IN BREVE

Nell’ultimo ventennio il dibattuto tema culturale del rapporto tra gli esseri umani e gli animali ha acquisito crescente importanza, tanto da un punto di vista teorico quanto da un punto di vista pratico.

Da un punto di vista prettamente giuridico, l’introduzione della disciplina legale a protezione degli animali sembra essere il frutto di un’ideologia culturale, affermatasi dapprima in Europa e nel Nuovo Continente e solo poi transitata in Italia, ed è volta ad affermare l’esistenza di un dovere, in capo alla specie umana, di cura e protezione nei confronti delle specie animali. In ambito giuridico dottrinale, si intravede una normativa protesa ad attribuire all’animale una qualche sorta di soggettività giuridica. A tal proposito si parla di “diritto degli animali” inteso come quell’insieme di norme orientate e tese a disciplinare i rapporti tra gli animali e l’uomo, avendo particolare riguardo ai diritti dei primi e ai doveri del secondo nei riguardi degli animali.

L’obiettivo del presente articolo è quello di ripercorrere l’evoluzione della legislazione nazionale in materia di diritto degli animali, anche in virtù del recente ingresso nella Carta Costituzionale della suddetta materia avvenuto con la Legge Costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1 analizzando i più significativi interventi legislativi in materia. Analisi che si rende doverosa al fine di svolgere opportune considerazioni di carattere comparatistico, per meglio comprendere se sia effettivamente possibile parlare degli animali (intesi sia come categoria, sia nella singolarità di ciascuna specie) come soggetti di imputazione di specifiche posizioni giuridiche piuttosto che come meri oggetti di disciplina giuridica, e valutarne eventuali benefici e criticità.

INDICE

La considerazione per gli animali nella storia antica

Nell’arco di tutta la storia, a partire dall’antichità, l’essere umano ha avuto con gli animali un rapporto tendenzialmente controverso. In molte culture antiche gli animali venivano considerati divinità oppure avevano una forte connotazione spirituale, come ad esempio per gli antichi Egizi, i quali veneravano come divinità animali quali, il gatto, il toro e l’ibis, rappresentandoli in molti dei loro rituali religiosi. Allo stesso modo gli antichi Greci attribuivano alle divinità animali, caratteristiche antropomorfe, benché poi spesso o per necessità li offrissero in sacrificio per i più disparati motivi.

Sarà però la concezione Romanistica dell’animale a produrre effetti giuridici di lungo periodo, e non solo nei Paesi di civil law, bensì in quelli di common law. Differenza sostanziale dei due sistemi giuridici riguarda il fatto che, mentre il civil law fonda le sue radici nel Codice Civile ed in generale nelle leggi scritte, che poi, i Giudici sono chiamati ad applicare in modo rigoroso e coerente, i sistemi di common law si basano, quasi totalmente, sul precedente giuridico, quindi sulla giurisprudenza prodotta da Corti e Tribunali superiori, i paesi che si avvalgono di tale sistema giuridico sono: gli Stati Uniti, il Regno Unito, l’Australia, il Canada, la Nuova Zelanda, l’Irlanda, l’India e molti altri paesi del commonwealth.

Questa concezione si basa sulla tradizione giuridica del diritto Romano secondo cui gli animali venivano considerati in termini di res” (cose). Ciò significa che per il diritto Romano, da un punto di vista giuridico, gli animali erano considerati come beni mobili, e come tali potevano essere comprati, venduti e donati. Gli stessi, venivano dunque considerati quasi esclusivamente in termini di proprietà, non essendogli riconosciuto alcuno status legale autonomo. Benché già in epoca Romana fosse prevista una primordiale figura di reato posta a salvaguardia degli animali, secondo il principio del “nocere bestiae” letteralmente “fare del male agli animali”, considerato un reato punibile con multe, punizioni corporali e addirittura con la pena di morte, invero tale precetto non era quasi mai rispettato, in considerazione del fatto che l’interesse verso gli animali era prettamente economico e utilitaristico, e la loro protezione era subordinata a tali finalità. Dunque la visione antropocentrica dell’epoca Romana considerava gli animali inferiori rispetto all’uomo e ad esso asserviti. È tuttavia indispensabile sottolineare come alcune norme previste dagli antichi codici Romani, come quelle in materia di responsabilità per i danni causati dagli animali, siano state in qualche modo precorritrici delle moderne normative di tutela e protezione degli animali.

Nel Medioevo la considerazione umana degli animali era fortemente influenzata dalla visione teologica e cristiana dell’epoca; all’animale, in casi estremi, venivano persino attribuiti caratteri di mostruosità e talvolta di connivenza con il diavolo. Tuttavia, è già in questo periodo iniziò a svilupparsi una concezione compassionevole nei confronti degli stessi. Alcuni Teologi e Santi cristiani, come Francesco d’Assisi, promossero un’attenzione particolare verso gli animali e la natura. San Francesco, ad esempio, amava gli animali e li considerava creature di Dio meritevoli di rispetto e cura.

Nel corso di questo secolo si sviluppò anche una vera cultura della caccia e dell’allevamento degli animali, che portò alla creazione di leggi e norme volte a proteggere gli animali selvatici e ad uso domestico. Ad esempio, nel XIII secolo venne emanato il Trattato di Federico II (De arte venandi cum avibus) sull’attività venatoria, che stabiliva norme per la caccia con i falchi e vietava la cattura di uccelli durante il periodo della nidificazione.

In generale, quindi, nel Medioevo si assistette a una complessa interazione tra la visione cristiana degli animali come creature inferiori, destinate al servizio dell’uomo, e la crescente attenzione nei confronti della natura e degli animali stessi, che portò alla creazione di norme e leggi in materia.

