Nonostante l’importanza del tema, ad oggi sono disponibili poche informazioni sulla resistenza agli antibiotici negli allevamenti di bovini che praticano la linea vacca – vitello. In questo articolo presentiamo la sinossi di uno studio coordinato da Istituto Zooprofilattico Umbria e Marche e dal Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Torino, mirato a determinare la prevalenza e i fattori di rischio per gli organismi resistenti agli antibiotici in questo sistema di allevamento.

Non sempre problemi moderni richiedono soluzioni contemporanee: talvolta, la risposta può essere più antica della domanda stessa. Ne sono un esempio l’antibiotico resistenza (problema) e l’approccio One Health (soluzione): sebbene apparentemente entrambi costituiscano una (relativa) novità nel mondo scientifico, il secondo nasce in realtà molto prima, addirittura al tempo Grecia classica. Questo modello, infatti, ripercorrendo dogmi pronunciati dallo stesso Aristotele, riconosce lo stretto legame che vede intrecciarsi la salute umana, la salute animale e la salute dell’ecosistema che li accoglie. L’antibiotico resistenza (AR), invece, è una problematica di interesse decisamente più recente che sta ricevendo sempre più preoccupate attenzioni. Si definisce come “la capacità di un batterio di resistere all’azione di un farmaco antibiotico” (ISS); possono esistere diverse declinazioni di tale definizione: in questo contesto si intende un fenomeno di resistenza acquisito da parte di un batterio nei confronti di una o più molecole antibiotiche e potenzialmente trasmissibile a progenie o ad altre popolazioni batteriche anche di specie diversa. Le conseguenze interessano numerosi ambiti: dalla salute pubblica (ad oggi è riportata una stima di 33.000 morti l’anno nella sola Europa), all’economia (in tutte le sue forme: dal reddito del singolo allevatore alla contabilità nazionale), alle food health e food security, nonché al benessere animale.  Per contenere questo impatto, l’Europa ha lanciato un piano di azione finalizzato a fare dell’Unione un’area di eccellenza per il contrasto dell’antibiotico-resistenza. Il piano è basato su un approccio One Health e quindi articolato su misure da adottare nel settore umano, ambientale e veterinario.

Il principale ruolo degli animali domestici è quello di fungere da reservoir di microorganismi e/o geni antibiotico resistenti, con possibilità di trasmissione alla specie umana secondo diverse vie (alimentare, esposizione diretta o indiretta) e conseguenze per la nostra salute. Tra le misure adottate per contrastare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza nel settore veterinario, si ricordano l’introduzione della classificazione AMEG da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), attraverso la quale gli antibiotici sono stati divisi in 4 categorie (A Avoid, B Restrict, C Caution e D Prudence) sulla base della loro importanza nella terapia umana e del livello di rischio verso la salute pubblica conseguente all’uso veterinario e l’entrata in vigore del nuovo regolamento sul farmaco veterinario (Regolamento 2019/6). L’obiettivo è arrivare ad una riduzione del consumo di almeno il 50% degli antimicrobici nel settore degli animali da reddito e in acquacoltura entro il 2030.

In risposta alla problematica della AR, e alla conseguente pressione da parte della sanità pubblica e dei consumatori, alcune filiere produttive hanno già provveduto nel corso degli ultimi anni ad adottare piani di riduzione dell’utilizzo degli antimicrobici. Parallelamente si è assistito alla pubblicazione di studi volti a identificare i principali fattori di rischio legati alla AR, per identificare possibili misure per la riduzione del fenomeno. Questi interventi non hanno interessato però in modo omogeneo tutte le filiere produttive: la linea vacca vitello, motore della produzione di carne bovina nazionale, è stata ancora poco indagata.

La pubblicazione presa in esame si concentra sulla valutazione della prevalenza di AR in E. coli commensali e della prevalenza di E.coli produttori di beta-lattamasi a spettro esteso e AmpC (ESBL/AmpC-EC) in vitelli da carne nel centro Italia in allevamenti appartenenti alla linea vacca-vitello. La scelta della linea in questione risponde ad alcune esigenze: in primis, una mancanza di dati nella letteratura già evidenziata in precedenza; in secundis, nel pieno rispetto dell’approccio One Health, la volontà di studiare un sistema tipicamente percepito come più sano e rispettoso dell’ambiente e del benessere animale.

