Abstract
Introduzione

Risultati

Discussione
Riconoscimenti
Bibliografia

 

Stine M Ulven,1 Kirsten B Holven,1,2 Angel Gil,3–6 e Oscar D Rangel-Huerta1
1Department of Nutrition, Institute of Basic Medical Sciences, University of Oslo, Oslo, Norvegia; 2Norwegian National Advisory Unit on Familial Hypercholesterolemia, Oslo University Hospital, Oslo, Norvegia; 3Department of Biochemistry and Molecular Biology II, School of Pharmacy; e 4Institute of Nutrition and Food Technology “José Mataix,” Biomedical Research Center, University of Granada, Granada, Spagna; 5ibs.GRANADA, University Hospital Complex of Granada, Granada, Spagna; e 6CIBEROBN (CIBER Physiopathology of Obesity and Nutrition CB12/03/30028), Institute of Health Carlos III, Madrid, Spagna
Inviare la posta a ODR-H (e-mail: o.d.rangel-huerta@medisin.uio.no).
Abbreviazioni utilizzate: CCl, ligando delle chemochine; CLA, acido linoleico coniugato; CRP, proteina-C reattiva; CVD, malattia cardiovascolare; HF, grassi elevati; HFD, dieta ad elevato contenuto di grassi; hs-CRP, proteina C-reattiva ad elevata sensibilità; ICAM-1, molecola di adesione intercellulare 1; LF, grassi bassi; LBP, proteina legante il LPS; MCP-1, proteina chemiotattica per i monociti 1; MeSH, Medical Subject Heading(s); MetS, sindrome metabolica; MMP, metalloproteasi di matrice; PBMC, cellule mononucleate del sangue periferico; PWLCD, yogurt senza una dieta a basso contenuto di calorie; RCT, studio randomizzato controllato; RLCD, yogurt normale con una dieta controllata; sCD14, cluster di differenziazione solubile 14; SR, review sistematica; T2D, diabete di tipo 2; VCAM-1, molecola di adesione cellulare vascolare 1.

Abstract

Il latte e i latticini costituiscono ≤ 14% dell’apporto calorico nei paesi sviluppati. Recenti studi hanno mostrato risultati controversi per quanto riguarda il ruolo dei prodotti lattiero-caseari in processi dannosi come quelli che caratterizzano l’infiammazione. Il numero crescente di studi sugli effetti anti- e pro-infiammatori del latte e dei latticini condotti negli ultimi 5 anni, riflette il crescente interesse in questo settore di ricerca. Lo scopo di questa review sistematica è quello di valutare le prove scientifiche, raccolte negli ultimi 5 anni ed ottenute da studi clinici randomizzati, circa gli effetti del latte e dei latticini sui biomarker dell’infiammazione. La strategia di ricerca è stata condotta utilizzando le banche dati Medline (via PubMed) e Scopus (che comprende EMBASE e Web of Science) e comprendeva articoli pubblicati dal 1° gennaio 2012 al 30 aprile 2018. Il rischio di bias è stato valutato con il metodo Cochrane. Sono stati riportati il numero di partecipanti allo studio, il tipo di studio, le dosi impiegate e i principali esiti. Per l’inclusione sono stati presi in considerazione i seguenti esiti primari: concentrazioni circolanti di proteina C reattiva, interleuchine, citochine e molecole di adesione vascolare o l’espressione di geni pro-infiammatori nelle cellule mononucleate del sangue periferico; tuttavia, gli esiti primari presi in considerazione non si limitavano solamente a questi aspetti. I sedici studi (15 articoli) inclusi in questa review sistematica coinvolgevano individui sani e soggetti in sovrappeso, obesi o affetti da sindrome metabolica (MetS) o diabete di tipo 2 (T2D). Il consumo di latte o latticini non ha mostrato alcun effetto pro-infiammatorio in soggetti sani o in individui con disordini metabolici. La maggior parte degli studi ha evidenziato un significativo effetto antinfiammatorio, sia in soggetti sani che in soggetti con anomalie metaboliche, anche se non tutti gli articoli erano di qualità elevata. Questa review è stata registrata su PROSPERO (International Prospective Register of Systematic Reviews) www.crd.york.ac.uk/prospero come CRD42018094535. Adv Nutr 2019;10:S239–S250.

Parole chiave: infiammazione, biomarker dell’infiammazione, latticini, latte, salutare, sovrappeso, obesità, sindrome metabolica, diabete.