Nel XVIII secolo, in pieno fervore Illuminista, iniziò un cambiamento culturale che portò a una maggiore attenzione per gli animali. Questo tema ha cominciato ad essere oggetto di riflessione da parte di alcuni pensatori e filosofi dell’epoca come Jean-Jacques Rousseau, che già parlava degli animali in termini di “esseri senzienti”, e, Immanuel Kant secondo cui gli esseri umani avevano la responsabilità morale di trattare gli animali con rispetto.

Tuttavia, la moderna coscienza dei “diritti degli animali” ha iniziato a svilupparsi solo a partire dal XIX secolo, quando il Filosofo britannico Jeremy Bentham ha sostenuto che “la questione non è se possano ragionare, né se possano parlare, ma se possano soffrire”. In particolare Bentham riteneva che gli animali avessero la capacità di provare piacere e dolore, e che questo dovesse essere preso in considerazione nella valutazione morale delle azioni umane.

Fu in Europa, precisamente in Inghilterra, che venne fondata la prima Società per la Prevenzione della Crudeltà verso gli Animali (SPCA). Infatti, con l’inizio della rivoluzione industriale, la tutela degli animali divenne un’importante questione sociale. La SPCA e i suoi membri iniziarono a far pressione sul governo britannico per l’adozione di leggi che tutelassero gli animali, portando all’approvazione dell’Act to Prevent the Cruel and Improper Treatment of Cattle (Azioni per prevenire il trattamento crudele e improprio del bestiame) nel 1822. La SPCA, considerato il primo ente di beneficenza per il benessere degli animali al mondo, facendo pressioni sul Parlamento Inglese nel corso del XIX secolo ottenne l’approvazione di diverse leggi, tra cui la Legge contro la crudeltà verso gli animali del 1835, e della Legge che regolava la sperimentazione sugli animali nel 1876.

Dalla considerazione alla tutela degli animali: il XX secolo

Nel XX secolo, la questione della tutela della vita animale ha ricevuto sempre maggior considerazione da parte dell’opinione pubblica e ha sollevato un ampio dibattito coinvolgendo scienziati, umanisti, giuristi, sociologi, e politici di tutto il mondo. Questo vivace confronto etico-filosofico ha portato il 15 ottobre 1978 presso la sede dell’UNESCO a Parigi, alla proclamazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale, primo provvedimento internazionale che educa al rispetto di ogni forma di vita.

Il benessere in relazione agli animali può essere definito come “lo stato di completa sanità fisica e mentale che consente all’animale di vivere in armonia con il suo ambiente” (definizione OMS/Hughes 1976). Per garantire questo è necessario che vengano assicurati almeno i bisogni essenziali, individuati nelle cinque libertà contenute nel Brambell Report del 1965:

  1. libertà dalla fame, dalla sete e dalla cattiva nutrizione, mediante il facile accesso all’acqua fresca e a una dieta in grado di favorire lo stato di salute;
  2. libertà di avere un ambiente fisico adeguato, comprendente ricoveri e una zona di riposo confortevole;
  3. libertà da malattie, ferite e traumi, attraverso la prevenzione o la rapida diagnosi e la pronta terapia;
  4. libertà di manifestare le caratteristiche comportamentali specie-specifiche, fornendo spazio sufficiente, locali appropriati e la compagnia di altri soggetti della stessa specie;
  5. libertà dal timore, assicurando condizioni che evitino sofferenza mentale.

Da allora, nel mondo occidentale, si sono moltiplicate le disposizioni normative per il benessere degli animali. A partire dagli anni ’70 si sono sviluppati i primi movimenti per i diritti degli animali, che ne promuovevano la tutela e il rispetto non solo per motivi etici e morali, ma anche e soprattutto per ragioni scientifiche e ambientali. Questi movimenti hanno portato alla creazione di organizzazioni internazionali e nazionali per la protezione degli animali, alla creazione di leggi e norme volte alla loro tutela e alla diffusione della cultura del loro rispetto.

Tra le principali conquiste del XX secolo per i diritti degli animali si possono citare:

  • l’adozione della Dichiarazione Universale dei Diritti degli Animali da parte dell’UNESCO nel 1978, che stabilisce che l’uomo, in quanto specie animale, non può attribuirsi il diritto di sterminare gli altri animali o di sfruttarli, e che egli ha il dovere di mettere le sue conoscenze al servizio degli animali;
  • la creazione di organizzazioni internazionali per la protezione degli animali, come la World Society for the Protection of Animals nel 1981 (WSPA) e la Humane Society International (HSI);
  • l’adozione di leggi e norme a livello internazionale, nazionale e locale per la tutela degli animali, come la legge britannica sulla prevenzione della crudeltà verso gli animali, la Convenzione Europea per la protezione degli animali da allevamento del 1976 e la Direttiva Europea 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici;
  • la diffusione di una cultura del rispetto e cura degli animali, che ha portato alla creazione di servizi veterinari sempre più specializzati, alla promozione dell’alimentazione vegetariana e vegana e alla diffusione di prodotti cruelty-free.

In Europa, l’adozione della Convenzione europea per la protezione degli animali negli allevamenti nel 1976 rappresentò un passo importante per la tutela degli animali nel continente. La convenzione stabilì norme per il loro benessere negli allevamenti e pose le basi per ulteriori regolamentazioni a livello nazionale.

Negli Stati Uniti, la protezione degli animali fu promossa dal The Humane Society of the United States, fondata nel 1954, e dalla legge Animal Welfare Act del 1966, che stabilì norme minime per la cura degli animali utilizzati nella ricerca e nell’industria.

Proprio in questo periodo, venne fortemente criticata una tutela degli animali basata sul concetto utilitaristico, ovvero la protezione degli animali basata sull’utilità che essi possono fornire all’uomo. I movimenti per i diritti degli animali sostenevano che invece gli stessi dovessero essere tutelati per il loro valore intrinseco e che dovessero essere riconosciuti come esseri senzienti dotati di propri diritti.

