La produzione mondiale di latte per vacca raggiungerà nel 2050 tra 810 e quasi 1.000 Mt, implicando cambiamenti nella gestione tecnico-economica delle aziende zootecniche e nell’impatto ambientale. Britt et al. (2018) hanno previsto che la produzione media di latte negli Stati Uniti potrebbe raggiungere le 20 t/anno di latte per vacca già nel 2030. Gli stessi autori hanno anche dedotto che il miglioramento della produzione favorirà i solidi del latte annuali, le cui produzioni raddoppieranno in 50 anni. Questa tendenza è giustificata dal potenziale miglioramento dei trend genetici potenziati dalla selezione genomica; inoltre, la linearità dei trend non lascia intravedere ancora limiti biologici sugli aumenti per capo.

Le future aziende da latte dovranno diventare più smart, redditizie e ad alto rendimento, per migliorare continuamente la sostenibilità della produzione di latte. Assumendo un aumento medio costante della produzione di latte pari all’attuale tendenza fenotipica italiana (+128 kg per vacca e per anno), la produzione delle attuali vacche migliori (20 t/anno per vacca) potrà diventare il livello produttivo medio delle aziende intensive nel 2030 anche in Italia. Mantenendo le consegne di latte nazionali stabili (12,1 Mt come osservato nel 2018), il numero di vacche italiane potrà diminuire dagli attuali 1,7 milioni di capi a 1,4 milioni di capi nel 2030, proprio per il fatto che il livello medio di produzione di latte nazionale passerà da 7,1 a 8,7 t/anno per bovina.

Focalizzando le sfide a livello aziendale, potremmo immaginare che se le attuali 100 vacche italiane di punta, che producono 20 t/anno di latte, fossero tutte allevate nella stessa stalla potremo considerare le loro performance come quelle di una azienda media futura che dovrà affrontare le scelte necessarie per supportarne la gestione.

A tal fine, in questo articolo pubblicato sull’Italian Journal of Animal Science sono stati raccolti dal database dell’Associazione Italiana Allevatori (AIA, 2020) i dati produttivi di 400 lattazioni delle prime 100 vacche frisone italiane pluripare nel periodo 2014 – 2017. Si è osservato che gli animali potevano essere divisi in due gruppi di uguale numero: quelli con lattazioni standard (SL), ovvero 20000 kg di latte in 341 giorni, e quelli con lattazioni estese (EL), che hanno prodotto mediamente 25200 kg di latte in 480 giorni. Entrambi i gruppi produrrebbero circa 19000 kg in 305 giorni, di cui 6700 nei primi 100 giorni. La somiglianza della produzione cumulativa a 100 DIM tra i due gruppi riflette la pressione della selezione genetica sul livello di picco e sul contenuto di grasso e proteine degli ultimi decenni (Pretto et al., 2012). La maggior parte delle vacche erano in 4° lattazione con età al primo parto di 26 mesi. I dati hanno mostrato che le maggiori differenze fra EL e ST devono far riflettere sul fatto che i due gruppi con diversa lunghezza di lattazione richiedono strategie di gestione differenti per l’ottimizzazione tecnica ed economica della mandria. Innanzitutto, il gruppo EL rispetto alle vacche SL ha un intervallo maggiore dal parto alla prima inseminazione (+17 giorni, quasi un ciclo di estro), indicando la necessità di allungare il periodo parto-concepimento per risparmiare costi di riproduzione e permettere alle vacche di esprimere il potenziale della persistenza di lattazione (Manca et al., 2020). Considerando la lunghezza media della lattazione delle due classi (standard ed estesa), e un periodo minimo medio di 45 giorni di asciutta, i days open medi dovrebbero essere approssimativamente vicini a 100 e 200 DIM per le vacche con SL e EL, rispettivamente. Un esempio che fotografa anche il futuro allevamento intensivo, potrebbe essere la Ever Green View Farm gestita da Tom e Gin Kestell e Chris e Jennifer Kestell a Waldo (Wisconsin, USA), che nel 2019 è stata nominata dalla Holstein International’s come la più influente degli ultimi 25 anni. Nel 2018, la mandria era composta da 85 vacche munte 3 volte al giorno che avevano in media 248 giorni di lattazione. La produzione media è stata di 20.233 kg/a di latte per vacca, con il 3,88% di grasso, il 3,09% di proteine, 218 000 cellule somatiche per ml e 21,5 mg di valore di urea del latte/dl. La produzione media di latte all’inizio, a metà ed alla fine della lattazione è stata rispettivamente di 60, 73 e 57 kg/d per le primipare e di 73, 87 e 55 kg/d per le pluripare. L’efficienza alimentare era quasi pari a 2,0 kg di latte per kg di DMI (Woodford, 2018). Il parto concepimento di questa stalla era di circa 150 DIM, molto simile al valore medio di 153 giorni di days open osservati nelle stalle che allevano in Italia le vacche top 100.

