La mastite è una malattia infettiva spesso difficile da diagnosticare, specialmente quando si presenta in forma sub-clinica. Ad oggi, sono stati evidenziati 135 diversi microrganismi associati a questa patologia.

Nella forma clinica si può vedere il latte alterato, il quarto o l’intera mammella calda e dolorante, ed a volte si può avere anche la febbre. Scovare le forme sub-cliniche è invece spesso molto difficile, a meno che non si abbiano sistemi automatici in sala mungitura che rilevano la conducibilità elettrica del latte, le cellule somatiche oppure l’enzima LDH. Prima della diffusione di questi sistemi in-line e real-time, si guardavano le cellule somatiche individuali misurate il giorno del controllo APA oppure, sulle vacche “sospette”, si utilizzava il CMT (California Mastitis Test). Seguire l’andamento delle cellule somatiche di massa è importante perché ci sono leggi e norme da rispettare e perchè il livello di CS influenza negativamente l’attitudine casearia del latte, ma ciò non aiuta certo a capire quali siano le bovine con le mammelle infiammate. Questo parametro è infatti solo un campanello d’allarme per la salute della mandria.

Oltre ad essere difficile diagnosticare una mastite, è altrettanto difficile capire se una mammella sia guarita. Il rischio di farlo con scarsa accuratezza e precisione è che l’infiammazione cronicizzi, ed una mastite cronica è di fatto inguaribile e comporta l’eliminazione precoce della bovina. Questa difficoltà diagnostica impedisce anche di capire se il trattamento utilizzato sia stato efficace. Questa criticità è molto grave, soprattutto quando si vuole ridurre all’indispensabile l’uso degli antibiotici, adottando magari rimedi alternativi. La riduzione dell’uso degli antibiotici, se non accompagnata da sistemi oggettivi di diagnosi della mastite, ha in sè il rischio di aumentare la prevalenza delle mastiti croniche, soprattutto quando si scelgono soluzioni alternative non farmacologiche di “non comprovata efficacia”.

Il latte di un quarto mammario non infiammato e privo di microrganismi patogeni ha meno di 100.000 cellule somatiche (CS) per millilitro. Per ragioni complesse da spiegare, si considera sana una mammella che ha meno di 200.000 CS/ml; valori superiori a questo indicano un’infiammazione e quindi una mastite.

Per diagnosticare precocemente una mastite, soprattutto sub-clinica, servono strumenti da utilizzare in stalla. Quelli ideali sono i sensori integrati nell’impianto di mungitura: Afimilk utilizza l’ampiamente collaudato metodo della conducibilità elettrica del latte come indicatore precoce d’infiammazione della mammella, Lely può montare sui robot di mungitura il sistema MQC-C, GEA ha il Dairy Milk M6850, mentre De Laval adotta sull’Herd Navigator la determinazione dell’enzima LDH ed in generale l’OCC, che quantifica direttamente il livello di cellule somatiche nel latte individuale durante le mungiture. Chi non possiede questi sensori può ricorrere al portatile DCC di De Laval oppure al CMT.

Nel CMT Score, con il valore N si intende un quarto mammario sano, ossia che ha un livello di cellule somatiche inferiore a 200.000 CS/ml.

Il problema delle mastiti bovine, sia cliniche che sub-cliniche, in Italia si è attenuato, ma non sufficientemente. Nell’articolo “Le mastiti in Italia: un problema tutt’altro che risolto” lo abbiamo dimostrato attraverso i dati. La terapia selettiva in asciutta e la campagna di dissuasione ad un utilizzo non razionali degli antibiotici nella gestione della mastite stanno riducendo l’attenzione degli allevatori verso questa patologia, soprattutto quando decorre in forma sub-clinica, e spingendo al ricorso a rimedi “naturali”, molti dei quali non sottoposti al metodo scientifico. Questa situazione ha l’intrinseco rischio dell’aumento dell’incidenza delle mastiti sub-cliniche croniche, ossia di bovine che producono costantemente un latte con un contenuto di cellule somatiche superiore alle 200.000 CS/ml.

Per affrontare razionalmente una riduzione all’indispensabile dell’uso degli antibiotici è necessario farsi affiancare da veterinari specialisti sull’argomento e dotare l’allevamento di sensori efficaci che permettano una diagnosi precoce di questa grave patologia.