A questo proposito Peter Singer, filosofo australiano, fu uno dei più importanti esponenti del movimento per i diritti degli animali, e nel suo libro “Liberazione animale” del 1975, sosteneva, criticando aspramente l’utilitarismo, che gli animali dovessero essere trattati con rispetto e considerazione morale.

Singer sostiene che l’uso degli animali per la produzione di cibo, abbigliamento, ricerca scientifica e divertimento è eticamente sbagliato e rappresenta una forma di sfruttamento e oppressione. Egli sostiene inoltre che l’etica animale dovrebbe essere inclusa nella teoria etica utilitarista, che valuta le azioni in base alla loro capacità di produrre il massimo benessere per il maggior numero di individui.

Secondo Singer, quindi, se vogliamo applicare una teoria etica utilitarista anche agli animali, dovremmo considerare la loro capacità di provare piacere e dolore e cercare di minimizzare la sofferenza di questi nel mondo.

Liberazione animale” di Peter Singer ha rappresentato una pietra miliare nella storia della filosofia e del movimento per i diritti degli animali, e ha ispirato molte persone in tutto il mondo a prendere posizione per la tutela, il rispetto e la dignità degli animali.

In conclusione, nel XX secolo, la tutela degli animali continuò a espandersi in tutto il mondo, con l’adozione di leggi e la formazione di nuove organizzazioni a tutela degli animali.

La tutela normativa: il diritto degli animali

Il concetto di diritto degli animali ha radici antiche, ma la sua affermazione come movimento politico e sociale risale al XX secolo. Nel 1975, lo psicologo e filosofo britannico Richard Ryder coniò il termine “specismo” per descrivere la discriminazione degli esseri umani verso altre specie animali, portando ad una maggiore consapevolezza dei diritti degli animali, spingendo alla creazione di gruppi di attivisti animalisti e all’adozione di normative volte a proteggere gli animali. Da allora, il movimento per i diritti degli animali si è sviluppato in tutto il mondo.

In un saggio del 1970 intitolato “Experiments on Animals“, Ryder ha descritto la pratica comune di usare animali per la ricerca scientifica come una forma di discriminazione morale basata sull’appartenenza ad una specie, analogamente al razzismo e al sessismo.

Secondo Ryder, il concetto di specismo si basa sull’idea che gli esseri umani tendono a considerare gli interessi dei membri della propria specie come più importanti rispetto a quelli degli animali di altre specie, anche quando questi ultimi sono capaci di provare dolore e sofferenza. Ryder ha sottolineato come il concetto di specismo possa essere applicato a diverse forme di discriminazione nei confronti degli animali, incluse la caccia, la pesca e l’allevamento intensivo per la produzione di carne e altri prodotti animali.

Il termine “specismo” ha avuto un impatto significativo nel dibattito sull’etica animale e sulla necessità di prendere in considerazione gli interessi degli animali non umani nelle decisioni etiche e politiche. Le argomentazioni di Ryder hanno ispirato la nascita di movimenti come il vegetarianismo e il veganismo, che promuovono un’alimentazione priva di prodotti di derivazione e/o di origine animale, nonché una maggiore attenzione ai diritti degli animali.

Una prospettiva comparata

In questo stesso periodo, la tutela normativa degli animali è un tema di grande importanza in tutto il mondo. Molte nazioni hanno adottato leggi per la protezione degli animali, con l’obiettivo di prevenire il maltrattamento e la crudeltà verso gli stessi e soprattutto di promuovere il loro benessere.

Gli Stati Uniti d’America

Negli Stati Uniti d’America, la legge Animal Welfare Act stabilì norme minime per la cura degli animali utilizzati nella ricerca e nell’industria. La legge fu successivamente estesa per includere anche gli animali utilizzati in esposizioni e spettacoli. Altre leggi come la Endangered Species Act del 1973 e la Marine Mammals Protection Act del 1972 proteggono le specie animali in pericolo di estinzione.

Le Organizzazioni internazionali

L’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (OIE, oggi WOAH) nata dalla necessità di combattere le malattie degli animali a livello globale portò alla creazione dell’Ufficio internazionale delle epizoozie attraverso l’accordo internazionale firmato il 25 gennaio 1924. Oggi si occupa di regolamentare le pratiche relative alla salute e al benessere degli animali, attraverso la promozione di standard di protezione degli animali e la condivisione di informazioni sulla loro gestione.

Anche l’ONU ha svolto un ruolo importante nella tutela degli animali attraverso l’adozione di risoluzioni che riconoscono la necessità di proteggerli e promuovono il loro benessere. Nel 1979, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che invitava i paesi membri a promuovere il benessere degli animali e a prevenire il loro maltrattamento. Nel 2015, l’ONU ha adottato gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, che includono l’obiettivo di “proteggere la vita marina e gli ecosistemi terrestri, compresi i diritti degli animali, e promuovere l’uso sostenibile delle risorse naturali”.

L’Unione Europea e i Paesi UE 

A livello europeo, l’Unione ha adottato diverse normative per la tutela degli animali, tra cui la Direttiva 2010/63 UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici e la Direttiva 98/58 CE sul benessere degli animali da allevamento.

Nel 1997, l’UE ha adottato la Dichiarazione di Amsterdam, che riconosceva il benessere degli animali come un obiettivo della Comunità Europea. Nel 2009, è poi entrato in vigore il Trattato di Lisbona, che stabilisce che gli animali sono esseri senzienti e che il loro benessere deve essere tenuto in considerazione in tutte le politiche dell’Unione Europea.

