Qualche giorno fa Ismea ha pubblicato il report “Tendenze e dinamiche recenti” sul settore della carne bovina. Un’analisi molto approfondita che parte dal contesto europeo per scendere nel dettaglio nazionale, valutando: andamento dei prezzi, commercio estero e preferenze dei consumatori, per fornire, infine, degli spunti sulle prospettive future. Di seguito vi raccontiamo le principali indicazioni emerse dai dati esaminati.
Cosa accade in Europa
Come prima cosa viene evidenziato che, i dati Eurostat, rilevano nel 2023 una riduzione nella produzione del 4%, confermando la tendenza negativa degli ultimi quattro anni. In termini di macellazioni, le flessioni più importanti si sono avute in Francia (-4,4%), Polonia (-4,8%) e Spagna (-5%), mentre esclusivamente nei Paesi Bassi si è registrato un incremento (+3,3%). Per quel che riguarda, invece, il numero di capi, l’Italia si posiziona al terzo posto, insieme alla Spagna, con l’11% del patrimonio bovino presente, ma dal punto di vista dell’autosufficienza interna la situazione è decisamente diversa, ed il tasso medio è stimato attorno al 40,3%. Sul fronte dei prezzi, il mercato europeo è attualmente ben orientato con un’inflazione più lenta che consente ai consumi di riprendere slancio, ma restano su livelli elevati grazie a un’offerta complessivamente limitata e esportazioni dinamiche verso paesi terzi.
Scenari nazionali
In Italia i primi sei mesi del 2024 sono stati caratterizzati da un aumento dei volumi prodotti del 9,4% rispetto allo stesso semestre 2023, superando le 308 mila tonnellate, nonostante l’autosufficienza, come sopra ricordato, sia scesa nel 2023 al 40,3% livello più basso degli ultimi dieci anni e si posizioni tra le più basse nell’UE. In termini di numero di capi, la BDN evidenzia, tra il 2019 e il 2023, una riduzione nel numero di allevamenti con “orientamento produttivo carne” di circa 15 mila unità, passando da circa 100 mila aziende a 85 mila, ed una contestuale contrazione del patrimonio di oltre 73.000 capi (-3% sul totale).
Andamento dei prezzi
Le elaborazioni evidenziano delle situazioni variabili per quel che riguarda i prezzi all’origine e i prezzi all’ingrosso. Quelli all’origine, nei primi 9 mesi del 2024, hanno mantenuto il trend positivo dell’anno precedente, come si evince, ad esempio, dal prezzo dei vitelloni da macello che ad agosto si è posizionato il 6% al di sopra di quello di agosto 2023, a differenza di quelle all’ingrosso che hanno subìto, invece, nel corso dell’estate un ripiegamento che le ha riportate sui livelli dei due anni precedenti. Anche le quotazioni medie all’origine per le vacche mostrano una dinamica gradualmente crescente da inizio anno, e si attestano, ad agosto, su livelli superiori del 6% rispetto a quelli di agosto 2023, presumibilmente favoriti dalla minore offerta legata alla ripresa del mercato del latte (e quindi dalla riduzione del numero di bovine riformate). Meno positivo il prezzo medio della carne di vitello sui mercati all’ingrosso, che perde invece costantemente posizioni già dalla scorsa estate, e nel mese di agosto si è attestato sui 6,8 €/kg, segnando su base annua una flessione del 5,5%.
Costi di produzione
Il rapporto tra gli indici dei prezzi e dei costi degli allevamenti nella prima metà del 2024 ha evidenziato miglioramenti. In merito ai costi di produzione va evidenziato che la flessione iniziata a fine estate 2023, dopo nove mesi di valori elevatissimi (tra 137 e 138 indice Ismea dei prezzi), è da attribuirsi esclusivamente alla contrazione dei costi di alimentazione. Infatti, mentre l’indice di costo dei ristalli – che rappresenta il 63% del costo di produzione – ha continuato a mantenersi elevato e con tendenza all’aumento (nel mese di luglio 2024 ha toccato i 130 punti, registrando su base annua un aumento di sette punti percentuali) l’indice dei costi dei mangimi, voce che contribuisce per il 24% dei costi totali, ha segnato una graduale ma evidente flessione, registrando a luglio 2024 un valore di 124 punti, contro i 144 di luglio 2023 e segnando così un ridimensionamento di ben 20 punti sul valore indice.
Commercio estero
Il quadro dei fornitori esteri di carni si presenta nel 2023 analogo a quello degli anni precedenti, con la Polonia principale partner, con il 22% dei volumi totali e un incremento del 23% rispetto al 2022; seguono Francia e Paesi Bassi (rispettivamente 15% e 13% la quota in volume) quasi allo stesso livello in termini di quota a Spagna (12%) e Germania (11%), per le quali i volumi crescono del 4% e del 34%. I livelli delle importazioni sono stati leggermente inferiori (-1,1%) rispetto a quelli dell’analogo periodo dello scorso anno. Più specificatamente, le carni fresche, che pesano per l’80% sull’import carni, sono in aumento del 2,4%, mentre le importazioni di carni bovine congelate, che pesano per il restante 18%, sono in flessione del 20% su base annua.
