Il  ritmo serrato con cui continua, di anno in anno, a crescere il fenomeno del consumo del suolo nel nostro Paese è preoccupante e ci impone delle serie riflessioni. Lo strumento migliore che abbiamo a disposizione per tentare di frenare questa corsa, ci viene fornito dalla lettura dei dati raccolti dagli enti di ricerca preposti. A tal proposito, proprio ieri è stato presentato l’ultimo rapporto ISPRA – SPNA 2024, sul quale si è espressa in via ufficiale anche la dirigenza ISMEA attraverso un comunicato stampa.  Di seguito qualche estratto di quanto emerge dai dati elaborati.  

Il Rapporto ISPRA 2024, presentato ieri, 3 dicembre 2024, ed intitolato “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” (disponibile QUI), evidenzia dati estremamente allarmanti sulle dinamiche in atto nel nostro Paese. Il consumo di suolo continua, infatti, a trasformare il nostro territorio con velocità elevate. Nell’ultimo anno, le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 72,5 km2, ovvero, in media, circa 20 ettari al giorno, con un ritmo pari a 2,3 metri quadrati ogni secondo. Un incremento di suolo consumato inferiore rispetto al dato dello scorso anno, ma che si conferma, comunque, al di sopra della media dell’ultimo decennio (2012-2022), che ammonta a 68,7 km2 annuali, e solo in piccola parte compensata dal ripristino di aree naturali (poco più di 8 km2, dovuti in gran parte al recupero di aree di cantiere).

Una perdita che rappresenta non solo un danno ambientale, ma anche economico, se si considerano tutti gli aspetti ad essa correlati, come: la perdita dei servizi ecosistemici dovuti alla diminuzione della qualità dell’habitat, la perdita della produzione agricola, lo stoccaggio di carbonio o la regolazione del clima, e la riduzione dell’”effetto spugna“. Quest’ultimo riguarda la capacità del terreno di assorbire e trattenere l’acqua e regolare il ciclo idrologico e, secondo le stime, nel 2023 ha avuto un costo per il nostro Paese di oltre 400 milioni di euro.

A livello regionale, i valori percentuali più elevati di suolo consumato si registrano in Lombardia (12,19%), Veneto (11,86%) e Campania (10,57%), cui seguono Emilia-Romagna, Puglia, Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Liguria, con valori sopra la media nazionale e compresi tra il 7 e il 9% (Figura 3). La Valle d’Aosta rimane la regione con la percentuale più bassa (2,16%).

Cambia la classifica dei comuni “Risparmia suolo”, ovvero quelli in cui le trasformazioni della copertura del suolo sono limitate o assenti: sul podio del 2024 salgono Trieste, Bareggio (MI) e Massa Fermana (FM). La capitale, per la prima volta, a livello comunale perde meno suolo, registrando con +71 ettari una significativa riduzione dell’incremento rispetto ai dodici mesi precedenti (+124 ettari), per quanto resti tra i comuni con il consumo di suolo più alto (tenuto conto che si tratta del comune con la maggiore superficie in Italia), insieme a Uta (+106 ettari), comune della città metropolitana di Cagliari e Ravenna (secondo comune per superficie totale in Italia, +89 ettari).

Nel rapporto vengono poi affrontate dettagliatamente le principali cause di consumo di suolo, tra cui si trovano: le aree edificate, i cantieri e le infrastrutture, lo sviluppo di poli logistici e gli impianti fotovoltaici. A proposito di questi ultimi, si legge che, a livello nazionale, i dati raccolti risultano occupati da impianti fotovoltaici a terra circa 17.907 ettari. La distribuzione a livello regionale è eterogenea, con un massimo in Puglia (con 6.130 ha, circa il 34% di tutti gli impianti nazionali), seguita da Emilia-Romagna (1.707 ha) e Lazio (1.596 ha). Le regioni su cui risulta installato il numero più basso di impianti a terra sono il Trentino-Alto Adige (11 ha), la Valle d’Aosta (1,3 ha) e la Liguria (0,2 ha). Tra il 2022 e il 2023 sono stati rilevati 421 ettari di consumo di suolo associato a nuovi impianti fotovoltaici a terra, in forte aumento rispetto ai 265 ettari mappati nel 2022 e ai 76 del 2021. Le regioni in cui nell’ultimo anno si è destinato più territorio al fotovoltaico a terra sono Veneto (75,9 ha), Piemonte (63,9 ha) e Sicilia (55 ha).