Nel Regno Unito, la legge Animal Welfare Act del 2006 rappresentò un ulteriore passo avanti per la protezione degli animali. La legge prevede sanzioni per chiunque causi sofferenza agli animali e stabilisce l’obbligo di fornire cure e alimentazione adeguata agli animali domestici. Inoltre, nel 2021 è stato presentato un disegno di legge denominato “Animal Welfare (Sentience) Bill” che mira a rafforzare la protezione degli animali riconoscendoli come esseri senzienti nella legge britannica. Questo progetto di legge prevede l’obbligo per il governo di considerare il benessere degli animali in tutte le decisioni politiche e di garantire che le leggi e le politiche siano conformi ai loro bisogni e interessi (per un approfondimento sul Piano d’Azione per il Benessere animale nel Regno Unito leggi qui).

Anche la Spagna, nel 2021 con una Legge che modifica il Codigo Civil, ha ripensato il regime giuridico degli animali, che passano dallo status giuridico di beni mobili a quello di “esseri senzienti” (per un approfondimento leggi qui).

I confini nazionali 

In Italia, il principale riferimento normativo è la Legge 14 agosto 1991, n. 281 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo), che prevede sanzioni per i maltrattamenti e le uccisioni degli animali. Successivamente, sono state introdotte altre leggi e normative a livello nazionale e regionale per regolamentare la gestione degli animali, il loro commercio e l’utilizzo in attività come la sperimentazione animale e l’agricoltura.

Un ruolo di grande rilievo nel nostro paese è stato svolto anche dall’ Ente Nazionale Protezione Animale (ENPA), oggi una Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale che già dal 1871 si concentra sulla protezione degli animali da affezione e da lavoro, e che negli ultimi decenni ha ampliato il suo campo d’azione anche alla salvaguardia delle specie animali in via d’estinzione.

Le ONG

Anche molte organizzazioni non governative hanno svolto un ruolo importante nella protezione degli animali. Una delle organizzazioni più famose è la Word Society for the Protection of Animals (WSPA), fondata nel 1951, che si impegnava a proteggere gli animali in tutto il mondo attraverso la promozione di leggi per il loro benessere e la prevenzione del loro maltrattamento. Nel 2014, la WSPA si è fusa con la Humane Society International, per formare una nuova organizzazione globale a salvaguardia della fauna selvatica. Altre importanti organizzazioni non governative sono la Animal Legal Defense Fund, e la World Animal Protection.

Negli ultimi anni, la tutela dei diritti degli animali è diventata un tema sempre più centrale nella società e nella politica, alcuni sostengono e incoraggiano l’abolizione della produzione intensiva di carne e l’adozione di stili di vita vegan o vegetariani. Inoltre, sono emersi nuovi movimenti che lottano per la liberazione animale, il che ci mette davanti al fatto compiuto che gli animali non sono più qualificabili solo in termini di proprietà umana, ma piuttosto come individui portatori diritti inalienabili.

In conclusione, notiamo un approdo fondamentale anche per quanto riguarda la terminologia, abbiamo iniziato questa analisi parlando di tutela, considerazione e rispetto degli animali per giungere poi a parlare di benessere e di promozione del benessere animale.

La normativa Italiana a tutela del benessere animale

In Italia ci sono diverse leggi e normative che tutelano il benessere degli animali e che riconoscono loro diritti specifici. Di seguito, alcune delle principali leggi nazionali a favore del benessere animale:

  • Legge 14 agosto 1991, n. 281 – La legge istituisce l’ente nazionale per la protezione degli animali (ENPA) e stabilisce le norme per la protezione degli animali d’affezione.
  • Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 146 – Relativamente all’attuazione della direttiva 98/58/CE riguardante la protezione degli animali negli allevamenti. Ad oggi, tuttavia, per quanto riguarda i ruminanti nello specifl’unica normativa presente è quella relativa ai vitelli.
  • Legge della Regione Lombardia 20 luglio 2006, n. 16 – In tema di “Lotta al randagismo e tutela degli animali di affezione” affermando che la Regione “[…] ne sancisce il diritto alla dignità di esseri viventi ed il rispetto delle loro esigenze fisiologiche ed etologiche […]”.
  • Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 26 – Il decreto recepisce la Direttiva Europea 2010/63 UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici e stabilisce le norme per la riduzione, la sostituzione e il raffinamento dell’uso degli animali nella sperimentazione.
  • Legge 28 dicembre 2015, n. 221 – Anche conosciuta come Legge sulla “Green Economy”, che ha modificato l’art. 514 c.p.c. prevedendo la assoluta impignorabilità degli animali di affezione o da compagnia tenuti presso la casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti, senza fini produttivi, alimentari o commerciali.
  • Legge Costituzionale 11 febbraio 2022 n. 1 La legge attribuisce alla Repubblica il compito di tutelare l’ambiente, la biodiversità, e gli ecosistemi. Prevedendo che lo Stato disciplini modi e forme di tutela degli animali.

Tutela Penale degli animali

Con la Legge 189/2004 è stato introdotto nel Codice Penale il Titolo IX bis, rubricato “dei delitti contro il sentimento per gli animali”. Si è trattato di una vera e propria rivoluzione legislativa dovuta prevalentemente al mutato tessuto socioculturale, che ha teso ad ampliare ed inasprire la disciplina relativa al maltrattamento degli animali in tutte le sue forme.

Prima di questa legge, l’unica norma del Codice penale, posta a tutela dell’incolumità psicofisica degli animali era l’art. 727, di matrice contravvenzionale, che, prima del 2004, puniva con la sola pena dell’ammenda il reato di abbandono e maltrattamento contro gli animali, generalmente intesi, senza che nessuna pena detentiva fosse prevista per l’autore del reato.

Per delitti contro il sentimento per gli animali s’intende il ‘sentimento’ delle persone verso gli animali. L’animale non è un ‘oggetto’ del reato né un bene patrimoniale ma un essere vivente dotato di una propria sensibilità psicofisica.

Passiamo all’esame di alcuni articoli che compongono il Titolo IX bis del Codice Penale.

