Aromi dei formaggi

Nel 1944 le truppe alleate sbarcarono nel nord della Francia e si narra che in Normandia un reparto di soldati americani conquistò una fattoria dalle cui cantine emanava un odore giudicato di putrefazione, tanto sgradevole da indurli a intervenire con i lanciafiamme. I giovani americani, abituati al loro latte e a formaggi insapori, non sapevano di trovarsi in una delle più rinomate latterie che producevano il celebre formaggio Pont-l’évêque e non conoscevano il detto francese che il formaggio più puzza più è gustoso, che i formaggi più intensi a livello olfattivo sono anche quelli più saporiti e che la loro potenza aromatica risiede nella crosta. Nella classifica mondiale dei formaggi più profumati la Francia si è infatti aggiudicata i primi dieci posti e la Normandia è orgogliosamente rappresentata dal Pont-l’évêque e dal Livarot, rispettivamente al secondo e ottavo posto. Che l’uso dei lanciafiamme in una latteria francese sia veramente accaduto o sia una leggenda metropolitana, non toglie nulla al fatto che l’apprezzamento degli odori e aromi degli alimenti è soggettivo e che vi sia un apprezzamento sociale diverso da popolazione a popolazione, che cambia con il passare del tempo.

L’olfatto e la vista sono i primi sensi che guidano nella scelta e nella valutazione degli alimenti. Per questo motivo gli studi che mirano al riconoscimento dei meccanismi di formazione delle sostanze aromatizzanti volatili dei formaggi e alla determinazione della loro influenza sul gusto sono di grande importanza. Inoltre, i consumatori stanno diventando esigenti nella scelta dei formaggi basandosi sulla loro qualità, e soprattutto sul sapore e sulle caratteristiche aromatiche che sono rilevate prima e durante la masticazione e sono giudicate in base a precedenti esperienze che spesso partono dall’infanzia e dall’ambiente familiare. Per questo i giovani soldati americani giudicarono putrefatti i formaggi che i francesi ritenevano una prelibatezza.

Percezione degli aromi

L’odore è percepito nella parte anteriore del naso mentre è definita aroma ogni sostanza portatrice all’uomo di una sensazione nella parte posteriore del naso o retrolfattiva. L’odore è formato da un insieme assai complesso di sostanze e almeno quattrocentomila sono le diverse sfumature naturali, mentre si calcola che solo diecimila siano gli aromi che l’uomo riesce ad individuare, riconoscere e memorizzare, anche se il senso dell’olfatto è molto più sensibile di quello del gusto. Le molecole di sostanze aromatiche, per essere individuate dagli appositi recettori posti nella parte posteriore del naso, devono essere volatili. Si devono anche distinguere gli aromi naturalmente sviluppati dalle sostanze o prodotti prima che questi si trasformino in alimento (erbe, cipolla ecc.) da quelli generati dopo un intervento che ne modifica le caratteristiche (caffè, pane, formaggi ecc.).

Antropologia degli aromi

Studi antropologici hanno messo in evidenza come gli odori e gli aromi, che alla pari di tutte le altre percezioni sensoriali sono soggetti ad una classificazione di tipo culturale e non hanno quindi valore assoluto, sono anche elementi determinanti dell’identità o dell’alterità e una potente metafora per le distinzioni sociali. Ogni società inoltre conferisce agli odori e aromi una propria interpretazione. Nella società occidentale contemporanea è l’assenza di odori, derivata dall’asetticità e dai nuovi materiali, ad avere assunto una valenza positiva. Gli esseri umani hanno una comune base biologica di rilevazione delle molecole odorose ma interpretano gli odori secondo la propria sfera sensoriale e in relazione a classificazioni di ordine culturale. Ogni gruppo umano possiede e produce i propri aromi e in ogni cultura gli odori sono valutati mediante una scala che va dallo sgradevole al gradevole e classificati in base a determinati criteri non condivisi universalmente.

I composti aromatici hanno sempre avuto un ruolo rilevante nella vita umana e la loro importanza nella valutazione della qualità degli alimenti da parte dei consumatori è in costante crescita. Per questo di grande importanza sono gli studi sui meccanismi di formazione delle sostanze aromatizzanti volatili e sulla determinazione della loro influenza sul gusto e sulle proprietà olfattive dei prodotti alimentari. Come rilevano Manescu e coll. (Manescu S., Frasnelli J., Lepore F., Djordjevic J. – Now You Like Me, Now You Don’t: Impact of Labels on Odor Perception – Chem. Senses 39: 167–175, 2014), la percezione degli odori è influenzata dal modo in cui sono classificati, qualificati e etichettati, con importanti conseguenze sui comportamenti e sulla condizione psicofisica. Vi è inoltre una crescente consapevolezza che l’esperienza con gli odori possa influenzare fortemente la loro percezione. Gli odori infatti, con le loro diverse valenze, influiscono sull’umore e sul benessere in diversi modi. Gli odori piacevoli hanno un effetto positivo sul benessere in quanto elevano l’umore, riducono l’ansia e aumentano la calma, migliorando anche diverse prestazioni psicologiche, mentre gli odori sgradevoli peggiorano l’umore e aumentano l’ansia. Quelli classificati come ambigui hanno invece effetti che dipendono da come sono presentati e sono diversamente interpretati a seconda del contesto o dell’etichetta che gli viene assegnata.

