Non è certamente una novità per gli scienziati, e soprattutto per gli antropologi, ma le nuove generazioni interessate al futuro non sanno che il passato è ancora presente e che alcuni decenni fa alcuni ricercatori ebbero l’avventura di cibarsi delle carni di un ruminante preistorico, per la precisione di un bisonte della steppa (Bison priscus), una specie estinta e vissuta nel Pleistocene medio/superiore e nella prima parte dell’Olocene, circa da 600.000 a 7.500 anni fa. Lo raccontano Mary Lee Guthrie nel libro Blue Babe: The Story of a Steppe Bison Mummy from Ice Age Alaska – White Mammoth Pubns, 1988 e Russell Dale Guthrie nell’altro libro Frozen fauna of the mammoth steppe: the story of Blue Babe – Chicago London, The university of Chicago Press, 1990.

Durante la ricerca dell’oro in Alaska, alla fine del secolo scorso i cercatori del prezioso metallo usano delle pistole ad acqua ad alta pressione per sciogliere il terreno congelato sperando di trovare dell’oro nella ghiaia sottostante, imbattendosi spesso in carcasse congelate di animali ai quali non fanno grande attenzione, limitandosi a spostarle. Nel luglio del 1979 un cercatore d’oro scopre due zampe di bisonte che escono dal fango e invece di trascurarle pensa di approfondire la ricerca e esamina meglio il reperto. Ciò che il cercatore scopre è quasi incredibile perché si tratta di un esemplare completo e perfettamente conservato di un bisonte delle steppe che viene così recuperato, consegnato e analizzato da Russel Dale Guthrie dell’Università dell’Alaska (Leggi anche “Bisonte, ruminante noto ma sconosciuto“).

Bisonte Babe Blu in mostra al Museo del Nord dell’Università dell’Alaska a Fairbanks.

L’esemplare di bisonte è chiamato Blue Babe, cioè Ragazza Blu, per la particolare lucentezza e il colore blu metallico della pelle che deriva dalla vivianite (idrofosfato bibasico di ferro o “ocra blu”) che si è formata sull’animale durante il lungo periodo nel quale il corpo è rimasto a contatto con il fango, almeno trentaseimila anni secondo una prima datazione al radiocarbonio. Una nuova ricerca mostra invece che Blue Babe ha almeno cinquantamila anni, secondo Josh Reuther, curatore di archeologia dell’Università dell’Alaska. Molti sono i dettagli ottenuti dalla ricerca scientifica eseguita sulla vita e la morte dell’animale, iniziando dal fatto che nonostante il nome che gli è stato dato si tratta di un maschio, come dimostrano le corna e i genitali. Il contenuto e i pollini contenuti nell’apparato digerente il Bison priscus indicano che questo animale è un brucatore selettivo in un ambiente dominato da arbusti e vegetazione forestale. Sul corpo sono trovati i segni di artigli e denti, e questo permette di stabilire che il bisonte ha subito l’attacco di un leone delle caverne americano (Leoatrox panthera). Morto presumibilmente durante l’autunno o l’inverno, forse durante una tempesta di neve e quando le temperature sono molto basse, la carcassa dell’animale non è mangiata da animali carnivori e si congela rapidamente in modo da conservarsi fino alla sua scoperta, divenendo di grande importanza per la conoscenza di questa specie di ruminante da lungo tempo estinta e della quale si avevano soltanto immagini come quella nella Grotta di Altamira in Spagna. Ora il bisonte Blue Babe è conservato in Alaska a Fairbanks nell’University of Alaska Museum of the North (Museo del Nord dell’Università dell’Alaska).

Sembra che Bison priscus, che un tempo era presente in America, in Asia Centrale e in Europa, sia l’antenato dei bisonti attuali e che abbia dato origine al bisonte europeo (Bison bonasus) attraverso una forma europea di dimensioni più ridotte (Bison priscus mediator), mentre la sottospecie gigante di Asia e Nordamericana (Bison priscus gigas) potrebbe essere all’origine del bisonte americano (Bison bison). La scoperta di esemplari di bisonte congelati o mummificati da migliaia di anni potrebbe ora aiutare gli scienziati a riportare in vita la specie grazie all’estrazione del loro DNA da usare in femmine di bisonti come madri surrogate per risuscitare una specie estinta.

La cosa più stupefacente avviene quando i ricercatori scoprono che Blue Babe è congelato così bene che la pelle, il grasso, il midollo osseo sono rimasti intatti, e che anche dopo trentamila o cinquantamila anni i tessuti muscolari hanno una consistenza non diversa da quelli di un manzo congelato. Allora si domandano: perché non provare se non a mangiare almeno assaggiare un poco di questa carne? In proposito non bisogna dimenticare che ai ricercatori è nota l’esistenza di russi che, avendo trovato nell’Estremo Nord della Siberia dei bisonti e dei mammut congelati, li hanno mangiati senza riportare alcun danno. Quando il tassidermista Eirik Granqvist termina la sua opera di conservazione di Blue Babe e il paleontologo finlandese specializzato nello studio dei vertebrati Björn Olof Lennartson Kurtén è presente, R. Dale Guthrie decide di organizzare una cena speciale nella quale assaggiare uno stufato preparato con un muscolo del collo del bisonte congelato preistorico, che allo scongelamento aveva emanato un inconfondibile aroma di manzo non sgradevole e accompagnato da un debole sentore di fungo della terra in cui è stato trovato. Russell Dale Guthrie è un cacciatore che non ha paura di una carne che ha migliaia di anni e che non ha timore di ammalarsi; lo stufato, preparato con una generosa quantità di aglio, cipolle, carote e patate e abbinato al vino diviene così oggetto di una cena con una carne preistorica che è gustata con piacere.

 

 

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.

Da solo ed in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti ed originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia ed in particolare all’antropologia alimentare e danche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e 50 libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.