Introduzione

I prodotti lattiero-caseari rappresentano una parte importante nella dieta occidentale, contribuendo  a  ≤ 14% dell’apporto calorico nei paesi sviluppati e, notoriamente, rappresentano un efficace veicolo per l’integrazione di nutrienti (1). L’ampia gamma di prodotti lattiero-caseari comprende il latte (con diverso contenuto di grassi), il latte fermentato (tra cui, ad esempio, lo yogurt, il kefir e il doogh), il formaggio, la panna, il burro e il gelato. Tutti questi prodotti differiscono tra di loro per la composizione nutrizionale. Il latte e i latticini contengono numerose sostanze nutritive, che contribuiscono in modo significativo a soddisfare il fabbisogno giornaliero di calcio, magnesio, selenio, riboflavina, vitamina B5 (acido pantotenico) e vitamina B12. Il processo infiammatorio prevede diversi step, che vengono messi in atto dall’organismo allo scopo di mantenere l’omeostasi dei tessuti e degli organi e può essere classificata come acuta o cronica a seconda del tempo trascorso. Un corretto equilibrio tra molecole pro ed anti-infiammatorie è essenziale per mantenere questa omeostasi. Un aumento delle molecole pro-infiammatorie, come TNF-α, IL-1 e IL-6, è particolarmente deleterio e viene riconosciuto un loro coinvolgimento in diverse risposte patologiche (ad esempio, nello shock endotossico e nelle malattie infiammatorie croniche) (2). Inoltre, un’eccessiva  produzione cronica di TNF-α e IL-1 potrebbe causare danni al tessuto adiposo e al muscolo, e sembrerebbe associata alla comparsa di insulino-resistenza (3). L’aumento dei biomarker pro-infiammatori è spesso accompagnato da un aumento di citochine antinfiammatorie (come IL-10) e dell’antagonista del recettore per IL-1 (IL-1Ra), che hanno l’obiettivo di contrastare la cascata dei mediatori dell’infiammazione avviata dalle citochine pro-infiammatorie (4, 5). Pertanto, per fornire un quadro più ampio ed utile alla comprensione  della risposta infiammatoria acuta e cronica, è importante misurare l’estensione dei circuiti, i meccanismi o i rapporti (ad esempio, TNF-α:IL-10) tra le varie citochine piuttosto che i singoli biomarker. Inoltre, bisogna ricordare che l’up-regulation delle molecole di adesione [come, ad esempio, la molecola di adesione intercellulare 1 (ICAM 1), la molecola di adesione cellulare vascolare 1 (VCAM-1), o la selectina E] è coinvolta nel processo aterosclerotico, che successivamente può portare allo sviluppo di malattie cardiovascolari (CVD) (6). Alcune review epidemiologiche e sistematiche (SR) hanno riportato risultati controversi per quanto riguarda il ruolo dei prodotti lattiero-caseari in processi dannosi come l’infiammazione e le complicazioni ad essa associate [cioè, il diabete di tipo 2 (T2D) e le CVD]. Ad esempio, il consumo di latticini, specialmente di latticini grassi e non fermentati, potrebbe essere associato alla comparsa di prediabete e di T2D (7). Tuttavia, altre SR hanno fornito le prove del fatto che il consumo di latticini interi avrebbe effetti neutri sul rischio di comparsa del T2D, e la correlazione tra il consumo di latticini a basso contenuto di grassi (LF) e il rischio di T2D sembrerebbe essere relativamente consolidata (8). I prodotti lattiero-caseari, in particolare quelli fermentati, sembrerebbero essere correlati ad un effetto neutro o di diminuzione del rischio di CVD e di mortalità (19, 21-26).  Labonté et al. (9) hanno concluso che, nonostante l’elevato contenuto di SFA nei latticini, il loro consumo non avrebbe effetti negativi sui biomarker dell’infiammazione in adulti in sovrappeso o obesi. Inoltre, Bordoni et al. (10) hanno riportato che i latticini, specialmente quelli fermentati, potrebbero avere proprietà antinfiammatorie e tale effetto sembrerebbe essere potenziato nei soggetti con anomalie metaboliche. Questi dati ci suggeriscono l’esistenza di differenze nella risposta infiammatoria a seconda dello stato metabolico di un individuo, e ciò giustifica un aggiornamento della valutazione dell’impatto dei prodotti lattiero-caseari sui biomarker infiammatori. A causa del crescente interesse circa l’influenza dei latticini sul processo infiammatorio abbiamo effettuato una valutazione delle prove scientifiche, raccolte nei 5 anni trascorsi, che riguardavano gli effetti del latte e dei latticini sui biomarker dell’infiammazione mediante un SR di trial randomizzati controllati (RCT).

