Accesso civico della Coldiretti ai dati riguardanti a fini concorrenziali la produzione di latte

La Coldiretti è legittimata a proporre una domanda di accesso civico a documenti e ad informazioni riguardanti un mercato (nella specie, quello caseario) in cui essa rappresenta la maggioranza degli operatori economici perseguendone, per finalità statutaria, la tutela e lo sviluppo, e ciò in quanto la completa informazione dei consumatori (oltre a costituire un loro diritto sancito dal Codice del consumo) può favorire un corretto e regolato confronto concorrenziale, nonché un aumento dei consumi interni ed un ulteriore sviluppo di quel mercato, anche laddove dovesse tradursi in un danno per alcuni dei singoli operatori associati; è dunque illegittimo il diniego di accesso civico ai dati volti a verificare la corrispondenza e la non contraddittorietà fra le importazioni di latte e di prodotti a base di latte da parte dei singoli operatori nazionali, da un lato, e le indicazioni fornite al consumatore in etichetta a termini di legge circa l’origine delle materie prime utilizzate dall’altro (1).

(1) Ha premesso la Sezione che sia l’accesso documentale ex art. 22, l. n. 241 del 1990, sia l’accesso civico ex art. 5, d.lgs. n. 33 del 2013, hanno lo scopo di assicurare l’imparzialità e la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorire la partecipazione dei privati, ed entrambi gli istituti scontano talune limitazioni risultanti dalla ponderazione con altri interessi costituzionalmente rilevanti. Tuttavia nel primo caso il diritto di accesso è riconosciuto solamente al soggetto titolare di un interesse qualificato in relazione ad un procedimento amministrativo. Nel caso dell’accesso civico, viceversa, tale diritto è esteso a qualunque soggetto, singolo o associato, e non vi è la necessità di dimostrare un particolare interesse qualificato a richiedere gli atti o le informazioni, secondo il modello del Freedom of Information Act (FOIA), che trae ispirazione dalle esperienze storiche d’oltralpe e d’oltreoceano.

Il nuovo accesso civico risponde pienamente ai principi di trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa e di partecipazione diffusa dei cittadini alla gestione della “cosa pubblica” ai sensi degli artt. 1 e 2 Cost., nonché dell’art. 97 Cost., secondo il principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 Cost..

In particolare l’art. 118 Cost., nella sua vigente formulazione, al comma 1 prevede che “Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”, sancendo il principio di sussidiarietà c.d. “verticale”, volto ad avvicinare le competenze dei pubblici uffici ai cittadini e alle imprese e alle loro associazioni e, quindi, ai bisogni del territorio, secondo il modello di “Stato delle Autonomie” già delineato dall’art. 5 Cost.. Esso, al quarto ed ultimo comma, introduce, ed è la vera novità, anche il principio di sussidiarietà in senso c.d. “orizzontale”, sancendo che “Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarità”.

Il “nuovo” principio di sussidiarietà è, quindi, volto a favorire “l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati”, ovvero a favorire la partecipazione dei cittadini e delle formazioni sociali (imprenditoriali ed associative) nelle quali si svolge la loro personalità, ai sensi dell’art. 2 Cost., alla cura e al buon andamento della “Cosa pubblica” mediante “lo svolgimento di attività d’interesse generale”. In tal modo, viene riconosciuto in primis il valore del volontariato, che insieme alla cooperazione costituisce un patrimonio storico della nostra nazione (attualmente il “Terzo settore” annovera in Italia circa sette milioni di volontari impegnati a vario titolo, insieme a più di tremila associazioni e organizzazioni “no profit”, nell’assistenza ai più bisognosi e nella tutela della persona, dell’ambiente e della cultura, dando uno spontaneo adempimento ai “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” previsti dall’art. 2 Cost.). Al tradizionale modello solidaristico va progressivamente affiancandosi un nuovo modello di “cittadinanza attiva”, già patrimonio della lunga storia della democrazia in Europa e nei Paesi anglosassoni ma non estraneo alla storia Italiana, dai Comuni alle Repubbliche marinare, dalle Società di mutuo soccorso alle Cooperative di lavoro, dalle Signorie alle attuali “Misericordie” che affiancano i servizi sociali comunali. Tale nuovo modello è caratterizzato, alla stregua delle previsioni degli artt. 1, 2 e 118 Cost., dalla spontanea cooperazione dei cittadini con le Istituzioni pubbliche mediante la partecipazione alle decisioni e alle azioni che riguardano la cura dei beni comuni, anziché dei pur rispettabili interessi privati, e che quindi cospirano alla realizzazione dell’interesse generale della società assumendo a propria volta una valenza pubblicistica, nella consapevolezza che la partecipazione attiva dei cittadini alla vita collettiva può concorrere a migliorare la capacità delle istituzioni di dare risposte più efficaci ai bisogni delle persone e alla soddisfazione dei diritti sociali che la Costituzione riconosce e garantisce.

