La mastite rappresenta una delle maggiori perdite economiche nelle aziende da latte, incluse quelle bufaline. Oltre allo scarto del latte mastitico, infatti, bisogna considerare i costi legati ai trattamenti veterinari, alla riduzione della produzione dell’animale e, nei casi più gravi, alla sostituzione dello stesso. Per quanto riguarda il latte bovino, la maggior parte dei caseifici applica delle penalità per latti di massa che presentino livelli di cellule somatiche (SCC, cellule/mL) sopra a determinate soglie. Le SCC nel latte di massa infatti fungono comunemente da indicatore per monitorare la salute della mammella nella mandria e le condizioni igieniche della stalla. Ad oggi non sono presenti limitazioni legali o private per il livello di SCC nel latte di bufala in Italia, ma in un futuro non troppo lontano i maggiori caseifici potrebbero introdurre una riduzione del premio e/o applicare delle penalità per limitare il conferimento di latte anomalo, ovvero che presenta alterazioni dal punto di vista della coagulazione. Infatti, è stato dimostrato che in tutte le specie il latte con elevati livelli di SCC presenta un elevato pH, scarsa acidità titolabile, minor resa in formaggio e tempi di coagulazione prolungati.
Nella bufala da latte il livello di SCC definito fisiologico risulta essere inferiore rispetto alla bovina da latte, ma ancora oggi non esiste una soglia critica per definire la presenza di un’infezione e/o infiammazione della ghiandola mammaria in questa specie. Diversi autori riportano che mediamente un latte che presenta SCC > 200.000 cellule/mL tende a mostrare le caratteristiche del latte mastitico, ovvero presenza di floculi, separazione delle fasi, pH aumentato e coagulazione non normale. Di recente è stato condotto uno studio utilizzando 876.299 dati individuali di qualità latte raccolti nell’ambito dei controlli funzionali ufficiali delle aziende presenti nell’area di produzione della Mozzarella di Bufala Campana DOP (1). Dallo studio è emerso che il 15% delle primipare presentava un livello medio entro lattazione di SCC superiore a 300.000 cellule/mL, mentre la percentuale saliva a 28% se si considerava una media superiore a 200.0000 cellule/mL. La quota di animali con una media di SCC molto elevata (> 500.000 cellule/mL) era pari a 6% e 12% in bufale al primo e al sesto ordine di parto. Questo indicava che nella mandria, in media, circa 1 bufala su 10 tende a mostrare livelli di SCC molto elevati che tendono ad innalzare significativamente le SCC nel latte di massa. A livello di singolo animale, esiste una correlazione negativa tra SCC e produzione (kg/g) di latte prodotto, seppur debole (Figura 1); mentre la correlazione fra SCC e contenuto di lattosio (%) è negativa e si aggira intorno al -0.30. Il livello di SCC non sembra influenzare negativamente il contenuto di grasso e proteina (Figura 1); tuttavia, a causa di alterazioni osmotiche legate alla riduzione del contenuto di lattosio, la concentrazione nel latte di alcuni sali minerali (soprattutto il sodio) tende ad innalzarsi e ad alterare in maniera sfavorevole il pH.
Figura 1. Correlazione fra SCC e altri caratteri in bufala italiana (Adattato da: 1)
Questo spiega perché il latte mastitico presenta coagulazione anomala e quindi si consiglia di scartarlo piuttosto che diluirlo con il latte di massa normale. E’ stato inoltre dimostrato che più variano le SCC, più varia anche il contenuto di lattosio e quindi l’equilibrio osmotico del latte. All’aumentare del livello di SCC, mediamente in maniera lineare diminuisce il contenuto di lattosio e la produzione di latte (Figura 2), mentre grasso e proteina non mostrano una relazione lineare (1) probabilmente a causa di un effetto combinato di SCC e di diluizione. Le SCC quindi possono essere un valido indicatore sia per monitorare la salute della mammella sia per valutare preventivamente le proprietà tecnologiche di trasformazione del latte in entrata. Ad oggi esistono strumentazioni affidabili ed adottabili a livello industriale che consentono di determinare con precisione le SCC nel latte in tempi molto brevi. Questo può essere utile per indirizzare il latte in base alla propria composizione e proprietà alle migliori produzioni possibili. Indicativamente, un latte di massa con elevate SCC può essere lavorato e gestito opportunamente ed in maniera molto più efficiente. Basandosi sull’esperienza nella specie bovina, sarebbe utile calcolare degli indicatori a partire dalle informazioni ripetute di SCC disponibili per ogni animale con i controlli funzionali e/o rilevate nel latte in entrata al caseificio.