Metodi

Questa SR è stata progettata con l’obiettivo di fornire una review aggiornata di RCT condotti per indagare l’effetto del latte e di altri prodotti lattiero-caseari sull’infiammazione, valutata grazie ai biomarker infiammatori presenti nella circolazione e i livelli di espressione genica in individui sani e in soggetti con anomalie metaboliche. Questa review è stata condotta in conformità con i Preferred Reporting Items for Systematic Review and Meta-Analysis Protocols (PRISMA-P) (11). La review è stata registrata su PROSPERO (International Prospective Register of Systematic Reviews) come CRD42018094535. I criteri PICOS (Popolazione, Intervento, Confronto ed esiti) (Tabella supplementare 1) sono stati impiegati per definire la seguente domanda di ricerca: “Il latte o i latticini hanno effetti infiammatori, misurabili tramite biomarker dell’infiammazione, sia negli adulti sani che in quelli non sani?”.  Sono stati inclusi i RCT che analizzavano l’effetto del latte o dei latticini sui biomarker infiammatori. Sono stati presi in considerazione studi prospettici, in parallelo e crociati. Non c’era alcuna restrizione sulle dimensioni del campione. Gli articoli, o almeno l’abstract, dovevano essere scritti in inglese o in spagnolo. Non sono stati inclusi studi ecologici o caso-controllo.

Criteri di inclusione e di esclusione

Per essere considerati idonei all’inclusione nella SR, gli studi dovevano fornire un’integrazione dietetica, o una dieta specifica, contenente prodotti lattiero-caseari. Gli studi che utilizzavano  raccomandazioni dietetiche o solamente auto-dichiarazioni sul consumo sono stati esclusi. Gli studi sono stati esclusi anche nel caso in cui veniva somministrato un integratore potenzialmente in grado di confondere gli effetti del latte o dei latticini, o se non c’era alcuna approvazione etica. Sono stati inclusi i latticini arricchiti naturalmente e sono stati esclusi quelli fermentati da batteri diversi dai tipici Lactobacillus delbrueckii spp. bulgaricus e Streptococcus thermophiles. Poiché le precedenti SR e meta-analisi avevano già esaminato le prove dell’effetto del latte o dei prodotti lattiero-caseari sull’infiammazione (9), si è deciso di includere solamente gli studi pubblicati tra il 1° gennaio 2012 e il 30 aprile 2018.

Partecipanti

I partecipanti ritenuti idonei per lo studio erano adulti con età superiore ai 18 anni che potevano essere in buona salute o che presentavano una patologia acuta o cronica. Non vi erano restrizioni per quanto riguardava il sesso, l’etnia o l’ambientazione dello studio.

Tipologie di interventi

Gli studi prevedevano la somministrazione di latte o di prodotti lattiero-caseari, singolarmente o in combinazione, permettendo così di studiare i loro effetti. Non sono state poste restrizioni per quanto riguardava il dosaggio o lo schema posologico.

Misure primarie di esito

Per l’inclusione degli studi sono stati presi in considerazione i seguenti esiti primari: concentrazioni di proteina C reattiva circolante (CRP), IL-1α, IL-1β, IL-2, IL-4, IL-6, IL-8, IL-10, IL-12, IL-17, TNF-α, ligando per le chemochine (CCL), proteina chemiotattica per i monociti-1 (MCP-1), metalloproteasi di matrice (MMP)-9 (MMP-9), ICAM-1 solubile (sICAM-1), VCAM-1 solubile (sVCAM-1) e l’espressione di geni pro-infiammatori nelle cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC) o nel muscolo scheletrico. C’è da dire che gli esiti primari presi in considerazione non erano solamente questi.

