In questi ultimi mesi, i prezzi delle materie prime utilizzate per l’alimentazione dei ruminanti sono stati molto sostenuti, mettendo in difficoltà sia gli allevatori che i loro fornitori. Di tutti i nutrienti della razione, la proteina è quello che incide maggiormente sul costo di produzione; è quindi doveroso capire se la concentrazione proteica utilizzata sia stata scelta con criterio e ponderazione.

Eccessi e carenze di azoto, ed in particolare degli aminoacidi, nella dieta possono essere causa di insufficiente produzione di latte e di carne, e di problemi riproduttivi e sanitari anche molto gravi. Inoltre, una gestione non razionale della razione si ripercuote sull’ambiente.

Per approfondire, soprattutto da un punto di vista pratico, questo capitolo alquanto complesso della nutrizione animale, abbiamo voluto chiedere alle industrie della community di Ruminantia specializzate a vario titolo in questo settore un loro parere. Nei precedenti articoli di questa nuova serie di “Opinioni a confronto” abbiamo ospitato il punto di vista di Balchem, di Agroteam S.p.A.  e di Kemin Industries. Scopriamo ora l’opinione di Vetagro S.p.A..


L’opinione di Richard Paratte, Responsabile Servizio Tecnico Ruminanti Vetagro S.p.A.

Regolarmente ormai ci troviamo ad affrontare periodi di mercato caratterizzati da un aumento dei costi delle materie prime. Che siano la soia, i cereali, i grassi o le vitamine ad essere coinvolti poco importa: in un mercato ormai globalizzato, qualsiasi evento ha un impatto sull’economia del mondo intero e di conseguenza direttamente anche su quella dei nostri allevamenti. A questi periodi dobbiamo aggiungere il quotidiano confronto con il prezzo del latte alla stalla. In un modo o nell’altro, quindi, che siano coinvolti gli acquisti delle materie prime o il prezzo di vendita del nostro prodotto, veniamo posti di fronte alla spietata valutazione dell’efficienza economica delle nostre aziende di vacche da latte. Altri settori del comparto zootecnico, in particolare chi si occupa di ingrasso, sono già abituati a gestire una coperta “corta” per sopravvivere alle gelate del mercato, mentre una buona parte degli allevatori di vacche da latte tuttora fa fatica ad individuare i punti deboli della sua attività.

Il mercato sta attuando una spietata selezione naturale che garantirà nel breve termine la sopravvivenza solamente a chi sarà riuscito ad evolversi in un vero e proprio “manager” della produzione di latte, un imprenditore agricolo a tutti gli effetti. L’allevatore, come “classica” figura professionale, è destinato a scomparire: saper allevare con successo, infatti, non è più sufficiente. Per poter rimanere sul mercato, in un panorama condizionato dalla crisi climatica, dai gas serra e dai consumatori che sempre più guidano le scelte del nostro settore e dettano legge sulla “qualità” del prodotto, oltre ad avere ben presente l’efficienza economica della propria attività, bisogna considerare l’impatto ambientale e la sostenibilità della nostra produzione. Efficienza economica ed ambientale, quindi, per una produzione di latte sostenibile e proiettata al futuro.

Ancora una volta ci troviamo a parlare di efficienza, quell’elemento cardine che deve contraddistinguere ogni aspetto del processo produttivo. Come abbiamo già avuto modo di discutere nella nostra rubrica Nutrizione Funzionale & Nutrizione Clinica, ne consegue che allevare una vacca da latte in modo efficiente permette di ottenere un maggior ricavo al netto di minori sprechi, qualsiasi essi siano: materiali, energia, sforzi, denaro, o tempo, e in modo più sostenibile. Produrre in modo inefficiente, infatti, non è solo dannoso per l’ambiente ma lo è ancor prima per il nostro portafogli! Alimentare una vacca da latte con una dieta ad alto contenuto di proteina grezza, ad esempio, non è solamente un rischio ambientale per le eccessive escrezioni di azoto nelle deiezioni ma è soprattutto un’inutile perdita economica per l’allevatore che getta via buona parte della proteina acquistata, che “attraversa” la vacca senza essere trasformata in latte o carne.

