Continuano le controversie sulla gestione delle misure di contenimento della brucellosi bufalina nella regione Campania. A tal proposito il 22 marzo scorso è stata presentata un’interrogazione parlamentare prioritaria con richiesta di risposta scritta alla Commissione europea da parte dell’europarlamentare Denis Nesci dal titolo: “Inefficacia delle misure di contenimento della brucellosi bufalina in Campania” che riportiamo testualmente:

Il programma di eradicazione della brucellosi nella regione Campania procede, ma la strategia regionale utilizzata per contenerne la diffusione risulta inefficace.

Infatti, la commissione per gli standard biologici dell’Organizzazione mondiale per la sanità animale (OIE) ritiene che il test sierologico utilizzato dalla Asl di Caserta si avvalga di una metodica ormai obsoleta e che, seguendo le norme europee, secondo le quali la conferma di diagnosi di una malattia si può dare solo quando viene isolato l’agente patogeno (art. 9 della Regolamento UE 689/2020), sia avventato considerare un intero allevamento infetto basandosi su prove indirette.

Pertanto, sulla base del principio di precauzione, si incorre in abbattimenti irragionevoli di bufale “sospettate” di avere contratto la malattia, incidendo negativamente su un tessuto economico assai provato, con allevatori che, quotidianamente, vivono con il rischio di vedersi azzerato il proprio patrimonio zootecnico.

Ciò premesso, può la Commissione rispondere ai seguenti quesiti:

1. Al fine di scongiurare la limitazione della pratica della vaccinazione, ritiene utile che i programmi di eradicazione prevedano una campagna di vaccinazione a tappeto in tutti gli allevamenti (non solo in quelli “ufficialmente indenni” come previsto nella regione Campania)?

2. Intende verificare se il programma della regione Campania sia conforme alle prescrizioni europee?

3. Onde evitare abbattimenti indiscriminati, non ritiene utile prevedere la possibilità di provare, successivamente al riscontro di positività, la veridicità degli esami attraverso una “controanalisi”?

La risposta è giunta in data 20 aprile da parte di Stella Kyriakides, Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare dal 1º dicembre 2019, ed evidenzia l’estraneità della Commissione ai piani regionali e locali:

L’elaborazione e l’attuazione dei programmi nazionali obbligatori di eradicazione della brucellosi, compresa l’integrazione di elementi specifici relativi alla vaccinazione, spettano alle autorità competenti degli Stati membri.

Il programma nazionale italiano è stato approvato con il regolamento di esecuzione (UE) 2022/214 della Commissione, a seguito di una valutazione approfondita da parte della Commissione e dopo averne verificato la conformità al regolamento delegato (UE) 2020/689 della Commissione. I piani regionali o locali (come quello della regione Campania) non sono specificamente valutati e approvati dalla Commissione, poiché devono operare nell’ambito e in linea con il programma nazionale italiano approvato. Ciononostante, tali piani possono essere adattati alle circostanze locali e pertanto possono variare per alcuni aspetti.

I metodi diagnostici prescritti da utilizzare nei programmi nazionali approvati sono stabiliti nell’allegato III, sezione 1, del regolamento delegato (UE) 2020/689. Spetta alle autorità nazionali decidere quali dei metodi diagnostici consentiti debbano essere utilizzati in circostanze specifiche, in base alle loro strategie. La Commissione fornisce assistenza tecnica specifica attraverso il laboratorio di riferimento dell’UE per la diagnostica e verifica la conformità alle prescrizioni dell’UE.

In base ai risultati dei metodi diagnostici prescritti conformemente al programma nazionale approvato, l’autorità competente classifica un animale o un gruppo di animali come casi sospetti o confermati di infezione da brucellosi, tenendo conto dei segni clinici, dei risultati post mortem o dei risultati istologici e delle connessioni epidemiologiche con un caso sospetto o confermato, come stabilito nell’articolo 9 del regolamento delegato (UE) 2020/689. Non sono necessarie ulteriori analisi.