L’art. 544-bis c.p. punisce chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale. La pena prevista è la detenzione da quattro mesi a due anni. La natura giuridica del reato lo qualifica come reato “comune” (può essere commesso da chiunque), e “a forma libera” (punito indipendentemente da come venga provocata la morte dell’animale).

Ciò che determina la punibilità è l’uccisione in sé, limitatamente ai casi in cui l’evento morte urti la sensibilità umana: non sarà quindi punibile, ad esempio, l’uccisione di animali destinati alla macellazione. Per essere considerata reato, quindi, l’uccisione dell’animale deve avvenire per crudeltà o senza necessità.

Il termine ‘necessità‘ comprende non solo lo stato di necessità contemplato nell’art. 54 c.p. ma qualsiasi altra circostanza che induca all’uccisione dell’animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l’aggravamento di un danno a sé o agli altri oppure ai propri beni, allorquando l’agente ritenga altrimenti inevitabile tale danno.

L’art. 544-ter c.p. punisce chiunque per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale, ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche, con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro.

L’art. 544-quater c.p. punisce organizzatori e promotori di spettacoli o manifestazioni vietati, mentre non è sanzionata la mera partecipazione a tali eventi illeciti. La nuova disciplina, quindi, da una parte inasprisce le pene per chiunque promuova, organizzi o diriga combattimenti e competizioni non autorizzate, mentre dall’altra, non punisce più la partecipazione ai combattimenti ed alle competizioni vietate, lasciando impunita una ben precisa categoria di soggetti, i quali alimentano, con la loro domanda, il mercato dei combattimenti e manifestazioni clandestine.

L’art. 544-quinquies c.p. punisce chi trasgredisce al divieto di combattimenti tra animali. Diversamente, sono lecite le competizioni potenzialmente pericolose per gli animali coinvolti, ma autorizzate e, quindi, configurate come attività legalmente consentite (es. corse ippiche o canine). Chiaramente è da escludersi a priori l’autorizzazione per i combattimenti.

Tuttavia la tutela penalistica garantita dal Titolo IX-bis è riferita agli animali da affezione, che solitamente sono: cani, gatti, uccelli e gli altri animali domestici che vengono allevati per scopi non commerciali. Attualmente, infatti, la tutela de quo non si estende anche agli animali da reddito, ovvero quelli che vengono allevati per produrre beni o servizi commerciali, che solitamente sono animali da fattoria come bovini, ovini, suini, e pollame.

A tal proposito è opportuno segnalare che in data 28 marzo 2023 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il Comunicato della Suprema Corte di Cassazione che annuncia una richiesta di referendum abrogativo. Il quesito formulato da 11 cittadini italiani regolarmente iscritti alle liste elettorali è il seguente:

«Volete voi che sia abrogata la Legge 20 luglio 2004, n.  189,”Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio”, limitatamente all’ art. 3, “Modifica alle disposizioni di coordinamento e transitorie del Codice penale”, comma 1, e, limitatamente al capo “art. 19-ter (Leggi speciali in materia di animali)” e limitatamente alle parole “di allevamento, di trasporto, di macellazione degli animali” e limitatamente alle parole “nonché dalle altre leggi speciali in materia di animali“?»

L’art. 19-ter, prevede che le disposizioni del Titolo IX-bis del libro II del codice penale (dei delitti contro il sentimento per gli animali) non si applicano ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia, di pesca, di allevamento, di trasporto, di macellazione degli animali, di sperimentazione scientifica sugli stessi, di attività circense, di giardini zoologici, nonché dalle altre leggi speciali.

Lo scopo della richiesta abrogativa è dunque quello di estendere la tutela penale prevista dal Titolo IX-bis anche ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di allevamento, di trasporto e di macellazione degli animali.

A nostro parere questa richiesta rappresenta un’ulteriore iniziativa di sensibilizzazione nell’apprestare agli animali, anche quelli utilizzati in termini commerciali e non meramente affettivi, una piena tutela penale, il che appare del tutto in linea con la recente riforma dell’art. 9 Cost. e con l’attuale tendenza ad ampliare il più possibile il campo applicativo di siffatte tutele.

Riforma della Costituzione: il riconoscimento di una soggettività attenuata

La recente riforma dell’art. 9 della Carta Costituzionale, intervenuta con la L. Cost. 11/02/2022 n. 1, che introduce il comma 3, attribuisce alla Repubblica il compito di tutelare l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche e soprattutto nell’interesse delle generazioni future. Viene previsto anche che la legge dello Stato disciplini i modi e le forme di tutela degli animali.

Già da una prima lettura del testo, sembrerebbero evidenti i limiti funzionali di una siffatta formulazione; infatti, diversamente da quanto previsto dall’originario Disegno di Legge Costituzionale n. 212, viene eliminata la qualificazione espressa degli animali in termini di “esseri senzienti”.

Questo approccio sembrerebbe svilire il significato intrinseco di una siffatta modifica costituzionale; ciononostante, a nostro parere, la riforma del 2022 rappresenta un indubbio e fondamentale passo in avanti, che ci pone perfettamente in linea con le esperienze di altri paesi dell’Unione europea (come Germania e Lussemburgo).

Questa considerazione si fonda sul presupposto incontestabile che la tutela degli animali viene inserita e menzionata nell’ambito dei principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale, viene quindi considerata un valore fondante giuridico ed etico del nostro vivere civile, la cui revisione può avvenire solo in termini migliorativi ed ampliativi.

Inoltre, il nuovo testo dell’art. 9, si conforma perfettamente al testo dell’art. 13 del TFUE, introdotto con il trattato di Lisbona, che impone agli Stati membri e all’Unione di tenere conto nell’ambito delle rispettive competenze del benessere degli animali, qualificandoli come “esseri senzienti”, sicché l’animale dovrà essere tutelato nella sua individualità, come titolare di specifici interessi. Appare dunque superata per sempre la concezione degli animali in termini di “cose”.

