Intesa Stato – Regioni per la compensazione degli aiuti comunitari con i debiti delle aziende per prelievi supplementari

L’intesa sancita in data 14 dicembre 2006 tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano in materia di compensazione degli aiuti comunitari con i debiti delle aziende per prelievi supplementari, previsti nel complesso sistema delle “quote latte”,  non viola il principio di legalità, potendo per sua natura indicare regole per omogeneizzare le scelte operative degli Enti territoriali, senza che le stesse debbano poi essere riversate in una fonte primaria (1).

(1) V. anche Cons. St., sez. II, 13 agosto 2019, n. 5708.

La Sezione ha affrontato il problema della legittimità dell’Intesa sancita tra Governo e Regioni per affrontare in maniera omogenea le criticità emerse in sede di riscossione coattiva del prelievo supplementare non versato, dopo l’attribuzione della relativa funzione a tali Enti territoriali attuata dalla l. 30 maggio 2003, n. 119, di conversione del d.l. 28 marzo 2003, n. 49.

Ha chiarito che l’Intesa costituisce la sede naturale nella quale trova espressione il principio di leale collaborazione richiamato dall’art. 120, comma 2, Cost. «in un sistema di più largo decentramento di funzioni quale quello delineato dalla riforma, la possibilità di tutelare, anche al di là degli specifici ambiti delle materie coinvolte e del riparto costituzionale delle attribuzioni amministrative, taluni interessi essenziali che il sistema costituzionale attribuisce alla responsabilità dello Stato e di altri interessi quali l’unità giuridica e l’unità economica della Repubblica, naturalmente facenti capo allo Stato, come ultimo responsabile del mantenimento della unità e indivisibilità della Repubblica garantita dall’art. 5 Cost.» (Corte cost. n. 43 del 2004). Essa pertanto non necessita di essere trasfusa in un atto normativo primario, avendo lo scopo di omogeneizzare le condotte gestionali per prioritarie esigenze di unitarietà, peraltro nel caso di specie sollevate dalle stesse Regioni.

La Sezione ha aggiunto che la legittimità dell’Intesa non si pone neppure in contrasto con la normativa primaria, che vieta la compensazione dei crediti non pignorabili (combinato disposto degli artt. 1246 c.c., comma 1, n. 3, c.c. e 2, d.P.R. n. 727 del 1974), in quanto deriva la sua legittimazione dal primariato del diritto europeo: nell’ambito del rapporto unitario in materia di politica agricola comune (Pac) l’individuazione di qualsivoglia metodica funzionale ad ottimizzare l’attuazione delle misure adottate allo scopo, tra le quali va sicuramente ricompreso il complesso regime delle quote latte, è legittima ed auspicabile. Ciò in quanto l’art. 17 del Reg. 595/2004/CE pone a carico dei singoli Stati membri il dovere di adottare «tutte le misure necessarie affinché l’imposizione del prelievo venga effettuata correttamente e si ripercuota sui produttori che hanno contribuito al superamento». La compensazione che si colloca in tale rapporto unitario, può definirsi “impropria” e si caratterizza come mera partita contabile fra voci di dare e avere tra gli stessi soggetti.

Ha infine ricordato la Sezione che la possibilità di estinguere il debito da prelievo supplementare non versato, che precede la fase della riscossione affidata alle Regioni dalla l. n. 119 del 2003 solo a far data dall’annata lattiera 2003-2004, mediante compensazione con aiuti sia nazionali che comunitari, tuttavia, non può prescindere dalla certezza, liquidità ed esigibilità delle partite di dare ed avere messe in comparazione. Ciò rende illegittimi gli atti con i quali sono stati compensati prelievi supplementari il cui importo sia stato oggetto di contenzioso amministrativo, con aiuti comunitari a loro volta indicati avendo riguardo genericamente a disposizioni di erogazioni non comunicate né note alla controparte né per entità né per causale. Un credito contestato in un separato giudizio non è suscettibile infatti nemmeno di cosiddetta compensazione “impropria” o atecnica, che diversamente diverrebbe una sorta di compensazione di fatto, non solo sganciata da ogni limite previsto dalla disciplina codicistica, ma di fatto avverrebbe in dispregio di qualsivoglia forma di tutela preventiva del debitore che intenda contestare l’an o il quantum dell’obbligazione ascrittagli (Cass. 28 febbraio 2017, n. 5002; id. 28 giugno 2016, n. 13279 e 29 gennaio 2015, n. 1695). L’eventuale sentenza di merito o provvedimento di condanna, anche se immediatamente esecutivi, emessi in un giudizio ancora pendente, non consentono cioè di ravvisare il necessario requisito della “definitività”, e dunque della “certezza” del controcredito richiesta per operare la compensazione, trattandosi di titoli di accertamento del credito pur sempre connotati dalla provvisorietà, in quanto suscettibili di riforma o revoca nel corso dei successivi gradi del giudizio (Cass. 8 aprile 2013, n. 8525).

 

Fonte: Giustizia Amministrativa