C’è molto interesse nel mondo per le cultivated barn (stalle coltivate) per vari motivi. Il primo è una generica curiosità verso il nuovo. La seconda ragione è che molte stalle a cuccette stanno creando problemi sanitari e riproduttivi irrisolvibili alle bovine. C’è poi una fascia sempre crescente di consumatori che associa le strutture metalliche delle cuccette e degli autocatturanti a strutture coercitive per gli animali strumento del loro “sfruttamento” (allevamento in batteria).

E’ difficile datare e localizzare la nascita delle cultivated barns. Ha però sicuramente attirato l’attenzione la quasi totale trasformazione degli allevamenti israeliani dalle stalle a cuccette a questa innovativa tipologia. In Israele vengono allevate circa 100.000 vacche in poco meno di 1000 allevamenti e la produzione media è grosso modo di 120 quintali, cioè la più alta del mondo. Le motivazioni che hanno spinto a questa imponente riconversione delle stalle non sono state tanto di ordine etico quanto legate alla sostenibilità ambientale ed economica.

Le cultivated barn israeliane furono costruite per ridurre al minimo la produzione di liquame da smaltire nell’ambiente e per dare la massima igiene e comfort alle bovine, pre-requisiti per avere elevate produzioni e minori costi.

Per cultivated barn s’intendono stalle dove l’area di riposo è priva di cuccette, è di ampie dimensioni ed è riempita di soli liquami nel caso della variante compost barn, o di liquami con l’aggiunta di materiale organico come segatura, paglia macinata o fibra di cocco come avviene nella versione compost bedded pack barn.

Si chiamano cultivated barn, o stalle coltivate, perché le lettiere vengono arieggiate non meno di due volte al giorno da attrezzi tipo erpici. La movimentazione così ottenuta permette l’ingresso di aria, e quindi di ossigeno, nella lettiera e di conseguenza la fermentazione (aerobia). Queste lettiere si asciugano per evaporazione, come avviene quando di rimescola una massa umida per farla asciugare, per l’azione del calore generato dalla fermentazione ma soprattutto per l’esposizione all’aria che viene spesso movimentata con l’ausilio di ventilatori.

E’ l’ingresso dell’aria nella lettiera, e non il transitorio aumento della temperatura di fermentazione, che crea le condizioni affinché i batteri che temono l’ossigeno, come i Treponema della dermatite digitale e molti patogeni dell’utero e della mammella, muoiano o non possano crescere e riprodursi.

Queste lettiere si asciugano per evaporazione e non per percolamento, per cui il rispetto delle falde acquifere è pressoché totale. Il modello originale infatti non prevede alcuna forma d’isolamento della lettiera dal terreno con cemento o teli impermeabili, pratica costosa, ad alto impatto ambientale e totalmente inutile.

La versione originale delle cultivated barn sono le compost barn israeliane dove non viene aggiunta alla lettiera alcuna sostanza vegetale o additivo. Queste lettiere vengono lavorate due o tre volte al giorno quando le bovine sono in mungitura e l’asciugamento avviene naturalmente o con l’ausilio di appositi ventilatori. Questo tipo di stabulazione prevede che le bovine in lattazione abbiano a disposizione un minimo di 17 m2 /capo di lettiera abbinati a 3 m2 /capo di corsia di alimentazione in cemento, pulita con raschiatori o flushing, nella quale le bovine depongono più della metà delle feci e delle urine quando mangiano e bevono.

Per realizzare delle compost barn senza corsie d’alimentazione cementate, e quindi da cui non è necessario asportare liquame, bisogna raggiungere almeno 30 m2 e avere due corsie d’alimentazione esterne di lunghezza proporzionale al numero di bovine allevate in cui “governarle” alternativamente (vedi Foto 1.), un giorno da un lato e il giorno successivo dall’altro, per permettere alla corsia d’alimentazione piena di compost di asciugarsi.

Foto 1.

Negli USA invece si stanno diffondendo le compost beeded pack barn che prevedono, oltre alla lavorazione due o tre volte al giorno, l’aggiunta di materiale organico come segatura, paglia macinata o fibra di cocco per incentivare la fermentazione aerobia. In questo caso si prevedono per le bovine poco meno di 10 m2/capo di lettiera.

Le cultivated barn sono in genere molto alte per garantire la massima ventilazione naturale possibile, possono avere accessi esterni a circolazione libera e possono ospitare sale di mungitura o robot.

L’obiezione spesso sollevata contro le cultivated barn è che ci vuole un clima secco come quello israeliano per gestirle. Questa affermazione viene facilmente confutata dal fatto che in Isreale questa tipologia di stalle è presente anche nell’altopiano del Golan e che si stanno diffondendo anche in Olanda dove il clima non è davvero arido. La Foto 2 ritrae un allevamento di bovine ubicato in provincia di Bergamo che ha adottato il compost barn con corsie d’alimentazione.

Foto 2.

L’allevamento delle bovine da latte è stato accusato dalla comunità scientifica, dalla stampa e dall’opinione pubblica di essere la prima fonte di produzione dei gas serra e di inquinamento delle falde acquifere, e di essere un luogo dove le bovine soffrono e si consumano tanti antibiotici. In questo contesto due sono le reazioni possibili. La prima è quella dell’indignazione, del tanto passerà e delle azioni legali, ma la storia dovrebbe insegnare quanto queste reazioni siano inutili e controproducenti. La seconda è quella di trovare un equilibrio e un compromesso, nella convinzione che in questa particolare congiuntura storica gli interessi degli allevatori, delle bovine e dei consumatori coincidono e che benessere e sostenibilità, oltre ad essere un dovere per un popolo civile, sono anche una gigantesca opportunità economica.