In ottica comparata è opportuno tenere in considerazione che nel panorama europeo:

  • La Svizzera è stato il primo Paese a riconoscere nel 1999, in Costituzione, la soggettività giuridica degli animali dedicando ben 3 articoli alla materia.
  • Anche la Germania presenta una tradizione consolidata nella direzione volta a riconoscere sia una soggettività giuridica agli animali che il loro essere titolari di diritti.

Tra gli altri Paesi che sanciscono, a livello costituzionale, la protezione degli animali troviamo:

  • la Slovenia con la Costituzione del 1991;
  • il Lussemburgo con la Costituzione del 2007;
  • l’Austria con la Costituzione del 2013;
  • e, se pur in maniera indiretta, il Portogallo, la cui Costituzione del 1976, all’art. 228, riconosce alle Regioni autonome insulari delle Azzorre e di Madeira competenza legislativa in materia di «sanità pubblica, animale e vegetale».

Anche in altre Carte fondamentali di taluni Paesi extraeuropei si riscontrano dei riferimenti normativi agli animali sebbene, il più delle volte, si tratti di norme giuridiche che li proteggono solo indirettamente:

  • Si pensi alla Costituzione Indiana, entrata in vigore nel 1950, che, dal 1974, statuisce che i cittadini hanno il dovere di «proteggere e migliorare l’ambiente naturale inclusi le foreste, i laghi, i fiumi e la vita selvatica e avere compassione per le creature viventi».
  • La Costituzione Brasiliana del 1988, che impone di «proteggere la fauna e la flora, essendo vietate, secondo la legge, le pratiche che mettono in pericolo le loro funzioni ecologiche, provocano l’estinzione della specie o sottopongono gli animali a crudeltà».
  • Consideriamo infine la Costituzione del Kenya del 1999 e la Costituzione della Nigeria del 1999, le quali prevedono la possibilità della requisizione forzata di beni qualora questi risultino nocivi per la salute degli esseri umani, degli animali e dei vegetali.

Tali norme, dalla forte connotazione programmatica, si avvicinano moltissimo alle previsioni Costituzionali Europee.

L’animale, essere senziente e soggetto di diritto: i presupposti culturali

Negli ultimi decenni, gli studi etologici, neurologici e comportamentali hanno dimostrato che gli animali sono esseri senzienti, ovvero capaci di provare emozioni, sensazioni e percezioni simili a quelle degli esseri umani. Questa scoperta ha portato a una maggiore consapevolezza riguardo ai diritti degli animali e alla necessità di proteggerli.

Gli animali sono in grado di percepire il dolore, la paura, la gioia, la tristezza e altre emozioni, e sono in grado di sviluppare relazioni sociali complesse tra loro e con gli esseri umani. Inoltre, sono in grado di apprendere e di rispondere ai segnali sociali e comunicativi, dimostrando capacità cognitiva e comunicativa (per un approfondimento sulle capacità cognitive dei bovini clicca qui).

Nel panorama attuale, la tradizionale concezione di benessere animale viene ulteriormente ampliata. Si parla sempre con maggiore cognizione  di “benessere positivo“. Se infatti il benessere animale è caratterizzato dalla riduzione al minimo delle esperienze negative come il caldo,  lo stress, l’angoscia e il dolore, il benessere positivo si riferisce alla creazione di condizioni che permettono agli animali di esprimere comportamenti naturali e di sperimentare emozioni positive. Questo approccio punta a migliorare la qualità della vita degli animali, non solo eliminando gli aspetti negativi della loro esistenza, ma anche fornendo loro opportunità per il piacere, la soddisfazione e l’espressione dei comportamenti sociali (per un approfondimento sul concetto di “benessere positivo” nell’allevamento clicca qui).

Il riconoscimento formale degli animali come esseri senzienti in molti paesi ha aperto la strada ad una serie di altre leggi che mirano a proteggerli dalla crudeltà e dalla negligenza degli esseri umani. Negli ultimi anni, ad esempio, molte nazioni hanno adottato leggi che proibiscono la vivisezione, la caccia e la pesca indiscriminata, e che proteggono gli animali dall’abuso ad opera degli esseri umani.

Anche la giurisprudenza ha svolto un ruolo importante nello sviluppo del diritto degli animali. Negli ultimi decenni, molti tribunali hanno cominciato a riconoscere gli animali come esseri senzienti e a proteggerli come tali. Ad esempio, nel 2002, un Tribunale tedesco ha deciso che una scimmia doveva essere liberata dal circo in cui era stata costretta a vivere, poiché era stato dimostrato che la scimmia aveva sofferto a causa delle sue condizioni di vita. Lo stesso anno, un Tribunale svizzero ha deciso che una donna doveva essere condannata per aver ucciso il suo cane, poiché l’uccisione dell’animale era avvenuta in modo crudele.

Inoltre, sempre più tribunali stanno riconoscendo il diritto degli animali ad una vita dignitosa, anche se questo diritto non è ancora formalmente riconosciuto dalla legge. Ad esempio, nel 2015, un Tribunale americano ha deciso che una scimmia, essendo riconosciuta come essere sensibile, aveva il diritto di essere liberata dal laboratorio in cui era stata costretta a vivere. Questa decisione ha aperto la strada ad una serie di altri casi in cui gli animali hanno ottenuto la libertà o la protezione da condizioni di vita inadeguate.

Il dibattito sull’animale soggetto di diritto sta assumendo sempre più importanza nella società contemporanea. L’idea di riconoscere gli animali come soggetti di diritto è basata su presupposti culturali che riflettono l’evoluzione del rapporto tra gli esseri umani e gli animali.

