Fino a non molti anni fa la risposta a questa domanda sarebbe stata un deciso no perché si pensava che il camminare potesse sottrarre energia preziosa per la sintesi del latte. Esempio evidente fu il diffondersi delle stalle con vacche legate. Questo tipo di stabulazione era però scelto anche per ottimizzare lo spazio, il lavoro e per difendere le bovine dal freddo.

Forse all’epoca era così perché le bovine erano meno selezionate per la produzione di latte e c’era una diretta relazione tra la quantità prodotta e l’energia introdotta con la dieta, o non dispersa con il movimento. Prima si facevano apposite razioni per ottenere una determinata produzione. C’erano razioni per fare 25 litri e altre per farne 30, era un po’ come gestire la manopola di una radio: ruotandola si aumenta o abbassa il volume dell’ascolto.

Le bovine di oggi invece producono quasi a prescindere da ciò che mangiano, al punto da ricorrere alle proprie riserve di proteine, grasso e carboidrati se i nutrienti assunti con la dieta non sono sufficienti. I genetisti per arrivare ad avere stalle che fanno di media 40 chilogrammi di latte e con titoli da “bufala” hanno profondamente modificato l’assetto ormonale e metabolico delle bovine che ospitiamo nei nostri allevamenti, rendendole “simil diabetiche”, sia del tipo 1 (insulino-carente) che del tipo 2 (insulino-resistente).

Dalla classe medica, all’unisono, viene l’imperativo di camminare almeno 30 minuti o fare 10.000 passi al giorno, considerato la panacea per tutti i mali. Chi cammina ha un minor rischio di sviluppare le malattie del cuore, il diabete e la depressione. Vive meglio e più a lungo.

Ma questo “mantra” dei medici dell’uomo vale anche per le bovine?

Molti allevatori stanno sperimentando questo bell’esempio di “medicina comparata” aprendo paddock alle bovine in asciutta e, quando possibile, anche a quelle in lattazione. Questa possibilità, oltre a dare grandi benefici alla salute delle bovine, sembra essere molto gradita ai consumatori, che però non capiscono che la passeggiata fine a se stessa, o meglio lo sport, non esiste in natura, perché la dispersione d’energia senza un fine è considerata un inutile dispendio di risorse.

La bovina, come del resto tutti gli animali, fa attività fisica solo se è indispensabile per procacciarsi il cibo, bere e riprodursi, per cui se pensiamo che camminare faccia bene anche alle bovine dobbiamo in qualche modo costringerle a farlo, come fanno gli allevatori che usano il pascolo.

Il camminare, o meglio avere un ampio spazio nel quale muoversi, ha indubbiamente effetti positivi su molte malattie che affliggono le bovine da latte. Fa bene alla salute dei piedi, ossia previene e cura laminiti e le dermatiti, specialmente se avviene su superfici asciutte e non sdrucciolevoli come possono essere i paddock magari in terra e le compost barn. Inoltre, un apparato muscolare allenato e piedi sani aiutano enormemente le bovine ad esprimere il loro comportamento estrale e a recarsi in mangiatoia per mangiare e agli abbeveratoi per bere.

Per meglio comprendere quanto è importante che le bovine abbiano una massa muscolare trofica è necessario un piccolo approfondimento di fisiologia. Durante le ultime settimane di gravidanza le bovine fanno esperienza di un bilancio energetico proteico negativo perché, a causa delle crescenti esigenze del feto, i fabbisogni nutritivi sono molto elevati mentre la capacità d’ingestione ancora più bassa rispetto a quella del precedente periodo d’asciutta. Le bovine quindi già durante questo periodo mobilizzano grasso corporeo e iniziano a liberare dal tessuto muscolare amminoacidi che utilizzeranno per produrre energia. Dopo il parto questo ricorso alle proteine labili diventa imponente così come lo diventa quello al grasso corporeo.

Camminare durante la fase d’asciutta aiuta la bovina a consumare i grassi che si liberano in caso di dimagrimento, e ciò avviene soventemente nelle vacche grasse. Con il dimagrimento si liberano grandi quantità di acidi grassi che accumulandosi nel fegato vanificherebbero il motivo principale per cui si deve asciugare una bovina per almeno 45 giorni: curare la lipidosi epatica. Nella fase di preparazione al parto l’avere spazio a disposizione per muoversi permette alle masse muscolari di consumare sia grassi che corpi chetonici che inevitabilmente si producono in un periodo di forte stress metabolico e quindi permette di avere un sistema immunitario più efficiente e proteggere il fegato dalle infiltrazioni di grasso.

In lattazione, il camminare, magari imposto perché la sala di mungitura non è proprio vicina, perché un ampio paddock in terra è magari inerbito o per altre ragioni, potrebbe in effetti competere con la produzione del latte perché un muscolo in attività consuma quel glucosio che altrimenti sarebbe utilizzato per una maggiore sintesi di latte. Stimolare attraverso il movimento le masse muscolari le rende più sensibili all’insulina e questo comporta una minore concentrazione di questo ormone. Un livello di insulina più basso rispetto a quello che sia ha nel diabete tipo 2 limita la liberazione di grassi dal tessuto adiposo a beneficio della salute del fegato, anche se a volte si potrebbe osservare una riduzione del grasso del latte.

Poche sono le ricerche disponibili sul ruolo positivo o negativo che ha il camminare nelle vacche da latte. Di certo c’è che un camminare giornaliero entro i km 6.4, fino ad una velocità di 3.4 km/ora, non influenza negativamente il metabolismo mentre dà enormi benefici alla salute delle bovine, ed in particolare alla loro longevità funzionale.

In questo ambito dare informazioni precise è piuttosto complesso. E’ compito dei professionisti e degli allevatori trovare il giusto equilibrio e stimolare le bovine a camminare senza compromettere le loro performance produttive.

Molto difficile è convincerle a farlo.