Siamo ormai abituati alle ricorrenti tensioni del prezzo del latte alla stalla a volte aggravate dall’espressione minacciosa: “Il latte non ci serve perché ce né troppo”. Nei bovini succede in primavera, quando le produzioni sono molto elevate, mentre nei bufali avviene alla fine dell’estate quando i consumi di mozzarella scendono.
In queste ricorrenze si costituiscono, o almeno ci si prova, tavoli di confronto tra allevatori, industria di trasformazione e amministratori pubblici. Gli allevatori si presentano tramite le loro sigle sindacali o gruppi spontanei. Generalmente, o almeno fin ora, si conclude poco, almeno di strutturale, ad eccezione del fatto che a volte gli allevatori ottengono dei ristori economici.
D’altronde, fintanto che il latte e la carne continueranno ad essere di fatto delle commodity, ossia prodotti il cui prezzo lo fa il mercato (che a volte significa il rapporto tra domanda e offerta e altre speculazione), non c’è da meravigliarsi di questo andazzo. Visto che, nei decenni che io ricordo, “le crisi del latte” sono ricorrenti, e dall’andamento dei momenti di tensione anche prevedibili, ho maturato la convinzione che questo tran-tran fa comodo a tutti, altrimenti le soluzioni non sarebbero difficili da trovare.
Il 2 ottobre 2024 a Priverno (LT) un gruppo spontaneo di tecnici (agronomi e veterinari) ha organizzato un’assemblea pubblica aperta a tutti ma non sponsorizzata da nessuno, e con il solo patrocinio della Federazione Italiana Dottori in Scienze della Produzione Animale (FIDSPA). Questi colleghi mi hanno invitato in qualità di direttore di Ruminantia a moderare l’evento.
L’assemblea è stata aperta dall’intervento di Federica Onorati, allevatrice di bufale ed ex assessore regionale dell’agricoltura del Lazio, Gianluca Quadrini e Gianluca Panici, rispettivamente amministratori della provincia di Frosinone e del comune di Amaseno. Gli interventi dei tecnici Giulia Mallamace, Daniele Palazzo, Piero D’Achille, e Stefano Proietti hanno spaziato sui punti di forza e di debolezza della produzione primaria del latte, del Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana DOP, dei caseifici aziendali, artigianali e industriali e dell’attività di controllo pubblica di questa filiera.
Per chi di voi non conosce a fondo l’allevamento bufalino, alcuni numeri posso essere interessanti. Al 30 giugno 2024 la BDN riporta una popolazione di 312.237 capi adulti con un’età>24 mesi cresciuta del 12.5% negli ultimi 10 anni (30 giugno 2015), nonostante il numero capi abbattuti per brucellosi e tubercolosi che taluni quantificano in 100.000 capi. La mozzarella di bufala Campana DOP è stata, secondo quanto riportato dal Rapporto Ismea-Qualivita 2023, la quarta DOP italiana dei formaggi per volumi dopo il Grana Padano DOP, il Parmigiano Reggiano DOP e la Gorgonzola DOP, con 55.815 tonnellate prodotte. Circa il 33% del latte di bufala viene utilizzato per produrre mozzarella di bufala non DOP. I mesi dell’anno dove la produzione di mozzarella è più alta sono da marzo a settembre, periodo che sembra coincidere con i maggiori consumi. La bufala di razza mediterranea italiana è l’unica ammessa a produrre la DOP in un’area piuttosto vasta del centro sud Italia. Anche al nord ci sono molti allevamenti di bufala ma non possono produrre la DOP. Oltre ai consumi nazionali elevati, ma purtroppo stagionali, è interessante notare che l’esportazione verso l’estero coinvolge il 40% della produzione. Da un punto di vista fisiologico la bufala è un animale poliestrale stagionale, come del resto lo sono le pecore e le capre, mentre le bovine da latte sono poliestrali annuali. La differenza è che le bufale sono fertili alcuni mesi dell’anno mentre le bovine lo son sempre, per cui, se non ci sono interferenze gestionali, climatiche e nutrizionali negative, esse si possono ingravidare e partorire ogni mese dell’anno. Per far coincidere una produzione di latte bufala elevata con il momento in cui è alta la richiesta di mercato di mozzarella, esse devono essere naturalmente destagionalizzate attraverso una programmata immissione di tori oppure tramite le sincronizzazioni ormonali. A detta degli operatori, e in assenza di dati oggettivi, queste pratiche non sembrano ancora così diffuse.
Dall’assemblea pubblica di Priverno sono emerse molte croniche criticità, che bene non fanno a questa DOP così apprezzata in Italia e nel mondo. La prima, che accomuna buona parte della produzione primaria, è quella più difficile da comprendere, soprattutto per chi è dal fuori del mondo zootecnico, e riguarda il modo in cui trattare il prezzo o il valore del latte alla stalla se non si conoscono nei dettagli i costi di produzione.
Se uno non conosce il proprio punto di pareggio (break-even point) e quello medio degli allevatori simili a lui (benchmark), come fa a dare le informazioni corrette a chi ha delegato a trattare il prezzo di cessione del latte? Può essere di consolazione per gli allevatori di bufale che questo argomento tende ad essere glissato anche nelle filiere del latte bovino.
La seconda perplessità è relativa alla destagionalizzazione sia degli animali che dei consumi. Quanto tempo e risorse economiche e intellettuali sono state realmente investite per gestire la destagionalizzazione dei parti e per fare campagne di sensibilizzazione ai consumi della mozzarella di bufala anche in autunno e in inverno?
Sento da sempre gli allevatori mugugnare sull’onestà dei caseifici nell’utilizzare, per fare la DOP, solo latte di bufala proveniente dal comprensorio definito dal disciplinare. Viene, quindi, da chiedersi se la catena della tracciabilità, così come è attualmente strutturata, riesca a fornire le informazioni necessarie a capire l’andamento del mercato e formulare le opportune previsioni.
Conclusioni
Dall’assemblea di Priverno del 2 ottobre è nato il “Comitato Libero Allevatori in Difesa della Bufala” che riunisce quegli allevatori della provincia di Frosinone e di Latina che vogliono trovare delle risposte alle questioni sopra menzionate, e avanzano, alle istituzioni, delle proposte concrete per fronteggiare questa nuova crisi del comparto.
In particolare, sono tre le tipologie di azioni presentate, che il Comitato vorrebbe venissero condotte in parallelo, ovvero:
- prevedere, da parte della Regione Lazio, un indennizzo agli allevatori che decidano di intraprendere la strada della destagionalizzazione, con riduzione del sovraccarico di latte nel periodo invernale a favore del periodo estivo in cui c’è maggior richiesta.
- Revisionare il “decreto tracciabilità” (DM 9 settembre 2014) prevedendo per tutta la filiera, sia DOP che NON DOP, l’utilizzo del SIAN come unico portale di riferimento, al fine di disporre di un quadro completo ed esaustivo sulla produzione e trasformazione di latte e fare così le opportune valutazioni di mercato.
- Creare all’interno dello stesso portale SIAN una reportistica accessibile a tutti gli allevatori, che consenta di consultare i quantitativi di latte bufalino consegnato, trasformato e congelato, al fine di poter effettuare una programmazione a breve e medio termine.