Avere degli animali efficienti è, come ormai sappiamo, importante, ma lo è ancor di più in periodi critici come in presenza dell’aumento del costo delle materie prime o di prezzi del latte bassi. In momenti  difficili, come quelli attuali, si parla molto di ridurre i costi di razione, ed in particolare della proteina. Tuttavia, come già visto in precedenza (nell’articolo della nostra rubrica Le “produzioni animali” sono la causa di tutto), la riduzione dei costi di gestione non sempre è la scelta migliore se il “risparmio” comporta una ridotta efficienza produttiva. In particolare, questo è evidente se parliamo di ridurre i costi di alimentazione senza tener conto dell’apporto in proteina metabolizzabile. Ridurre il costo razione con un controllo accurato ed un corretto bilanciamento degli apporti amminoacidici è possibile, ma necessita di informazioni precise e strumenti quali i programmi dinamici di formulazione, se non si vuole andare incontro ad un “crollo” produttivo. Un apporto proteico di minor qualità, come spesso avviene in situazioni di costi elevati delle fonti proteiche, comporta una minor produzione per unità di sostanza secca ingerita ed al contempo un maggior impatto sull’ambiente. Senza contare le conseguenze a lungo termine come la ridotta performance riproduttiva.

La nutrizione di precisione e la validità dell’utilizzo di nutrienti protetti, come gli aminoacidi essenziali lisina e metionina, sono un dato di fatto. Il loro impiego permette di ottimizzare l’utilizzo dell’azoto e aumentare l’efficienza alimentare riducendo i costi di gestione. In un prossimo futuro, altri nutrienti entreranno nel panorama degli additivi rumino-protetti per la vacca da latte, come l’istidina o gli aminoacidi ramificati (leucina, isoleucina e valina). Studi recenti, infatti, confermano che l’utilizzo di questi aminoacidi permette di migliorare ulteriormente l’efficienza delle nostre vacche. Saremo quindi destinati a diventare dei farmacisti che col bilancino preparano la razione specifica per ogni singola vacca? Più verosimilmente, acquisiremo maggiori conoscenze e strumenti per far esprimere alle nostre vacche tutto il loro potenziale genetico in modo sempre più sostenibile.

Perché quindi aspettare di trovarsi con l’acqua alla gola? Perché già oggi non cambiamo il modo di gestire i nostri animali? È piuttosto radicato il concetto che l’utilizzo degli aminoacidi protetti e della nutrizione di precisione siano elementi fruibili solamente agli allevamenti che si possono definire “tecnologicamente evoluti”. Questo non è assolutamente vero. Aumentare l’efficienza produttiva ed economica degli animali è una cosa attuabile e che deve essere ricercata ad ogni livello produttivo. Considerando le conseguenze economiche, una piccola stalla, forse ancor più che una di grandi dimensioni, non può permettersi una ridotta efficienza ed un impatto ambientale elevato. Un ridotto numero dei capi permette infatti un maggior controllo degli animali, laddove in una grande stalla le vacche tendono a perdere la loro singolarità. Bisogna quindi abbandonare il concetto che gli aminoacidi protetti siano un additivo per “ricchi”: i buoni risultati economici e la sostenibilità ambientale valgono per tutti. Dopotutto, la fisiologia di una vacca da latte in una stalla piccola è la stessa di quella in una stalla grande! Perché allora permettersi di essere meno efficienti?

Da quarant’anni Vetagro propone ed utilizza con successo nutrienti microincapsulati e rumino-protetti in tutto il mondo. Ciò ha permesso di acquisire una vasta esperienza del loro utilizzo in una moltitudine di situazioni diverse, dall’utilizzo del pascolo in Cile e Nuova Zelanda alle stalle nel deserto dell’Arabia Saudita, dalle mega stalle in Cina e Stati Uniti alle piccole stalle del Parmigiano Reggiano o delle Alpi. Non vi è una situazione in cui l’utilizzo di nutrienti rumino-protetti, abbinati ad un’accurata gestione aziendale, non sia stato in grado di aumentare l’efficienza produttiva o riproduttiva della stalla.

È ormai inderogabile che, sia come allevatori ma anche come nutrizionisti, riprendiamo saldamente il ruolo di “alimentare” il pianeta in modo sostenibile e scientificamente avanzato per permettere nel breve periodo alle nostre attività di poter sopravvivere e nel lungo periodo di dare un futuro alle generazioni che verranno.