Cervellata milanese 

Cervellata o cervellato è un antico salume milanese. Di fatto in dialetto milanese il cervellee è il nome del macellaio ma, quando il termine si diffonde in Italia e in Francia, arriva ad indicare i più diversi salumi. La cervellata che un tempo si produceva a Milano, oggi solo in provincia, è composta di carne e sangue rappreso di maiale con vari aromi e formaggio, adoperata come condimento specialmente nel risotto. 

Molto incerta è la derivazione del nome che sembra derivare dall’uso nell’impasto di cervello di maiale, ma anche dalla fine composizione dell’impasto simile a quella del cervello, oppure dall’impiego di zafferano che dà all’insaccato un colore giallo che ricorda quello del cervello. Alcuni ricordano che in francese cervelas sono le salsicce, ma è molto probabile che il termine francese sia di derivazione italiana. Cherubini nel suo Vocabolario milanese-italiano (1839) rammenta che “forse in antico usarono i nostri padri far entrare nei loro Cervellàa anche le cervella porcine, e di qui nacque il nome all’oggetto; ma in ogni caso convien dire o che appena ne li regalassero per ornato e bizzarria, giacché troppi maiali sarebbe stato necessario ammazzare per farne di proposito con poche e sì piccine cervella quegl’infiniti Cervellàa pei quali la cucina suol fare ricorso al pizzicagnolo, o pure che altre volte pochissimi ne usassero le cucine, cosicché in tutti quei pochissimi potesse l’esistenza delle cervella porcine giustificarne il nome”. 

Un carattere certo è che uno dei componenti della cervellata, accanto alle carni, frattaglie, grasso e spezie, è il formaggio.

 Il formaggio nelle cervellate 

Nel Rinascimento, il celebre cuoco Maestro Martino da Como (seconda metà del XV secolo) per la cervellata dà questa ricetta: prendere carne magra di maiale o vitello, batterla minutamente, aggiungere cascio (formaggio) stagionato e grasso, buone spezie, sale, 2 o 3 uova, zafferano secondo i gusti. Infine il tutto (deve essere) impastato e messo in un budello di maialeet falle longhe o curte come ti piace”. 

Vincenzo Corrado (1736 – 1836) esponente della cucina della nobiltà napoletana di fine Settecento, nel suo ricettario “Il Cuoco galante”, per la preparazione del cervellato alla milanese dà la seguente ricetta “Per due libbre di pancetta di porco ben triturata fuori della cotica e due midolla di manzo e cervella di porco vi si mettono due once e mezza tra cannella, noce moscata e garofani, una libbra di cacio Parmigiano grattato, quattro once di acqua garofanata con varie gocce d’olio di garofani e due once di sale. Tutto mescolato se n’empiano le budella, prima tinte in acqua di zafferano, e si conservino all’uso”. 

Giuseppe Sorbiatti ne “La Gastronomia Moderna” (2a ed. 1868) per fare il cervellato scrive quanto segue. “Prendete 4 chilogrammi di grasso purgato di porco e 2 di manzo, passatelo allo staccio e lasciatelo venire freddo. Aggiungetevi 130 grammi di sale, 15 grammi di drogheria, una mezza noce moscata grattugiata, 15 grammi di pepe in polvere e 280 grammi di formaggio fino di grana, amalgamate bene tutta questa composizione, riempite dei budelli di 25 millimetri di circonferenza, che avrete lavati bene e posti in fusione con un poco di vino bianco sciolto in un pizzico di zafferano onde far loro prendere il colore giallognolo, inversateli, asciugateli, tornate ad inversarli, riempiteli con la detta composizione, legateli, teneteli la lunghezza di 99 millimetri circa. Le famiglie casalinghe ne fanno molto uso per condizionare il risotto”. 

Giovanni Felice Luraschi, nel suo “Nuovo cuoco milanese economico” (3a ed. 1853, ristampato nel 2004 dall’editore Fratelli Frilli di Genova) prescrive: “Una libbra di panzetta di maiale fresco, altra libbra di midolla di manzo e grassa, tridato ben fino, unitevi un’oncia tra cannella, garofani e noce moscata in polvere e un’oncia di sale, mezza libbra di formaggio grattugiato, sbattete il tutto e riducetelo come una pasta, se sarà d’inverno unitevi un bicchiere d’acqua bollente sbattendolo ben assieme, pulite i budelli di bodeno, coloriteli con poco zafferano dandogli un bel color giallo all’esterno, empite i budelli di detta pasta passandola al cornisello, divideteli nella lunghezza di sei dita, tortigliateli e servitevene per le minestre”. 

Ancora oggi il formaggio è presente in alcuni salumi tradizionali come la Cervellata di Vogogna, comune piemontese al centro della Val d’Ossola, sorta di salame a base di midollo, zafferano, formaggio duro e sapori vari che serviva come base del risotto allo zafferano. La cervellata di Toritto, paese dell’entroterra barese ubicato nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia, è una salsiccia preparata scegliendo carni bovine e suine, sgrassate, tagliate a pezzi e successivamente tritate, poi condite con formaggio pecorino, sale e aromi naturali. 

 Cervellate di carne e formaggio, invenzione milanese 

Molti sono i salumi di diversa composizione e tipo, non ultimi quelli di pesce, ma pochi sono quelli che contengono anche formaggio, come la cervellata milanese. L’ipotesi migliore dello sposalizio tra carni e formaggio – e non abbiamo altro – è che il formaggio è aggiunto in parziale sostituzione di materia grassa e per avere un prodotto da utilizzare come condimento, come è appunto la preparazione di un risotto. Un’ipotesi che giustifica anche la frequente aggiunta di zafferano che sarebbe poco utile per un salume da consumare tal quale e non in cucina. 

Da non sottovalutare l’ipotesi che l’aggiunta di un formaggio stagionato all’insaccato favorisca lo sviluppo di fermentazioni utili alla sua maturazione e conservazione, ma soprattutto allo sviluppo di buoni sapori e aromi particolari. A questo proposito è da ricordare che Alexandre Dumas, autore de Le Grand Dictionnaire de Cuisine (1873), quando considera le Cervellate, anche quella di Milano, ne dà un giudizio negativo, ma le ricette che riporta non contengono formaggio! 

Il formaggio in un salume è anche espressione della grande fantasia italiana nel preparare conserve con ogni tipo di alimento trovando le associazioni migliori. 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.