Ci sono diverse correnti culturali che sostengono il riconoscimento degli animali come soggetti di diritto. Alcune di queste si basano sulla teoria della protezione degli animali, ovvero del tutelarli dal dolore e dalla sofferenza a prescindere dal loro utilizzo, mentre altre si basano sulla teoria dei diritti degli animali, riconoscendoli come esseri senzienti da rispettare in quanto tali.

In ogni caso, la crescente consapevolezza sull’importanza degli animali nella nostra società sta portando sempre più persone a riconsiderare il modo in cui li trattiamo e a cercare soluzioni per garantire loro una maggiore protezione legale. Ci sono anche molte organizzazioni che lavorano per promuovere il riconoscimento degli animali come soggetti di diritto, attraverso campagne di sensibilizzazione e azioni legali.

Questo dibattito rappresenta una grande sfida per la società contemporanea, ma anche una grande opportunità per riconoscere la dignità e il valore degli animali e per costruire un mondo più equo e rispettoso verso tutte le forme di vita.

Considerazioni circa il riconoscimento della soggettività giuridica in capo all’animale

Il riconoscimento della soggettività giuridica in capo agli animali è un argomento dibattuto e controverso. Anche se potrebbe sembrare positivo per la protezione degli animali, ci sono diversi problemi che potrebbero sorgere se agli animali venisse attribuita soggettività giuridica.

  • In primo luogo, potrebbero esservi problemi di rappresentanza legale. Se, infatti, gli animali avessero piena soggettività giuridica, dovrebbero essere rappresentati da un procuratore o da un tutore legale. Tuttavia, non è chiaro chi sarebbe responsabile della rappresentanza legale degli animali, forse le associazioni animaliste, in ogni caso, ci sarebbero difficoltà pratiche anche nel garantire che gli interessi degli animali vengano adeguatamente rappresentati in tribunale.
  • In secondo luogo, il riconoscimento della soggettività giuridica degli animali potrebbe avere conseguenze negative sulle attività umane che coinvolgono animali, come l’agricoltura, la caccia e la pesca. Ad esempio, gli allevatori potrebbero essere costretti a garantire agli animali condizioni di vita eccessivamente costose e difficili da implementare, il che potrebbe portare ad un aumento dei costi dei prodotti alimentari per i consumatori. Inoltre, il divieto di avvalersi degli animali per la ricerca scientifica potrebbe ostacolare la ricerca medica e scientifica e il progresso tecnologico.
  • In terzo luogo, il riconoscimento della soggettività giuridica degli animali potrebbe anche avere conseguenze negative sulla salute e il benessere degli animali stessi. Ad esempio, gli animali potrebbero essere riluttanti a sottoporsi a cure mediche perché non vogliono essere separati dai loro proprietari o perché  semplicemente non comprendono il processo medico-sanitario. Ciò potrebbe portare a una riduzione della qualità delle cure mediche disponibili per gli animali e ad un aumento dei casi di malattie o lesioni non trattate.
  • Infine, il riconoscimento della soggettività giuridica degli animali potrebbe avere conseguenze negative sulla proprietà degli animali. Se gli animali avessero soggettività giuridica piena, potrebbe diventare più difficile per le persone possedere e controllare gli animali. Ad esempio, i proprietari di animali potrebbero essere costretti a garantire agli animali una serie di diritti che potrebbero impedire loro di utilizzare gli stessi come strumento di lavoro o come fonte di cibo.

In sintesi, il riconoscimento della soggettività giuridica degli animali è un argomento molto complesso, con implicazioni significative sulla società e sul mondo degli animali. Sebbene ci siano vantaggi potenziali per la protezione degli animali, ci sono anche molti problemi che devono essere affrontati e risolti prima di poter prendere in considerazione un cambiamento così radicale nella legge.

Uno sguardo al futuro del diritto animale

Il futuro del diritto degli animali dipenderà da molteplici fattori, tra cui l’evoluzione della sensibilità sociale, i cambiamenti nella legislazione, la tecnologia e la scienza.

Una questione che influirà sul futuro di questa materia è senz’altro l’evoluzione della tecnologia. Ad esempio, la crescente popolarità delle carni artificiali potrebbe portare a una maggiore attenzione per diritti degli animali e alla loro protezione.

Inoltre, gli sviluppi della scienza e della ricerca potrebbero portare a una maggiore comprensione del dolore e del benessere degli animali,  e di conseguenza  a una maggiore regolamentazione e protezione.

Infine, è importante considerare la sensibilità sociale e il cambiamento culturale. Molti paesi hanno già fatto passi avanti nella protezione degli animali, con leggi più rigorose contro la crudeltà verso gli animali, la caccia e la pesca sportiva. Tuttavia, ci sono ancora molte parti del mondo in cui gli animali (ma anche alcune categorie di persone) sono trattati in modo crudele e brutale.

In sintesi, il futuro del diritto degli animali dipenderà dalla volontà della classe politica, degli esperti del settore, ma anche delle persone comuni, di riconoscere e proteggerli come esseri sensibili e senzienti. Se tutti continueranno ad aumentare la loro sensibilità verso gli animali e a fare pressione per la protezione dei loro diritti, è possibile che il diritto degli animali diventi una branca sempre più importante e influente nel futuro.

Ci sono stati molti sviluppi significativi in questo campo, e ci sono alcune nuove tendenze e innovazioni che stanno emergendo:

Diritto degli animali: sempre più persone e organizzazioni stanno sostenendo l’idea che gli animali dovrebbero avere diritti legali e costituzionali (ci sono stati alcuni casi giudiziari in cui gli animali sono stati rappresentati da avvocati e difensori, e la loro voce è stata ascoltata in tribunale).