Figura 2. Andamento entro lattazione del contenuto solidi nel latte e produzione di latte nelle diverse classi di SCC, dove la classe 1 e la classe 5 rappresentano i livelli “basso” e “alto” rispettivamente (Adattato da: 1)
Dal punto di vista pratico, le SCC possono essere contenute adottando delle pratiche di mungitura adeguate. Tra queste troviamo il pre-dipping ed il post-dipping, ovvero una pulizia e disinfezione del capezzolo e dello sfintere del capezzolo prima e dopo la mungitura. Anche durante la mungitura possono essere adottate strategie per ridurre l’incidenza di mastiti nella mandria, come ad esempio evitare la sovramungitura optando più per l’utilizzo degli stacchi automatici del gruppo. Oltre a questo, una corretta gestione della lettiera e condizioni ambientali favorevoli riducono il rischio di contrarre patogeni potenzialmente pericolosi per la bufala. In letteratura sono disponibili molti studi che hanno analizzato ed individuato i principali patogeni responsabili dell’insorgenza di mastiti nella bufala da latte italiana (2, 3); tra questi, troviamo per lo più patogeni ambientali (Coliformi e Streptococcus uberis) e contagiosi (Streptococcus agalactiae e Staphylococcus aureus). I patogeni ambientali sono comunemente presenti nell’ambiente di stalla e vivono in equilibrio con altri batteri; tuttavia, in certe circostanze questi possono essere favoriti e prendere il sopravvento su altri batteri. Patogeni di questo tipo sono trasmissibili da un animale all’altro attraverso contatto diretto tra animali, lettiera, gruppi di mungitura non sanificati, mani degli operatori e altre superifici. I patogeni contagiosi invece si localizzano principalmente all’interno della ghiandola mammaria e non sopravvivono sulle superfici esterne a lungo; rispetto agli ambientali, questi sono meno resistenti ai germicidi e di solito causano mastiti croniche o subcliniche anziché infiammazioni acute. Diversi patogeni causano diversi pattern di SCC e quindi talvolta risulta difficile individuare la mastite a partire da un unico valore di SCC in un animale. Un gruppo di ricerca olandese ha dimostrato che nei bovini i coliformi causano picchi di SCC diversi rispetto a quelli causati da Staphylococcus aureus nel latte individuale (4); da quanto è emerso, risulterebbe quindi possibile riconoscere con una certa accuratezza il patogeno responsabile dell’infiammazione solamente tramite un’ispezione visiva dei valori di SCC di una vacca. Un parallelismo con la bufala ad oggi non è possibile in quanto non sono stati condotti studi su larga scala su questi aspetti; in particolare, bisognerebbe disporre di dati clinici rilevati da veterinari o da personale addestrato e di dati microbiologici per poter andare a fondo e derivare i pattern specifici di SCC tipici per ogni batterio. Sempre nella specie bovina, di recente è stato dimostrato che il livello medio di SCS nei primi 150 giorni di lattazione e la variabilità (deviazione standard) di tale carattere potrebbero essere utili a fini selettivi in ambito genetico, in quanto in grado di individuare i migliori animali (tori e vacche) dal punto di vista della resistenza alla mastite (5). Le SCC analizzate nel latte individuale nell’ambito dei controlli funzionali ufficiali restano ad oggi uno dei migliori strumenti disponibili nelle specie lattifere per l’individuazione di infiammazioni a livello mammario; questo consentirebbe di adottare strategie mirate e soluzioni volte a isolare ed eventualmente allontanare l’animale “problema”, di ridurre l’incidenza delle mastiti ed infine di ridurre i costi legati a questa patologia nelle aziende bufaline.
Infine, tenere sotto controllo la salute della mammella nella mandria attraverso un controllo frequente del livello di SCC nel latte di massa sarebbe raccomandabile per l’allevatore e per il caseificio, anche in previsione di futuri sviluppi nei sistemi di pagamento latte-qualità nell’ambito della Mozzarella di Bufala Campana DOP.
Autori
Angela Costa1, Giuseppe Campanile2, Massimo De Marchi1, Gianluca Neglia2
1 Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente, Università degli Studi di Padova, Legnaro (PD)
2 Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali, Università degli Studi di Napoli Federico II, Napoli (NA)
Bibliografia
- Costa A, Neglia G, Campanile G, De Marchi M & Penasa M 2020. Milk somatic cell count and its relationship with milk yield and quality traits in Italian water buffaloes. Journal of Dairy Science.
- Moroni P, Sgoifo Rossi C, Pisoni G, Bronzo V, Castiglioni B & Boettcher PJ 2006. Relationships between somatic cell count and intramammary infection in buffaloes. Journal of Dairy Science 89, 998-1003.
- International Dairy federation (IDF) 2008. IDF Bulletin 426/2008. Milking management of dairy buffaloes.
- De Haas Y 2003. Somatic cell count patterns. Improvement of udder health by genetics and management. Tesi di dottorato. Wageningen University, Olanda
- Bobbo T, Penasa M, Finocchiaro R, Visentin G & Cassandro M 2018. Alternative somatic cell count traits exploitable in genetic selection for mastitis resistance in Italian Holsteins. Journal of Dairy Science 101, 10001-10010.