Nel frattempo in Italia è stata richiesta alla IX Commissione del Senato un’indagine conoscitiva sulla situazione della bufala in Campania. Durante le audizioni sono intervenuti il Dott. Nicola D’Alterio, Direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico dell’Abruzzo e del Molise, e il dottor Giovanni Fabbris, Portavoce del Coordinamento unitario in difesa del patrimonio bufalino, ai quali i senatori NaveCantalamessaBergesio e il presidente De Carlo hanno presentato diversi quesiti.  

Il Dott. Nicola D’Alterio, Direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico dell’Abruzzo e del Molise ha iniziato il suo intervento illustrando il lavoro svolto dal suo Ente ed evidenziando che i dati della ricerca espletata indicano che la brucellosi bovina e ovicaprina, allo stato attuale, non è un problema per il Paese. Ovviamente lo potrebbe diventare perché la brucella si diffonde, ma ad oggi è un problema legato solo ad alcune zone della provincia di Caserta, dove sono stati individuati 7 comuni cluster di BB e BOC, (Castel Volturno, Casal di principe, Aversa, Cancello Arnone e altri 3). E’ passato poi ad esporre gli obiettivi del Piano in atto:

  • obiettivo generale è l’eradicazione della brucellosi e della tubercolosi bovina nelle Aree Cluster d’infezione e l’applicazione delle misure straordinarie che saranno in vigore per 6 anni e si applicheranno a partire dal 1° gennaio 2022 fino al 31 dicembre 2027.
  • L’obiettivo intermedio, specifico annuale da raggiungere nel corso del piano, è la diminuzione della prevalenza d’infezione del 50% rispetto all’anno precedente, a partire dalla prevalenza registrata sul sistema “rendicontazioni” al 31.12.21.
  • Obiettivo finale è dichiarare il territorio delle aree cluster d’infezione, indenne da BRC e da TBC, ai sensi della vigente normativa UE.

Per quel che riguarda le criticità e i fattori condizionanti, D’Alterio evidenzia i seguenti:

  • Cultura della biosicurezza ambientale, gestione canali di bonifica: i limitati interventi sui canali di scolo delle acque reflue determinano, soprattutto nei periodi caratterizzati da elevata piovosità, copiosi allagamenti con notevole aumento del rischio di diffusione degli agenti infettivi.
  • Carenze strutturali delle aziende zootecniche ed eccessiva concentrazione delle stesse: sono necessarie misure di sostegno in particolare alle aziende che a seguito di stamping-out intendono ripopolare.
  • Gestione dei ricorsi giudiziali proposti dagli allevatori di aziende infette: i provvedimenti sospensivi cautelari ottenuti dai tribunali amministrativi e dal Consiglio di Stato favoriscono la diffusione del patogeno nell’ambiente e rappresentano, di fatto, un elevato ischio di diffusione dell’infezione.

Aggiunge, inoltre, il dott. D’Alterio: “le norme applicate nel territorio UE hanno portato all’eradicazione della brucellosi in quasi tutti gli stati, sono rimaste solo queste zone cluster. Le politiche Ue hanno circoscritto questo problema quasi totalmente. Dobbiamo attenerci a quello che l’Unione europea impone, solo se c’è positività di due controlli si procede con l’abbattimento. L’attività dei servizi veterinari e delle aziende sanitarie locali nella lotta alla eradicazione è importantissima”.

A questo punto intervengono i senatori con alcuni quesiti:

Il Sen. Nave evidenzia che la gestione degli abbattimenti di massa dopo un solo controllo positivo, ha portato ad una diminuzione del patrimonio genetico della bufala campana, e poi ha chiesto chiarimenti sulla aumento della capacità infettiva nella bufala che sta per partorire.

Il Sen. Cantalamessa chiede perché l’originario piano di eradicazione non abbia funzionato completamente considerando che il problema si è per l’appunto ripresentato (vedi i recenti abbattimenti di massa 140 mila casi).  Quali sono stati i problemi e di chi è la responsabilità? Funziona il sistema delle vaccinazioni delle bufale? Il parlamento può fare interventi normativi per risolvere il problema o perlomeno contribuirvi?

Il Sen. De Carlo chiede come si spiega la diffusione della zoonosi a macchia di leopardo, ovvero perché si trova solo in determinate aree e non in tutta la Campania?

