I più importanti studi di natura scientifica sullo yogurt provengono dai paesi dell’Est, in particolare dallo Shanghai Institute of Technology (Chen Chen, Shanshan Zhao, Guangfei Hao, Haiyan Yu, Huaixiang Tian, and Guozhongn Zhao). Tali studi hanno riguardato gli aspetti sensoriali attraverso la scoperta dei composti che le fermentazioni possono produrre. I fattori più esaltanti riguardano le reazioni esplicate dalle capacità aromatizzanti dei batteri lattici preposti alla fermentazione lattica dello yogurt.

I caseifici che normalmente utilizzano fermenti selezionati, sanno che di norma i batteri lattici denotano caratteristiche omofermentanti, ovvero non producono gas, mentre alcuni batteri mesofili eterofermentanti sono definiti aromatizzanti. Questo ragionamento ci obbliga ad affermare che lo Streptococcus thermophilus e il Lactobacillus bulgaricus, essendo omofermentanti, non hanno caratteristiche aromatizzanti, ma proprio gli studi capeggiati da Chen Chen dimostrano il contrario. L’effetto delle fermentazioni di tali batteri lattici determina nello yogurt effetti aromatici rapidissimi, che in sole 24 ore raggiungono l’esaltazione massima sensoriale.

Già dai primi momenti, il latte in fermentazione è soggetto a modifiche chimiche importanti, la rapida scissione del lattosio ne è un esempio, come lo è la trasformazione del glucosio in acido lattico, tanto importante e determinante anche dal punto di vista nutraceutico in quanto rappresenta uno dei prodotti a minor contenuto di lattosio. Ma la vera trasformazione del latte, che spesso viene scambiata erroneamente per coagulazione lattica del formaggio, avviene una volta che il coagulo è ben costruito e che la maglia delle caseine, una sorta di precipitato, inizia lo spurgo in modo naturale. In questa fase ben visibile, solitamente il pH ha raggiunto il punto isoelettrico o poco meno (<4,60) e ha raggiunto caratteristiche olfattive molto percepibili.

A questo proposito, una delle “bellezze” della trasformazione del latte in yogurt è che è appare molto evidente la percezione olfattiva in ogni momento della curva acidimetrica, e il casaro attento può stimare il risultato con discreta approssimazione. Se si pensa a quel che accade in incubazione per merito dei batteri lattici non ci si capacita della loro incredibile forza nel trasformare un semplice latte in un prodotto dalle innumerevoli caratteristiche.

I composti aromatici che i batteri lattici sono in grado di produrre sono innumerevoli: aldeidi, chetoni, acidi, alcoli, esteri ed altri. Tra questi, è bene citarne alcuni che sono i precursori principali degli aromi dello yogurt che devono essere percepibili e ben riconoscibili. E’ bene però fare un breve dissertazione di natura organolettica. Oggi, vuoi per le abitudini alimentari, vuoi per l’appetibilità che le industrie produttrici ricercano, o anche per la dolcificazione del prodotto con zucchero o altre sostanze, lo yogurt si presenta con acidità percepibile, sia dal punto di vista olfattivo, che aromatico e del sapore, molto bassa.

E quindi il consumatore tende ad acquistare yogurt prevalentemente dolce anche se a basso contenuto di zucchero. Ciò è dimostrato dal fatto che tra le produzioni industriali lo yogurt naturale, bianco, è il meno ricercato. Sulla base di queste deduzioni i fornitori di fermenti lattici propongono al piccolo produttore selezioni capaci di concedere basse sensazioni di acidità, spesso a vantaggio di una maggiore viscosità della quale scriverò poi.

Lo yogurt è un latte acidificato, una cara amica ora non più con noi, la dottoressa Roberta Lodi, primo microbiologo del CNR di Milano, un giorno mi disse che lo yogurt per essere tale deve avere in sè una buona acidità e ben percepibile. Non feci fatica a concordare, e ora sono qui a dire che un buon yogurt deve poter essere prodotto da fermenti lattici capaci di produrre un buon livello di acido lattico ma soprattutto di acetaldeide, che porta al prodotto quella freschezza capace di concedere appetibilità oltre che piacevolezza. Oltre all’acetaldeide, i batteri lattici devono poter produrre diacetile, tanto conosciuto per le sensazione aromatiche del burro; acetone, che esprime la parte aromatica fruttata; così come il 2-butanone, che esprime anche dolcezza, e naturalmente tanti altri composti. E la dolcezza, intesa come sapore, deve comunque essere percepibile anche nello yogurt non dolcificato.

I composti prodotti dai batteri lattici non finiscono mai: sono infatti tante, davvero molte, le sensazioni che si possono percepire dall’assaggio dello yogurt, come il floreale, l’erbaceo e tanti altri. Le innumerevoli miscele di fermenti lattici a cui il casaro può accedere possono produrre risultati decisamente diversi in quanto l’origine del latte da cui sono stati isolati è diversa, e in particolare l’uso degli stessi va a determinare risultati aromatici diversificati anche in funzione del latte, soprattutto se non standardizzato, in cui sono innestati in caseificio.

L’aromaticità di uno yogurt non è esaustiva per il giudizio sul prodotto, ma lo è se analizzata assieme alle caratteristiche reologiche. Sotto questo aspetto lo yogurt ha davvero mille sfaccettature che sono anche in questo caso dipendenti dal latte utilizzato ma soprattutto, e ancora una volta, dai batteri lattici. Insomma questi batteri sono davvero complessi. Sempre nei piccoli caseifici c’è il desiderio di produrre yogurt cremoso, a volte esageratamente, e di questo, escludendo le azioni meccaniche e l’eventuale aggiunta di proteine che si possono effettuare, i batteri lattici sono i maggiori responsabili.

Sempre lo Streptococcus thermophilus e il Lactobacillus bulgaricus, naturalmente oltre agli aromi, possono essere produttori di esopolisaccaridi, che determinano un legame tra le cellule batteriche e il coagulo proteico, capace di conferire allo yogurt una consistenza cremosa e viscosa. Le miscele dei fermenti lattici spesso sono studiate appositamente per determinare più o meno viscosità a seconda delle esigenze del casaro.

Attenzione però che la viscosità non è sempre un pregio; al contrario, può determinare un grande difetto influendo sulla percezione di collosità, che solitamente definisco Vinavil, che è decisamente fastidiosa sia dal punto di vista visivo che tattile. Tutto ciò si traduce sul giudizio riguardante il prodotto finito. Stimoli olfattivi, aromatici, di gusto, alla pari dei giudizi sulla reologia del prodotto, al giudizio sulla sazietà/appetibilità, alle sensazioni trigeminali e naturalmente al giudizio complessivo, senza dimenticare che in fase di mantenimento possono avviarsi degenerazioni dovute a contaminazione anche esterna di euromiceti come le muffe e i lieviti.

In conclusione, lo yogurt è un prodotto tanto eccezionale quanto delicato, la cui produzione deve essere attentamente progettata, provata e riprovata, proprio come un consumatore deve fare per decidere a quale azienda produttrice dare la maggiore fiducia, anche se questo aspetto non dimostra certo la qualità del prodotto.

Per approfondire gli argomenti relativi allo yogurt e alle tecniche di produzione è disponibile anche il libro di Michele Grassi, “Lo Yogurt”.

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