Per i bovini vivi, invece, la Francia continua ad essere quasi fornitore esclusivo con l’85% dei volumi totali e una evidente dinamica espansiva del 27% su base annua. La composizione degli arrivi dei capi da allevamento vede i broutards maschi oltre 300 Kg tornare a rappresentare oltre la metà dei capi, cui si aggiungono un 24% di manze; il restante 18% è rappresentato da capi più giovani. La spesa delle importazioni dei capi vivi dalla Francia risulta in crescita del 7,2% nei primi sei mesi del 2024, a seguito di un rialzo dei prezzi medi legato alle minori nascite, alla maggiore domanda interna francese di capi da ingrassare e alla preoccupante emergenza sanitaria legata alla comparsa in contemporanea di due malattie virali vettoriali: BTV (Blue Tongue) e MHE (Ma-lattia emorragica dei cervidi). A tal proposito, anche nel nostro Paese stiamo assistendo, in questi giorni, al dilagare della Blue Tongue (leggi anche “Blue Tongue: si impenna il numero di focolai in Italia, raggiunta quota 1560. Ecco la mappa aggiornata“) con conseguente blocco delle movimentazioni dei bovini da vita. Le importazioni dalle zone considerate infette della Francia sono concesse solo per capi vaccinati o negativi ai test, e tale situazione potrebbe impattare ulteriormente a breve sui prezzi. Si prevede, quindi, che resteranno alti i costi di produzione, in virtù dell’elevato livello dei prezzi dei capi da ristallo in ambito comunitario. Nel mese di agosto i prezzi dei vitelli da ristallo dopo una costante crescita dall’inizio dell’anno, si attestano già su livelli superiori a quelli di agosto 2023 del 7%, raggiungendo il livello più alto degli ultimi due anni.
Acquisti domestici
Dopo la lieve ripresa nel 2023 (+1,3%), la domanda tra le mura domestiche di carni bovine torna in terreno negativo nei primi otto mesi 2024, con una flessione dei volumi acquistati del 2,2% che si traduce in un -0,9% in termini di spesa. Questo quadro si trova in contrasto con la situazione generale dei prodotti di origine animale, che hanno registrato una graduale ripresa dei consumi nel quinquennio 2019/2023, come ad esempi le carni avicole (+14,6%), le uova (+6,4%) o i formaggi che sono cresciuti del 3,3%. Per quanto l’inflazione stia rallentando, l’elevato prezzo della carne bovina al consumo desta preoccupazioni soprattutto in considerazione del fatto che il potere di acquisto delle famiglie è molto compromesso in questo periodo storico. Questa considerazione risulta ancora più evidente se si analizza il dettaglio della tipologia di carne presente nel carrello degli italiani: 40% carni avicole, 29% bovine e 12% suine. Nei cinque anni esaminati, le carni avicole sono state quelle con l’incremento di prezzo più contenuto, a differenza di quelle bovine che hanno registrato un incremento complessivo del 20% in questo stesso arco temporale.
Ancora, il consumo di carne bovina tra il 2019 e il 2023 ha subito una lieve flessione (-0,4%) anche se nel 2023 si è avuto un lieve recupero (0,9%). A mostrare la maggior debolezza nelle scelte di acquisto sono soprattutto le famiglie con figli adolescenti, che riducono maggiormente i consumi nel corso del quinquennio (-15,4%) ma anche nell’ultimo anno (-9,4% tra il 2023 e il 2022). Aumentano invece nel 2023, i consumi delle famiglie con figli piccolissimi (+14% vs 2022) e quelli delle famiglie over 60, che sono quelli che sostengono oltre la metà degli acquisti in volume di carne bovina (57% di quota in volume).
Prospettive
Obiettivi primari per la filiera della carne bovina italiana restano sicuramente una maggiore autosufficienza produttiva sul fronte dei ristalli, ma anche una migliore riconoscibilità del prodotto di qualità e una maggiore aggregazione della filiera. La PAC e molte misure nazionali puntano già in questa direzione, ad esempio sostenendo l’aumento di allevamenti estensivi con linea vacca-vitello. Sul tema della capacità di trasmettere al consumatore finale il valore della “distintività” sono stati messi in campo negli ultimi mesi marchi di riconoscimento che certificano la qualità del processo produttivo e di conseguenza del prodotto finale (leggi anche “Carne da allevamento sostenibile: con il nuovo disciplinare SQNZ si può dichiarare in etichetta“). Una corretta informazione sul valore nutrizionale della carne e sui risultati raggiunti dalle filiere zootecniche in termini di sostenibilità e benessere animale possono spingere i consumi in un momento in cui i proteici sembrano riacquistare importanza all’interno delle diete. La divulgazione può rappresentare, infatti, uno tra i principali strumenti di rilancio per il comparto: documentare il valore nutrizionale della carne e i risultati importanti ottenuti dalle filiere zootecniche nel contenimento delle emissioni di gas metano, ridotte negli ultimi 50 anni del 40%, dei progressi realizzati sul piano etico dalle filiere in tema di benessere animale, della trasformazione degli scarti in risorse energetiche per la loro utilizzazione nella produzione di biogas e biometano. Per quanto riguarda il funzionamento di mercato, filiere complesse come quella delle carni bovine rendono evidente più di altre quanto siano oggi necessari gli strumenti e le azioni a favore della trasparenza di mercato.