Gli aromi percepiti in un formaggio sono la risultante di una complessa miscela di sostanze odorose volatili, composta a volte anche da migliaia di molecole diverse. E’ per questa ragione che risulta impossibile associare ad un particolare aroma una singola ed univoca sostanza. Il nostro naso, inteso come organo olfattivo, ci permette di captare ogni singolo odore, sia esso semplice o complesso, tuttavia la sua decodificazione sensoriale rimane celata nel nostro cervello sotto forma di rappresentazione cognitiva e racchiusa nei cassetti della memoria dai quali si estrarranno, attraverso il pensiero, le immagini di tutto ciò che la nostra mente ha immagazzinato sotto forma di ricordo.

Fermentazioni e aromi dei formaggi

Diversi formaggi tra i più graditi hanno un aroma o un odore ben marcato e ambiguo, nel senso che alcuni l’odiano e giudicano fastidioso, se non disgustoso, mentre altri l’amano fin quasi alla follia. Questi odori si generano durante il processo di produzione del formaggio e nel corso della stagionatura, durante la quale una serie di reazioni chimiche, promosse da enzimi specifici, producono molecole di acidi grassi che hanno grande importanza nel determinare la qualità del formaggio, il suo aroma e il suo odore. Un processo che molto probabilmente è nato per caso, ma che l’uomo ha saputo governare e selezionare. Oggi infatti la tecnica di produzione non è più affidata al caso, ma a ceppi diversi di tanti organismi che producono ognuno un proprio complesso di enzimi lipolitici. Questi enzimi, noti come lipasi, durante la stagionatura del formaggio agiscono sui grassi liberando molecole di acidi grassi contraddistinte da un forte odore tipico.

Nel corso della loro realizzazione e maturazione, nei formaggi avvengono grandi trasformazioni biologiche e chimiche che ne modificano le caratteristiche. Molti e diversificati tipi di microrganismi, e soprattutto batteri, trasformano i costituenti del latte e producono i cambiamenti d’aspetto, di texture e di aromi dei formaggi, in relazione alle condizioni di umidità e temperatura determinate dai parametri di fabbricazione e maturazione o affinamento. Le differenti flore batteriche presenti nel latte e i coagulanti producono e rilasciano numerosi enzimi che, trasformando le proteine, la materia grassa e gli zuccheri, aumentano il numero e la qualità dei composti aromatici. Alcuni di questi enzimi degradano le proteine (proteolisi) in peptidi, aminoacidi, alcoli, aldeidi, chetoni e amine, composti volatili precursori di aromi. Altri enzimi attivano il catabolismo dei grassi (lipolisi) producendo acidi grassi liberi, alcuni dei quali abbastanza volatili come ad esempio l’acido butirrico, caproico, caprilico e derivati da quest’ultimi, a loro volta precursori di aromi come i metilchetoni. Non meno importante è la degradazione del lattosio, lo zucchero del latte, dalla quale originano composti aromatici come l’acido lattico e l’acido piruvico. Le molecole derivate dalla degradazione enzimatica sono all’origine di fragranze più o meno desiderabili e per questo l’esperienza e la ricerca scientifica insegnano come condurre e sorvegliare le condizioni di maturazione ed affinamento dei formaggi e le complesse reazioni biochimiche al fine di ottenere risultati ottimali.

I microrganismi che durante la maturazione di taluni formaggi producono odori diversamente giudicati provengono dall’ambiente di cui fa parte anche il corpo umano che ospita un numero impressionante di microrganismi, valutato essere almeno dieci volte il numero delle cellule umane. Il numero dei microrganismi (microbiota) presenti sul corpo ed entro il corpo sfiora i diecimila miliardi e si stima che nei piedi vi siano circa dieci milioni di batteri per centimetro quadrato. Alcuni di questi batteri sono fondamentali per la salute, altri sono nocivi e molti producono sostanze con odore sgradito. Per esempio, il cattivo odore del sudore è causato da batteri della pelle, e in particolare da quelli del genere Corynebacterium, che si nutrono di lipidi e producono acido butirrico.

Nei lipidi non sottoposti all’azione delle lipasi, gli acidi grassi sono chimicamente legati alla glicerina e non possono raggiungere la mucosa olfattiva, ma una volta rotto questo legame chimico la volatilità degli acidi ne determina la diffusione ed è quindi responsabile dell’odore forte. Il Penicillium camemberti, per esempio, possiede una spiccata affinità per l’attacco dei trigliceridi e liquefa’ addirittura la parte del formaggio vicino alla crosta nel camembert maturo al punto giusto. I batteri del genere Brevibacterium producono metantiolo, principale responsabile dei piedi maleodoranti e a contribuire alla puzza dei piedi vi sono anche i Propionibacteria, che producono acido propionico dall’odore simile all’aceto, e lo Staphylococcus epidermidis, che produce acido isovalerico. La presenza di questi microrganismi nelle fermentazioni di taluni formaggi è all’origine di aromi se non uguali per lo meno simili a quelli dei piedi.

Sostanze aromatiche e origine dei formaggi

Molte sono le frazioni volatili aromatiche che si producono durante la maturazione dei formaggi e tra queste gli acidi acetico, butirrico, valerico, isovalerico, capronico, eptanoico e caprinico, e l’etanolo, propanolo, tananolo, pentanolo, dimetil disolfuro, dimetilsolfuro, disolfuro di carbonio, metional, 1-otten-3-on, 2-nonanon, eptanale, benzaldeide, 2,4-decadienale, 2-nonenale, nonanale, butirrato di etile e capronato di etile. Secondo Robert Gąsior (Gąsior R., Wojtycza K. – Sense of Smell and volatile aroma compounds and their role in the evaluation of the quality of products of animal origin – A review – Ann. Anim. Sci., Vol. 16, No. 1 (2016) 3–31), utilizzando tecniche cromatografiche avanzate è possibile determinare la specificità di un singolo tipo di formaggio, la sua origine e il metodo di produzione, individuando anche possibili adulterazioni.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.