Ricerca in letteratura

Abbiamo eseguito una SR di studi pubblicati in inglese o in spagnolo (e condotti su adulti) presenti nelle seguenti banche dati: Medline (via PubMed) e SCOPUS (che include EMBASE e Web of Science). La Figura 1 mostra le principali fasi di ricerca in letteratura. Gli studi sono stati identificati dai ricercatori su PubMed applicando un limite di data, che andava dal 1° gennaio 2012 al 30 aprile 2018 e utilizzando i seguenti termini di ricerca del Medical Subject Heading (MeSH): (Latticini[MeSH Terms]) E (Infiammazione[MeSH Terms] O biomarker infiammatori[MeSH Major Topic] O citochine[MeSH Major Topic])) E trial clinici [Tipologia di pubblicazione]. La ricerca su SCOPUS è stata filtrata da RCT utilizzando la seguente equazione: (Prodotti lattiero-caseari) E (Infiammazione O biomarker infiammatori O citochine).

Selezione dello studio

Gli abstract delle pubblicazioni ottenute dopo la ricerca sono stati esaminati da ODR-H, che ha eliminato tutte quelle pubblicazioni che ovviamente non sono state ritenute idonee per l’inclusione.

Estrazione dei dati

Un revisore (ODR-H) ha inserito i dati in un database; altri due revisori (SMU e KBH) hanno risolto eventuali divergenze ed hanno redatto l’elenco finale degli articoli da includere.

Valutazione del rischio di bias

Due autori (SMU e ODR-H) hanno valutato in maniera indipendente il rischio di bias seguendo la Cochrane Collaboration (12). In caso di divergenze, un terzo revisore veniva coinvolto nella valutazione (AG). Lo strumento Cochrane comprende diversi settori relativi alla randomizzazione e alla sequenza di allocazione (bias di selezione), alla cecità (bias di performance e di misurazione), alla perdita al follow-up e all’adesione al principio dell’intention-to-treat (bias di attrito) e alla pubblicazione selettiva degli esiti (bias di comunicazione). Inoltre, sono state incluse altre potenziali cause di bias, come i finanziamenti privati o pubblici. Il rischio di bias è stato calcolato per ogni studio ed è stato classificato come basso, alto o non chiaro, come descritto nel capitolo 8 del Cochrane Handbook for Systematic Review of Interventions, e i risultati sono stati generati in RevMan 5.3 (12).

Figura 1 Diagramma di flusso PRISMA della ricerca in letteratura. PRISMA, Preferred Reporting Items for Systematic Review and Meta-Analysis.

Risultati

Le fasi principali del lavoro effettuato durante la SR sono rappresentate nel diagramma di flusso PRISMA (Figura 1). Nelle tabelle 1 e 2 sono elencate le 15 pubblicazioni (16 studi) incluse in questa review, raggruppate sulla base della popolazione dello studio [soggetti sani e soggetti che erano in sovrappeso o obesi o che avevano una patologia cronica, come la sindrome metabolica (MetS) o il T2D]. Per ogni gruppo, abbiamo classificato gli elementi in base alla tipologia di prodotto impiegato e alla gravità del gruppo di alterazioni metaboliche presenti. Inoltre, le tabelle riportano la dimensione del campione, l’età, la tipologia e la dose dell’intervento latte/latticini, i principali biomarker dell’infiammazione individuati e i principali esiti.