Il Dott. D’Alterio ha fornito le seguenti risposte: “la brucella è un batterio intracellulare e si diffonde solo nel momento del parto, quindi anche se non mostra i sintomi l’animale è infetto, se viene lasciato in allevamento e partorisce, il rischio di infezione è assicurato. Non è affatto vero che siano stati abbattuti animali sani, semplicemente non avevano i sintomi, ma erano infetti.  Gli abbattimenti non sono automatici, non si manda una bufala al mattatoio per un sospetto di brucellosi, vengono effettuati numerosi controlli prima di procedere. Il fenomeno della falsa positività è presente in diagnostica ma nel caso che ci occupa non si riscontra considerando che vengono svolte doppie analisi (un primo test molto sensibile, e un secondo test specifico) sui capi di bestiame. Il fenomeno si è ripresentato perché non è scattato un meccanismo culturale della biosicurezza, e dei controlli puntuali. Si tratta di una problematica gestionale e non medica.”

Per motivi di tempo l’audizione viene chiusa su queste parole e l’intervento del dottor Giovanni Fabbris, Portavoce del Coordinamento unitario in difesa del patrimonio bufalino, è stato rinviato al successivo 26 aprile.

Il dott. Fabbris nel corso della sua audizione chiarisce di non concordare con la posizione sostenuta dal Direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico dell’Abruzzo e del Molise, dott. D’Alterio, affermando però di aver avuto modo di dialogare con lui dietro le quinte della precedente audizione e di avere in programma un incontro con l’istituto. Continua esponendo le criticità legate all’eccessivo ricorso alla macchina giurisdizionale da parte degli operatori del settore zootecnico soprattutto a partire dal 2018, fenomeno che prima di allora non risulta altrettanto ricorrente. Sul finire del suo intervento, il dott. Fabbris invita tutte le forze politiche ad aprire, o meglio a riaprire, il dibattito che darà voce ai protagoniste delle decisioni e dei piani che verranno prese e intrapresi, così da addivenire ad una soluzione condivisa.

Aprite un tavolo e introducete un elemento di discontinuità rispetto al passato. Noi e gli allevatori attendiamo segnali chiari” conclude così il sui intervento il dott. Fabbris

Nel frattempo però le contestazioni da parte del Coordinamento unitario in difesa del patrimonio bufalino si sono inasprite e sono stati disposti 4 presìdi nel territorio casertano per chiedere alla Regione l’apertura di un tavolo di confronto presso la Prefettura di Caserta. Fabbris il giorno 2 maggio ha iniziato uno sciopero della fame ed il Coordinamento ha richiesto alla Regione dialogo e confronto fondato sulla trasparenza.

Nello stesso giorno sul sito del Senato è stato pubblicato un documento del Commissario straordinario per il superamento dell’emergenza connessa all’eradicazione delle malattie infettive delle specie bovina e bufalina in Regione Campania, generale Luigi Cortellessa, che ha ribadito la necessità di attuare all’interno delle aziende delle accortezze fondamentali quali: le misure di biosicurezza, la gestione degli effluenti, la collaborazione con le Asl ed ha ricordato il sostegno economico messo a disposizione dalla Regione Campania. Il generale ha risposto puntualmente alle questioni relative all’utilizzo del vaccino vivo attenuato RB51 e all’attendibilità degli esami indiretti che sono utilizzati dall’IZS di Portici. Ha poi concluso dichiarando che è in atto un monitoraggio per la valutazione degli esiti ottenuti dagli esami indiretti attraverso esami diretti, e che al momento i risultati sono in corso di refertazione da parte dell’I.Z.S. di Teramo ma che è possibile anticipare che non è stata riscontrata alcuna criticità di rilievo (documento completo QUI).

L’Assessore Caputo, dal canto suo, ha ribadito in un comunicato stampa (clicca QUI) del 4 maggio u.s. che la Regione Campania, insieme al generale Luigi Cortellessa e al capitano Michele Valentino Chiara, è stata e sempre sarà aperta al dialogo e all’ascolto per raccogliere tutte le istanze degli allevatori e, compatibilmente con i cogenti vincoli sanitari e normativi, per risolvere i decennali problemi della filiera bufalina.