La disciplina nazionale del nuovo accesso civico, inquadrandosi in questo secondo modello, si pone in diretta attuazione delle previsioni costituzionali risultanti dalla riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, quale istituto strumentale volto ad assicurare le condizioni – ovvero la conoscibilità generalizzata degli atti e delle informazioni in possesso dell’Amministrazione – necessarie “al fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico” (art. 5, citato, sull’acceso civico) e quindi volte a favorire la “autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale” (art. 118 Cost., citato, che introduce il principio di sussidiarietà).

Ad avviso della Sezione il nuovo accesso civico, che attiene alla cura dei beni comuni a fini d’interesse generale, si affianca senza sovrapposizioni alle forme di pubblicazione on line del 2013 ed all’accesso agli atti amministrativi del 1990, consentendo, del tutto coerentemente con la ratio che lo ha ispira e che lo differenzia dall’accesso qualificato previsto dalla citata legge generale sul procedimento, l’accesso alla generalità degli atti e delle informazioni, senza onere di motivazione, a tutti i cittadini singoli ed associati, in guisa da far assurgere la trasparenza a condizione indispensabile per favorire il coinvolgimento dei cittadini nella cura della “cosa pubblica”, oltreché mezzo per contrastare ogni ipotesi di corruzione e per garantire l’imparzialità e il buon andamento dell’Amministrazione.

Nel caso all’esame della Sezione la Coldiretti aveva chiesto al Ministero della salute i dati per verificare la corrispondenza e la non contraddittorietà fra le importazioni di latte e di prodotti a base di latte da parte dei singoli operatori nazionali, da un lato, e le indicazioni fornite al consumatore in etichetta a termini di legge circa l’origine delle materie prime utilizzate dall’altro. Tali finalità corrispondono proprio a quelle forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e di partecipazione degli amministrati al dibattito pubblico, previste dalla nuova normativa del 2016 sull’accesso civico.

I dati e le informazioni richieste per conseguire la predetta finalità, ossia per ricostruire la filiera delle importazioni di ogni singolo produttore nazionale al fine di suscitare un controllo diffuso ed un dibattito circa la rispondenza fra etichette dei singoli prodotti offerti sul mercato e reali importazioni dei singoli produttori, non potrebbero essere raccolti dall’Associazione solo presso i propri iscritti (che costituiscono solo una parte degli operatori) né potrebbero essere sostituite dal proposto report periodico con dati aggregati.

Neppure gli obblighi d’informazione in etichetta già presenti per legge, sono, del resto, idonei a far venire meno l’interesse di Coldiretti all’accesso, atteso che l’Associazione persegue proprio la verifica della credibilità di quelle dichiarazioni riportate in etichetta.

Il richiesto accesso ai dati a disposizione dell’Amministrazione in relazione ai procedimenti amministrativi concernenti l’importazione di materie prime e semilavorati da parte dei singoli operatori, oltre a consentire una verifica circa la complessiva affidabilità del controllo pubblico in ordine al rispetto dell’obbligo degli stessi operatori di indicare in etichetta l’origine degli ingredienti di alcuni alimenti, consentirebbe di integrare la predetta forma di pubblicità quanto alla complessiva provenienza delle materie prime utilizzate per produrre in Italia gli ingredienti ed i semilavorati a propria volta utilizzati nei prodotti commercializzati dal medesimo operatore, ma non indicati, a termini di legge, in etichetta.

Pertanto, le informazioni richieste dalla Coldiretti al Ministero della salute, da un lato, integrano quelle oggetto di pubblicità obbligatoria ma non coincidono con esse e, dall’altro, non consentono di individuare alcun “abuso del diritto” d’informazione, in quanto rispondono alle dichiarate esigenze legate alla tutela dei consumatori e alla stessa ratio della rintracciabilità della filiera che motiva gli obblighi di etichettatura, operando quel “controllo diffuso sull’attività amministrativa” perseguito dalla nuova norma.

 

Cons. St., sez. III, 6 marzo 2019, n. 1546 – Pres. ff. Veltri, Est. Sestini

 

Fonte: Giustizia Amministrativa – Consiglio di Stato, Tribunali Amministrativi Regionali