Lo studio trasversale ha coinvolto 54 allevamenti bovini appartenenti alla categoria con una numerosità di capi complessivamente compresa tra 51 e 501 animali. Il protocollo di campionamento è stato attuato all’interno di stalle che ospitavano vitelli con <60 giorni di età, ottenendo tre campioni fecali di stalla e un tampone ambientale. Contestualmente, è stata effettuata una raccolta dei dati aziendali e del consumo di antibiotici relativo all’anno precedente. I campioni sono poi stati analizzati per valutare la presenza in E. coli commensali di resistenze nei confronti di 9 classi di antibiotici: penicilline, cefalosporine di III generazione, amfenicoli, chinoloni, fluorchinoloni, aminoglicosidi, sulfonamidi, tetracicline e la combinazione di trimetoprim-sulfonamide. È stata inoltre effettuata una ricerca selettiva per E.coli produttori di beta-lattamasi a spettro esteso e AmpC (ESBL/AmpC-EC). Questi ultimi sono E. coli resistenti alle cefalosporine di III/IV generazione e rappresentano un rischio particolare per la salute umana. La presenza di E. coli antibiotico-resistenti (resistenti ad almeno una molecola tra quelle testate) è stata osservata in quasi 8 aziende su 10. In particolare, la resistenza verso tetracicline e quella nei confronti di sulfamidici è stata rilevata nella metà delle aziende campionate, mentre la resistenza verso ampicilline in circa quattro aziende su dieci. Si tratta di molecole storicamente utilizzate in medicina veterinaria, nei confronti delle quali la resistenza è particolarmente comune, come evidenziato dai risultati del piano di monitoraggio armonizzato sulla resistenza agli antimicrobici (AMR) condotto a livello nazionale ed europeo. Ugualmente frequente, ma più preoccupante, la resistenza nei confronti dei fluorchinoloni, considerati una classe di importanza critica e a più alta priorità da parte del WHO, e il cui uso in veterinaria dovrebbe essere riservato ai soli casi in cui non esistono molecole clinicamente efficaci tra quelle classificate come meno critiche per la salute umana. Inoltre, più di un terzo delle aziende erano positive per ESBL/AmpC-EC.

Le analisi hanno mostrato come le aziende con E. coli antibiotico-resistenti registrassero un consumo di antibiotici significativamente più alto rispetto alle aziende con E. coli sensibili; differenza osservata non solo nel consumo complessivo ma anche nel consumo per via parenterale, così come nell’impiego di fluorochinoloni e di beta-lattamici. In particolare, un consumo più elevato di beta-lattamici è stato identificato come un fattore di rischio per la presenza di E. coli commensali antibiotico-resistenti. D’altra parte, sono stati registrati consumi significativamente più alti di antibiotici iniettabili anche nelle aziende positive per ESBL/AmpC-EC rispetto a quelle negative. Inoltre, un consumo complessivo di antibiotici più elevato e una dimensione aziendale superiore a 100 capi sono stati entrambi identificati come fattori di rischio per la presenza di ESBL/AmpC-EC.

I risultati hanno quindi confermato l’ipotesi iniziale, e quindi il ruolo di reservoir di batteri antibiotico-resistenti da parte degli allevamenti appartenenti alla linea vacca-vitello. È stato inoltre dimostrato come questo rischio sia correlato alle dimensioni dell’allevamento e riducibile attraverso un uso razionale dell’antibiotico. In conclusione, l’antibiotico resistenza è un fenomeno multidimensionale, recentemente evidenziato dalla letteratura scientifica e dalle cronache internazionali, che sta rapidamente evolvendo: conoscerlo e prevenirlo, anche grazie alla visione a tutto tondo fornita dal One Health, è fondamentale per contenerne i potenziali catastrofici danni alla salute pubblica, alle spese sanitarie ed al patrimonio zootecnico.

Autori: Laura Ferroni, Elena diaz Vicuna, Claudio Forte, Chiara Francesca Magistrali

Il presente articolo è una sinossi dello studio: “Antibiotic consumption is a major driver of antibiotic resistance in calves raised on Italian cow-calf beef farms

https://doi.org/10.1016/j.rvsc.2022.01.010