Animali domestici, membri della famiglia: sempre più persone vedono i propri animali domestici come membri della famiglia, piuttosto che come semplici animali da compagnia. Questo ha portato a una maggiore attenzione alla loro salute e al loro benessere, con un maggiore accesso a cure veterinarie avanzate e a una maggiore protezione legale contro il maltrattamento.

Prodotti cruelty-free: sempre più persone sono alla ricerca di prodotti cruelty-free, ovvero prodotti che non sono stati testati sugli animali. Ciò ha portato a una maggiore attenzione riguardo le pratiche delle aziende che producono prodotti cosmetici e di cura personale, e molte di queste stanno adottando politiche cruelty-free.

Alimentazione vegana e vegetariana: l’aumento dell’interesse per la tutela degli animali ha portato molte persone a scegliere di adottare una dieta vegana o vegetariana, che esclude completamente o parzialmente l’uso di prodotti animali. Questo ha portato a una maggiore attenzione alla produzione di alimenti vegetali e a un aumento dell’offerta di prodotti vegani.

Protezione degli animali selvatici: ci sono molte organizzazioni che si dedicano alla protezione degli animali selvatici, con particolare attenzione alla salvaguardia delle specie in pericolo. Ci sono molte iniziative per proteggere gli habitat naturali degli animali selvatici e per prevenire la caccia illegale e il commercio di animali.

Conclusioni

A questo punto, considerando quanto scritto finora, siamo a chiederci, perché gli Ordinamenti Giuridici dovrebbero riconoscere piena soggettività giuridica agli animali?

Secondo alcuni le ragioni devono essere ricercate nel fatto che gli studi dimostrano come gli animali hanno senzietà, intelligenza, doti proprie, bisogni affettivi e che sono in grado di provare emozioni. Quindi, appare pacifico che non ci sia più permesso di considerare gli animali quali meri beni mobili. Secondo altri l’attribuzione della soggettività animale realizzerebbe il principio di eguaglianza, divenendo così un paramento fondamentale per la determinazione della civiltà di una nazione. Abbiamo già visto come la non troppo sottile incapacità dell’uomo di riconoscere pari considerazione e valore alle altre specie, costituisce ad opinione di alcuni una forma di specismo (fenomeno assimilabile al razzismo e al sessismo).

La questione qui è dunque capire se la mutata concezione del rapporto uomo/animale sia di per sé sufficiente a considerare quest’ultimo al pari dell’uomo, quale soggetto di diritto. Allo stato attuale possiamo sostenere che il Legislatore Europeo e nazionale, e molto di più la Giurisprudenza, stanno svolgendo un ruolo efficacie e innovativo in subiecta materia.

Al di là delle diverse posizioni dottrinali che animano il dibattito in materia, deve darsi conto dell’attuale tendenza che vede un progressivo abbandono della dimensione esclusivamente antropocentrica e del contestuale riconoscimento di diritti in capo agli animali.

Da un punto di vista prettamente giuridico è indubbio che la legislazione e la giurisprudenza europea e extraeuropea abbiano determinato un innalzamento della soglia di tutela per gli animali; infatti, sempre più paesi, da ultimo l’Italia, prevedono una specifica tutela di tali “esseri viventi” nelle Carte costituzionali, ma anche e soprattutto nei Codici Civili, nei Codici Penali e nelle Leggi speciali.

Del resto anche gli orientamenti dottrinali in materia confermano l’insorgere di una rinnovata sensibilità nei riguardi dell’antichissima relazione che lega l’essere umano all’animale. Le riforme normative in materia di animali, realizzate da molti Paesi, confermano l’attuale e progressivo distacco degli animali dalla categoria delle cose, processo che per vero non può ritenersi ancora compiuto, poiché in molti ordinamenti la loro posizione continua ad essere disciplinata dal diritto di proprietà.

In ogni caso anche una revisione normativa in senso “animalista” non deve essere sopravvalutata, del resto la tanto attesa costituzionalizzazione della dignità animale, così come l’attribuzione di una soggettività giuridica a tali creature non necessariamente garantiranno una loro maggior tutela, in considerazione del fatto che nell’attuale panorama normativo la protezione dell’animale non viene attuata tanto tramite il riconoscimento di diritti in favore di quest’ultimo, quanto piuttosto attraverso l’imposizione di doveri e obblighi in capo agli esseri umani. In ragione di questo una parte della dottrina ritiene d’uopo che, invece di creare un sistema di diritti in favore degli animali, sarebbe più opportuno elaborare un insieme di norme di protezione riguardanti quest’ultimi, attraverso la previsione di doveri di protezione a carico dell’uomo.

Valutando anche possibili “effetti collaterali” derivanti dal riconoscimento di diritti in favore degli animali, dobbiamo considerare che un prevedibile aumento della loro considerazione e protezione, porterebbe anche ad una crescente individuazione di “doveri” a loro carico, doveri che finirebbero per ripercuotersi nella sfera giuridica dell’uomo. Il tema del benessere degli animali ci porta a chiederci se l’attribuzione di maggiori diritti agli animali si traduca inevitabilmente in un aumento dei doveri a carico dell’uomo stesso, e dunque se il tanto controverso rapporto uomo-animale, non finisca per tradursi, ancora una volta, in una relazione uomo-uomo.

In ogni caso al di là delle future strade che verranno percorse dal diritto degli animali, lo studio storico dell’evoluzione legislativa in tema di tutela degli esseri animali, e quello comparato, volto ad individuare le differenti soluzioni giuridiche messe in campo dai vari ordinamenti in materia, sono indispensabili per comprendere quale sia il livello di civiltà giuridica raggiunto dai vari paesi.

In conclusione, la tutela degli animali è una questione importante, aperta, dibattuta e in continua evoluzione che richiede il nostro impegno e la nostra attenzione. Siamo tutti responsabili del benessere degli animali e dobbiamo fare la nostra parte per proteggerli e garantire loro una vita dignitosa e rispettosa.