Non solo l’alimentazione degli animali, ma anche le sostanze ambientali inalate possono lasciare tracce e aromi nel latte e nei formaggi. Lo ha dimostrato un recente studio dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro e della Libera Università di Bolzano.
La specificità o l’originalità dei formaggi a Denominazione di Origine Protetta europei è determinata, almeno in parte, dalle caratteristiche organolettiche del latte crudo utilizzato per la loro produzione. Queste, a loro volta, dipendono da diversi fattori, inclusa l’alimentazione degli animali in lattazione. Tuttavia, i meccanismi che collegano la dieta dell’animale alle proprietà sensoriali del suo latte e dei latticini non sono stati ancora del tutto chiariti, soprattutto per quanto riguarda l’aroma. Uno dei meccanismi proposti è il trasferimento diretto di alcune sostanze aromatiche dalle piante foraggere in cui sono contenute al latte degli animali che se ne nutrono e, infine, al formaggio prodotto da quel latte.
Tra le sostanza trasferite con questo meccanismo rientrano i terpeni (in particolare mono e sesquiterpeni), composti sintetizzati dalle piante foraggere come metaboliti secondari che rappresentano i principali componenti degli oli essenziali estratti da queste piante. La loro quantità nel foraggio è principalmente influenzata dalla composizione botanica dello stesso (i dicotiledoni in genere contengono significativamente più terpeni rispetto ai monocotiledoni; Cornu et al., 2001; Martin et al., 2005). Per questo motivo i terpeni sono utilizzati come marcatori di origine dei prodotti caseari, utili per l’autenticazione di latte e formaggi da pascolo, altro aspetto importante per la relazione tra le DOP e la loro area di produzione.
La convinzione che i terpeni alimentari possano svolgere un ruolo nella percezione complessiva dell’aroma del latte e del formaggio deriva dalle proprietà aromatiche ben riconosciute di questi composti. Tuttavia, poiché la loro attività olfattiva è relativamente bassa (forse più per i sesquiterpeni che per i monoterpeni), un contributo diretto dei terpeni all’aroma di latte e formaggio è solitamente distinguibile solo nei prodotti in cui la loro concentrazione è particolarmente elevata, come quelli derivati dalla biodiversità naturale e dai pascoli ricchi di dicotiledoni. Inoltre, esiste la possibilità che i terpeni alimentari contribuiscano alla formazione dell’aroma del latte e del formaggio indirettamente, in virtù della loro attività antimicrobica, che comporterebbe l’inibizione di alcuni batteri del latte o del formaggio responsabili della produzione di composti aromatici che si ritiene abbiano effetti negativi sull’aroma (ad esempio, alcuni composti dello zolfo di origine microbica come il dimetilsolfuro che di solito è responsabile del sapore sgradevole nei formaggi freschi). Pertanto, come previsto, la concentrazione dei terpeni sembra essere un determinante critico, ma non esclusivo, dell’effetto positivo complessivo potenzialmente esercitato dai terpeni alimentari (direttamente o indirettamente) sull’aroma del latte e dei prodotti lattiero-caseari.
Rimangono però da definire le concentrazioni di terpeni in grado di influenzare l’aroma ed è necessario comprendere meglio come fattori diversi dal livello di assunzione di terpeni con la dieta possono influenzare il passaggio e la permanenza di queste sostanze nel latte e nel formaggio.
Riguardo a quest’ultimo punto, la via di assunzione dei terpeni merita particolare attenzione perché influenza il percorso biologico lungo il quale avviene il trasferimento dei terpeni dal foraggio al latte e, di conseguenza, l’efficienza complessiva di tale trasferimento. Le attuali conoscenze sul tema sono limitate e indicano essenzialmente che l’assunzione di questi composti lipofili volatili avviene potenzialmente sia per ingestione (terpeni rilasciati dalle piante foraggere ingerite durante la digestione) che per inalazione (terpeni che si desorbono naturalmente dalle piante foraggere nell’aria circostante o veicolati dal rumine alle vie aeree tramite gas eruttati). Ciò implica che sia il tratto gastrointestinale che i polmoni sono possibili siti per l’ingresso dei terpeni nel flusso sanguigno (assorbimento) e la successiva distribuzione alla ghiandola mammaria.
Per approfondire le conoscenze relative a questi meccanismi un gruppo di ricercatori dell’Università di Bari Aldo Moro e della Libera Università di Bolzano ha condotto uno studio sperimentale, esplorando la possibilità che la quantità del monoterpene limonene trasferita al latte di pecora e al formaggio corrispondente potesse differire a seconda della via di assunzione e che anche il profilo aromatico di questi prodotti potesse differire di conseguenza.
Il limonene è stato scelto come composto di prova perché (1) è uno dei monoterpeni più diffusi nelle erbe e nel latte e nei prodotti lattiero-caseari dei ruminanti, e (2) sono disponibili dati sulla sua cinetica del sangue nelle pecore dopo somministrazione orale che potrebbero aiutare a interpretare i risultati.
A tal fine, 12 pecore da latte in lattazione sono state ripetutamente esposte al limonene per via orale o respiratoria durante un periodo di prova di 48 ore, secondo un disegno sperimentale quadrato latino 3 × 3. Il contenuto di limonene è stato misurato in campioni di latte individuale e di massa, in caciotte con 1 giorno di età e 15 giorni di età ottenute da quel latte, nel relativo siero e cagliata, e nell’aria inalata dalle pecore nel gruppo di trattamento delle vie respiratorie (per ottenere una stima della dose effettivamente erogata per questa via).
Il latte e il formaggio fresco (1 giorno di età) sono stati sottoposti ad analisi sensoriale mediante valutazione orto-olfattiva. Entrambe le vie di assunzione hanno dimostrato il trasferimento del limonene al latte, ma la via respiratoria ha trasferito il limonene con maggiore efficienza rispetto alla via orale. Inoltre, secondo il protocollo utilizzato in questo studio, un breve periodo di esposizione respiratoria ha indotto un contenuto di limonene leggermente superiore nel latte rispetto all’esposizione orale. Quanto al destino del limonene durante la caseificazione, una parte importante di esso è andata perduta nel siero, forse per volatilizzazione. Le differenze tra latte e formaggio tendevano a dissiparsi nella cagliata e nel formaggio fresco, e scomparivano completamente dopo 15 giorni di stagionatura.
Infine, è stato possibile distinguere tra le 2 vie di assunzione del limonene utilizzando l’analisi sensoriale, anche se non è stata identificata alcuna relazione diretta tra i diversi profili aromatici di latti e formaggi del gruppo “orale” e “respiratorio”, e il rispettivo contenuto di limonene. Nel complesso, i risultati ottenuti ampliano le attuali conoscenze sulle vie biologiche di trasferimento dei terpeni dall’alimentazione al latte di pecora e al formaggio, nonché sul ruolo svolto dai terpeni nella formazione dell’aroma in questi prodotti. Queste osservazioni possono contribuire allo sviluppo futuro di strategie per il controllo esterno e una migliore standardizzazione della presenza di composti aromatici nel latte e nel formaggio dei ruminanti da latte.
Tratto da: “Ingested versus inhaled limonene in sheep: A pilot study to explore potential different transfer to the mammary gland and effects on milk and Caciotta cheese aroma“, di M. Faccia, A. Maggiolino, G. Natrella, C. Zizzadoro, A. Mazzone, I. Poulopoulou, A. Bragaglio, e P. De Palo. J. Dairy Sci. 105 doi.org/10.3168/jds.2022-22016