Come anticipato all’inizio dell’articolo, sul tema è intervenuta anche ISMEA, sottolineando che tra abbandoni, cementificazioni e cambi di destinazione, nel 2023 sono stati persi altri 4.000 ettari di suolo agricolo, e ribadendo il ruolo degli impianti fotovoltaici a terra che, secondo sue stime, hanno eroso circa il 9,5% del suolo agricolo nell’anno, seppure con una diversa intensità territoriale.

Il focus ISMEA, abbinato al Rapporto ISPRA, rivela, a livello di macro-ripartizioni geografiche, una maggiore incidenza dei suoli agricoli convertiti a fotovoltaico al Nord, con il 46,5% dei circa 400 ettari, contro il 40% di Sud e Isole e il 13,5% del Centro Italia. Il Veneto, con poco più del 17% del totale, apre la classifica regionale, seguito da Piemonte e Sicilia, con circa il 14% ciascuno, e da Lazio e Sardegna con quote rispettivamente dell’11,5 e dell’11 per cento. Marginale l’effetto “covering” da fotovoltaico in Puglia, con poco più del 2% dei 400 ettari nazionali, e soprattutto in Umbria, Marche, Toscana e Campania (ciascuna con 1% circa di quota), nessun contributo, invece, da Trentino-Alto Adige, Val d’Aosta, Liguria, Molise e Calabria.

Riguardo la tipologia di aree maggiormente interessate da questo fenomeno che, pur essendo reversibile rispetto alla cementificazione, rappresenta comunque un’effettiva sottrazione di suolo agricolo,  risultano essere:

  • il 51% aree rurali con agricoltura di tipo intensivo, collocate in prevalenza in territori di pianura e collina, il cui impatto sul piano economico e produttivo è quindi significativamente maggiore rispetto ad altri contesti.
  • il  28% ricadenti in ambiti classificati “intermedi”;
  • il 13% in aree interne con problemi di sviluppo, soggette anche a fenomeni di spopolamento;
  • e solo l’8% in aree urbane e periurbane.

Non si tratta quindi di aree marginali, e fa pensare la forte prevalenza dei seminativi, per lo più in territori di pianura. Al Centro-Nord, infatti,  il 95% delle superfici agricole dirottate sul fotovoltaico riguarda questa tipologia colturale, contro il 77% del Mezzogiorno. Al Sud e nelle Isole si osserva un significativo coinvolgimento anche delle colture permanenti (20%), con un quinto dei terreni agricoli disimpegnati per fare posto ai pannelli solari situato in zone montane o pedemontane.

Complessivamente, la copertura di suolo nazionale con pannelli fotovoltaici ha cumulato negli anni un’estensione di circa 18.000 ettari, tra suoli agricoli ed extra-agricoli. Il Focus ISMEA fornisce anche una stima del valore fondiario dei terreni transitati al “solare” nel 2023, pari a 9,7 milioni di euro, effettuata a partire dagli indicatori agronomici-estimativi derivati dalle banche dati dell’Istituto.

ISMEA, tramite il Direttore Generale Sergio Marchi, a fronte della situazione delineata ha annunciato l’avvio di una collaborazione interistituzionale sperimentale con ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e SNPA (Sistema nazionale protezione ambiente), all’interno di un progetto più ampio che prevede la costituzione di un vero “Osservatorio delle terre agricole e rurali nazionali“, allo scopo di monitorare in maniera costante e continuativa i dati sull’utilizzo e il consumo del suolo nel nostro Paese. L’intento è quello di migliorare la comprensione dei fenomeni in atto e supportare la governance del sistema agroalimentare in modo che si riesca a rafforzare il potenziale produttivo agricolo e a trovare, contestualmente, un equilibrio con l’auspicabile sviluppo delle energie rinnovabili.

Mentre il mondo della ricerca tenta, dunque, di fornici degli strumenti di lavoro per affrontare tale problematica, ricordiamo che a livello legislativo la tutela del nostro territorio è ancora caratterizzata da una situazione molto nebulosa, come ci ha spiegato attentamente la collega Giulia Spadafora nell’articolo “Che fine ha fatto la legge sul consumo del suolo?” consultabile QUI!

Per un ulteriore approfondimento sul tema, vi consigliamo anche la visione dell’intervista al dr. Michele Munafò, dirigente dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e curatore del report “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, che trovate di seguito.

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