Senza dubbio gli allevamenti ad alta produzione dovranno affrontare scelte gestionali impegnative: genetica, nutrizione, riproduzione e stabulazione sono gli aspetti più importanti a cui dare priorità (Britt et al., 2018). Bisogna sottolineare che le performances delle top 100 italiane sono raggiunte in stalle che hanno oggi una buona gestione ma sicuramente non sempre orientata a questi livelli produttivi. In particolare, si pone l’accento su come per mantenere certi livelli produttivi sulla media di stalla siano necessari particolari accorgimenti gestionali. Questi, oltre la necessità di modificare l’approccio nella gestione riproduttiva, includono sicuramente il supporto della genomica nella scelta dei tori e delle vacche inclusi nel miglioramento genetico della mandria, il miglioramento della qualità dei foraggi con l’inclusione di foraggi altamente ingeribili e digeribili a basso valore di NDF (38-40% della SS) e la differenziazione dei carboidrati amilacei per favorire le fermentazioni ruminali di tutte le frazioni alimentari. Le strutture di allevamento sicuramente devono fare riferimento a standard di elevato comfort per favorire il benessere fisiologico e psicologico degli animali, similmente a quanto indicato dai criteri costruttivi e gestionali della Stalla Etica®. Particolare attenzione deve essere data ai criteri di dimensionamento dei locali di stabulazione e alla gestione del microclima di stalla.

L’aumento produttivo è anche foriero della riduzione dell’impatto ambientale degli allevamenti. Si può stimare che mantenendo l’attuale produzione italiana di latte (pari a 12,1 Mt), la maggiore produzione di latte per capo calcolabile considerando i due probabili scenari (trend fenotipico attuale o 20t/anno per capo) potrebbe generare una riduzione dell’impatto ambientale dell’11,4% e del 60,1% per i GHG, del 9,1% e del 36,0% per l’N, del 15,8% e del 52,6% per il P rispettivamente. Come indicato nel lavoro, gli effetti degli aumenti di efficienza e del livello produttivo sono proporzionali anche ai benefici economici. Si può considerare che una riduzione delle emissioni si associa ad un aumento dell’indice Income over feed costs (IOFC) che diventa superiore a 1.500,00 €/mese per vacca presente in allevamenti con carbon footprint inferiore a 1,30 kg di CO2 equivalenti per kg di FPCM conferito.

In conclusione, gli allevamenti ad alta produttività costituiscono la via principale per soddisfare la crescente domanda di latte e prodotti caseari prevista per i prossimi decenni e rappresentano una valida soluzione per aumentare la sostenibilità ambientale e la redditività delle aziende da latte.

 

La presente nota è una sintesi del seguente articolo scientifico pubblicato sul Journal of Dairy Science dove è riportata tutta la letteratura citata: Pulina, G., Tondo, A., Danieli, P. P., Primi, R., Matteo Crovetto, G., Fantini, A., Macciotta, N. P. P., Atzori, A. S. (2020). How to manage cows yielding 20,000 kg of milk: technical challenges and environmental implications. Italian Journal of Animal Science, 19(1), 865–879. doi.org/10.1080/1828051X.2020.1805370

Autori

Alberto Stanislao Atzori, Giuseppe Conte, Fabio Correddu, Antonio Gallo, Sara Pegolo –  Gruppo Editoriale ASPA