontrato situazioni di riscaldamento nonostante alti livelli di acido acetico e bassi conteggi di lieviti. Sulla base della attuali conoscenze sull’instabilità aerobica ciò non dovrebbe verificarsi. Un indizio di quello che stava accadendo in questi insilati era il fatto che campioni prelevati internamente alla trincea avevano un etanolo superiore al normale, mentre l’etanolo era assente nei campioni prelevati in superficie. Questo fatto ha suggerito ai microbiologi che doveva essere presente un microrganismo in grado di metabolizzare l’etanolo. Dopo aver coltivato in piastre i microrganismi presenti su questi insilati, è stato individuato un nuovo agente attivo nel destabilizzare gli insilati: l’Acetobacter sp.

L’Acetobacter è un genere di batteri produttori di acido acetico (utilizzato nella produzione commerciale di aceto) che ha la capacità di convertire, in presenza di ossigeno (desilamento), l’etanolo (da lievito) in acido acetico, ma quando i livelli di etanolo sono ridotti è anche in grado di trasformare l’acido lattico e l’acetico in anidride carbonica, acqua e calore.

Foto 3: Acetobacter aceti, microrganismo aerobio e acidofilo gram-negativo, mobile grazie alla presenza di flagelli.

Gli Acetobacter sono aerobi gram-negativi molto tolleranti agli acidi, quindi un pH basso non è inibitorio per la loro sopravvivenza. Sono onnipresenti nell’ambiente, compreso il suolo, l’acqua e l’aria e sono relativamente mobili negli insilati perché a differenza del LAB possiedono flagelli. Una caratteristica facilmente attribuibile sia ai lieviti che al metabolismo dell’Acetobacter è il tipico odore dell’acetato di etile e del lattato di etile, simile a “smalto per unghie”, che può spiegare la ridotta ingestione da parte del bestiame alimentato con questi insilati.

In condizioni anaerobiche (senza ossigeno), il lievito produce etanolo che viene convertito dall’Acetobacter in etil-acetato e etil-lattato attraverso una reazione chimica facilitata dall’acido. Nelle nostre ricerche sulla presenza Acetobacter in insilati, abbiamo scoperto che questo aroma di “smalto per unghie” diventa evidente circa 24 ore prima dell’inizio del riscaldamento. Ricercatori europei hanno poi verificato che l’Acetobacter e il lievito si sono spesso sviluppati contemporaneamente quando l’insilato è stato esposto all’aria. Mentre il lievito è considerato, quando l’insilato è esposto all’aria, il principale responsabile dell’inizio del riscaldamento, i ricercatori americani del Forage Research Center hanno scoperto che l’Acetobacter iniziava a produrre calore in tutte le prove, mentre il lievito era presente in modo significativo solo in un terzo degli studi. Ciò suggerisce che l’insorgenza di un riscaldamento durante la fase di desilazione a causa dell’Acetobacter sia più diffusa di quanto si pensasse in precedenza. La mancanza di comprensione del ruolo dell’Acetobacter è anche dovuta al fatto che è quasi impossibile misurarlo sui terreni selettivi. Quando i laboratori di microbiologia riportano il conteggio totale di microrganismi aerobi spesso l’Acetobacter può infatti essere erroneamente scambiato per un bacillo.

In conclusione, l’Acetobacter si può trovare anche in insilati ben gestiti e altamente compatti che hanno però livelli elevati di etanolo prodotto da ceppi di lievito che riescono a svilupparsi in condizioni anaerobiche. Quindi il L. buchneri non inibisce direttamente i livelli di Acetobacter ma è utile per limitarne l’impatto negativo contenendo i lieviti e la loro produzione di etanolo che funge da substrato per l’ Acetobacter.

 

di Bill Mahanna, Ph.D., Dipl. ACAN
CORTEVA Global Nutritional Sciences Manager