Adulti sani

La tabella 1 mostra i risultati di 9 studi condotti in adulti sani di età > 18 anni (13-21). Cinque studi includevano partecipanti di ambo i sessi, con dimensioni del campione comprese tra i 13 e i 67 soggetti (13, 14, 16,17, 21); uno studio ha reclutato19 individui di sesso maschile (15), 2 studi includevano donne in premenopausa (n = 120 e 140) (18, 19), e 1 studio includeva 31 donne in post-menopausa (20). Due studi riportavano l’utilizzo di yogurt (fermentato o LF), uno includeva il kefir, uno il burro arricchito naturalmente con acido linoleico coniugato cis-9, trans-11 (CLA;cis-9, trans-11-18:2) e 2 studiavano gli effetti del latte (a ridotto contenuto di grassi e arricchito di proteine). Due RCT si basavano su diete che contenevano prodotti caseari (800 g/d o ∼1100 kcal/d derivate da prodotti caseari). Tre interventi utilizzavano un approccio acuto (risposta postprandiale), mentre gli altri avevano una durata che andava dalle 3 settimane ai 3 mesi. I principali esiti sull’infiammazione prevedevano la valutazione di marcatori sierici, tra cui CRP ad elevata sensibilità (hs- CRP) e citochine (IL-1β, IL 2, IL-4, IL-6, IL-8, e TNF-α) (13, 15-21). Altri biomarker valutati in almeno uno studio erano CCL2 e CCL5 (13), LPS, la proteina legante il LPS (LBP), le immunoglobuline M anti-endotossina core (EndoCAb IgM) (18), MMP-2, MMP-9/inibitore tessutale delle metalloproteasi 1 (TIMP-1) (16), cluster di differenziazione solubile 14 (sCD14) (18), e TNF-α/recettore solubile TNF II (sTNF-RII) (18). Due studi valutavano l’analisi dell’espressione genica di marcatori dell’infiammazione nelle PBMC e uno studio nel muscolo scheletrico (14, 21, 22). Il consumo di 454 g di kefir due volte alla settimana per 15 settimane, unitamente ad un allenamento di resistenza (17), ha ridotto significativamente le concentrazioni di CRP rispetto al controllo (P < 0.05). Inoltre, Rossi et al. (19) hanno osservato una significativa diminuzione dell’IL-6 dopo 3 mesi di assunzione di 800 mg Ca/d proveniente da prodotti lattiero-caseari, rispetto a quanto successo con l’assunzione della stessa quantità di calcio proveniente da integratori (variazioni di 1.20 rispetto a 0.66 pg/mL, rispettivamente; P = 0.0135). Penedo et al. (16) hanno rilevato che il consumo di 20 g di burro/d diminuiva significativamente la concentrazione di IL-2 e IL-8 nel siero (P = 0.026 e 0.029, rispettivamente) e aumentava l’IL-10 (P = 0.013) in seguito ad una fase di ripristino del CLA rispetto ad una fase di diminuzione del CLA. Schmid et al. (15) hanno riscontrato che l’assunzione di latticini con un pasto ad elevato contenuto di grassi (HF) ha incrementato la concentrazione di CRP rispetto a un pasto HF senza latticini ma con latte intero (P = 0.02). Anche se il TNF-α è stato misurato nella maggior parte degli studi, solo Pei et al. (18) hanno riportato una significativa diminuzione, rispetto al controllo, dei rapporti tra TNF-α e sTNF-RII e tra LBP e sCD14 (P = 0.0013 e 0.0477, rispettivamente) dopo il consumo di 399 g di yogurt LF/d per 9 settimane. Per quanto riguarda lo studio relativo all’espressione genica, Burton et al. (14) hanno dimostrato che 800 g di yogurt o di latte acidificato al giorno riducono l’espressione di geni legati all’infiammazione [ad esempio, per il recettore arilico degli idrocarburi (AHR) e l’epiregulina (EREG)] nelle PBMC. Al contrario, Serra et al. (20) non hanno evidenziato alcuna espressione significativa di geni correlati all’infiammazione nel muscolo scheletrico dopo il consumo di 240 mL al giorno, per 4 settimane, di latte a ridotto contenuto di grassi quando confrontato con il latte di soia alla vaniglia. Recentemente, Gjevestadet al. (21) hanno studiato l’effetto del latte arricchito con proteine mettendolo a confronto con l’effetto causato da una bevanda isocalorica ma a base di carboidrati, per quanto riguarda i livelli di espressione dell’mRNA nei PBMC. Questi autori hanno evidenziato differenze significative tra i due gruppi per quanto riguardava l’espressione di una sottofamiglia di recettori nucleari, gruppo H, membro 3 (NR1H3) e dei geni dell’IFN-γ (IFNG), e una significativa diminuzione, nel gruppo di controllo, del livello di mRNA per il recettore tipo 1A appartenente alla superfamiglia del recettore TNF  (TNFRS1A) e un aumento della dipeptidil-peptidasi 4 (DPP4) (tutti P < 0.05).

