Le esigenze alimentari dei periodi successivi alle due guerre del secolo scorso, caratterizzati da popolazioni affamate e impegnate nel recupero dai traumi provocati dai due conflitti mondiali, spingevano l’agricoltura dell’epoca a fare uso abbondante di fertilizzanti di origine chimica per “fecondare” il terreno. Da allora, le esigenze, così come la crescita demografica che ha subito l’Italia dalla fine del secondo conflitto in poi, sono cambiate, e sono anche migliorate le conoscenze tecnico-scientifiche, mettendo l’agricoltura di fronte a scenari diversi in fatto di fertilizzazione del suolo.

Oggigiorno i bisogni sono ancora gli stessi ma riportati su scala globale, con l’aggiunta della “grande sfida dell’Era Moderna”, cioè la diminuzione dell’impatto ambientale che le produzioni agricole esercitano sull’Ecosistema. I nuovi “fertilizzanti” dovranno pertanto avere un impatto il più basso possibile ed essere di origine naturale piuttosto che chimica.

In questo scenario fanno la comparsa i Biostimolanti, già citati dall’European Bioeconomy Alliance nel documento programmatico “The crucial role of the bioeconomy in achieving the UN Sustainable Development Goals” come mezzo per la lotta alla fame nel mondo in vista di uno sviluppo realmente sostenibile. Nel testo, per biostimolanti si intendevano sostanze e/o microrganismi in grado di migliorare l’efficienza degli elementi nutritivi contenuti nel suolo ma la definizione ufficialmente accettata in ambito scientifico fu quella fornita da Kauffman et al. indicando come Biostimolanti i “materiali diversi dai fertilizzanti che promuovono la crescita delle piante quando applicati in piccole quantità”, distinguendo tre categorie: Sostanze Umicheestratti di alghe e prodotti contenenti amminoacidi. 

Nel 2019 il Nuovo Regolamento Europeo sui fertilizzanti i “biostiomlanti delle piante” sono definiti come “prodotto che stimola i processi nutrizionali delle piante indipendentemente dal suo tenore di nutrienti, con l’unica finalità di migliorare una o più delle seguenti caratteristiche della pianta o della rizosfera della pianta: a) efficienza dell’uso dei nutrienti; b) tolleranza allo stress abiotico; c) caratteristiche qualitative; d) disponibilità di nutrienti confinati nel suolo o nella rizosfera”, indicandone due categorie: “biostimolanti microbici delle piante” e “biostimolanti non microbici delle piante”.

Aldilà comunque degli aspetti legislativi, l’utilizzo in campo dei biostimolanti sta dando grandi risultati performanti a vantaggio non solo della sostenibilità ambientale ma anche di quella economica, in quanto agendo sulla qualità attitudinale del suolo di stimolare appunto la crescita della pianta permette di abbattere molti costi in merito alla gestione e il controllo degli antagonisti patogeni, diminuendo così l’utilizzo di fitofarmaci di origine sintetica.

I prodotti oggi a disposizione sono molteplici e con un ampio spettro d’azione, ma vanno comunque calibrati e dosati a seconda del contesto in cui dovranno essere impiegati. A tale scopo è utile fare un parallelismo con la cosiddetta farmacia Galenica classica, cioè la preparazione di farmaci con elementi fitoterapici estratti da piante o parti di esse.

E’ dunque in questa ottica che assume fondamentale importanza la figura del Dottore Agronomo come “curatore di piante e del suolo” e quindi come esperto consulente per le aziende agricole che vogliono immettere sul mercato in maniera stabile le proprie produzioni agricole.

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