Come ho avuto modo di scrivere in un mio precedente articolo, la Fiera Internazionale del Bovino da Latte di Cremona è un pò il capodanno “laico” di chi si occupa di bovine da latte, o meglio di chi produce e supporta la produzione di latte italiano che serve a produrre i formaggi che sono ormai l’asset più importante del nostro agro-alimentare.

Ci sono tanti modi per incoraggiare la produzione del latte italiano e una fiera serve anche a questo, perchè l’economia e la finanza si nutrono di emozioni e sensazioni oltre che di dati.

Il capodanno è importante perché con esso inizia un nuovo anno e si stabiliscono i buoni propositi, che nel mondo dell’impresa consistono nell’investire in beni strumentali e nuove iniziative. L’impressione che molti di noi hanno avuto, soprattutto i tanti allevatori con cui ho scambiato qualche riflessione, è che il nostro mondo stia rapidamente cambiando. Un cambiamento così rapido da far venire il mal di testa e il terrore di rimanere indietro.

Negli 11 workshop che Ruminantia ha organizzato e dai feedback provenienti dalla “Rete” abbiamo notato un’impressionante evoluzione culturale degli allevatori. Sarà per l’avvento dei giovani, sarà per il più facile accesso alle informazioni o per chissà quale altro motivo. Impressionante è il rapidissimo cambiamento verso i temi “green” che sono passati da vessazione a potenziale business. Qualche anno fa parlare di diritti degli animali e tutela dell’ambiente era un tabù in Fiera. Ora un numero sempre crescente di allevatori vede nel “Green New Deal” un grande business potenziale oltre che un’assoluzione morale.

Certo, abbiamo sentito la mancanza “fisica” del Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Teresa Bellanova. Vi avevo promesso un’intervista perchè avrei voluto chiederle:

  • Il suo Governo come pensa di prevenire i danni economici che i nostri produttori di latte e di formaggi quasi certamente subiranno come conseguenza della ritorsione commerciale statunitense per gli aiuti europei concessi ad Airbus? La tendenza speculativa è anch’essa molto forte.
  • La volatilità del prezzo del latte è sicuramente inferiore rispetto al passato ma se si monitorasse per aree omogenee il costo medio di produzione del latte delle varie specie sarebbe più semplice stabilire un criterio per determinare il prezzo del latte alla stalla ed eventuali “aiuti”, non solo economici.
  • Nel nostro paese il 76.2% del territorio è collinare e montano mentre le aree protette ne occupano il 10.5%. Un piano complesso di riqualificazione delle aree interne creerebbe tanta occupazione nella manutenzione del territorio, nella prevenzione degli incendi e del dissesto idrogeologico. Il nostro paese, con un’attenta politica di riforestazione e produzione di energie rinnovabili, potrebbe puntare al CO2 neutral e all’autosufficienza energetica. Questo creerebbe molti nuovi posti di lavoro, arricchirebbe di nuovi claim commerciali i già “raccontabili” prodotti agroalimentari delle aree marginali italiane e ridurrebbe i danni economici derivanti dall’abbandono di questi territori. Vorremmo una sua opinione in merito.

In ogni caso la passione di allevare vacche, la maestria dei nostri casari, l’approccio visionario dei nostri imprenditori del latte e l’inventiva di chi produce attrezzature agricole e per l’allevamento ci ha permesso di “andare in paradiso a dispetto dei santi” e di essere quindi indiscussi leader mondiali di questo settore.

Molti commentatori dell’edizione 2019 delle Fiera Internazionale del Bovino da Latte hanno riportato il significativo aumento d’affluenza di visitatori, il grande numero e qualità delle bovine che hanno partecipato alla Mostra e il clima positivo ed entusiastico degli allevatori.

Sì, sono mancati molti espositori e per tante ragioni, ma questa è un’altra storia. Quindi “the show must go on” verso il 2020!