Soggetti che erano in sovrappeso, obesi o con problemi metabolici

Nella tabella 2, vengono riassunti dettagliatamente i 7 studi condotti in adulti in sovrappeso, obesi o che avevano una patologia cronica. In un articolo, Nestel et al. (23) riportavano i risultati di uno studio acuto d’intervento e a breve termine; pertanto, questi risultati vengono presentati come 2 studi indipendenti. Nel complesso, 4 studi includevano adulti in sovrappeso o obesi, con campioni che andavano dai 12 ai 75 soggetti (23-25); uno studio includeva 112 adulti con elevate concentrazioni di hs-CRP (>1mg/L). Due studi hanno reclutato 37 e 49 adulti con MetS (26, 28) e l’ultimo studio riportava i dati raccolti da 90 pazienti con diagnosi di T2D (29). I marcatori dell’infiammazione più comunemente analizzati sono stati hs-CRP, IL-1β, IL-6, MCP-1 e TNF-α (23-29). Tre report includevano sICAM-1 e sVCAM-1 (23). Sono state misurate anche l’adiponectina (27), la proteina infiammatoria dei macrofagi 1α (MIP-1α) (25) e la proteina legante il retinolo 4 (RBP-4) (29), senza tuttavia riscontrare significativi cambiamenti o differenze tra i gruppi. Tre studi, oltre a quello di Pei et al. (18), hanno valutato l’effetto dell’intervento sui livelli dell’espressione genica (24, 26, 27). Tuttavia, in uno studio postprandiale condotto su adulti in sovrappeso (23), le concentrazioni sieriche di IL-1β, IL-6 e TNF-α sono diminuite dopo il consumo di latticini non fermentati (burro e panna; tutti P < 0,05) ma senza un effetto significativo se confrontato con il gruppo di controllo che consumava latte LF. Lo stesso gruppo di ricerca (all’interno di la stessa popolazione) ha testato per 4 settimane una dieta HF (HFD) contenente sia 46 g di prodotti fermentati (formaggio e yogurt)  sia dei prodotti non fermentati, senza evidenziare effetti significativi per quanto riguardava i marcatori menzionati in precedenza (23). In seguito, hanno effettuato un confronto della HFD precedentemente testata, ma questa volta includendo una dieta a base di latte e yogurt LF; hanno osservato che l’IL-6 era significativamente più alta (P < 0.05, analisi post hoc) dopo il consumo della HFD contenente prodotti lattiero-caseari non fermentati (7.0 pg/mL) rispetto a quella che prevedeva il consumo di latticini fermentati LF (6.2 pg/mL per entrambi) (25). Zarrati et al. (24) hanno studiato l’effetto del consumo di yogurt in presenza, o meno, di una dieta a basso contenuto calorico (PLCD e PWLCD, rispettivamente) confrontandolo con il consumo di yogurt normale nell’ambito di una dieta ipocalorica (RLCD), in adulti in sovrappeso e obesi per 8 settimane. È stata osservata una diminuzione di hs-CRP e IL-17 in tutti e 3 i gruppi (PLCD, PWLCD e RLCD) (tutti P < 0.001), e l’analisi post hoc ha mostrato una diminuzione più marcata della concentrazione di hs-CRP nel gruppo PWLCD (-3.4 pg/ml) e una diminuzione della concentrazione di IL-7 nel gruppo RLCD (-670 pg/ml). Inoltre, solo il gruppo PWLCD ha mostrato una significativa diminuzione della concentrazione di TNF-α dopo l’intervento (-392 pg/mL; P < 0.001). Una dieta contenente latticini LF e somministrata per 4-6 settimane ad adulti con MetS, sembrerebbe avere un diverso effetto quando stratificata in base al sesso (26). Quando ambo i sessi sono stati inclusi nell’analisi, non si è notato alcun effetto, ma dopo aver diviso l’analisi in base al sesso, si è visto che le concentrazioni di TNF-α e MCP-1 erano più basse nelle donne appartenenti al gruppo latticini LF rispetto a quelle delle donne appartenenti al gruppo di controllo (P = 0.028 e P < 0.001, rispettivamente). In un altro studio, che comprendeva sia uomini che donne, l’aggiunta di 3 porzioni giornaliere di latticini disponibili in commercio non ha evidenziato alcuna differenza nelle concentrazioni di hs-CRP o di IL-6, se paragonata ad una dieta di controllo che non prevedeva il consumo di latticini (27). Il consumo, della durata di 12 settimane, di 3 tipologie di yogurt persiano ha mostrato che l’integrazione sia con calcio che con la vitamina D era in grado di ridurre le concentrazioni sieriche di CRP, IL-1β, IL-6, fibrinogeno e RBP-4 tra i gruppi, cosa che non succederebbe se facessimo un confronto con una versione normale di questo prodotto (29). Per quanto riguarda l’espressione genica nelle PBMC, Pei et al. (18) hanno mostrato che negli adulti obesi il consumo di yogurt LF per 9 settimane ha indotto un aumento nelle PMBC dei livelli di mRNA per il fattore nucleare κB (NFKB) e della codificazione del fattore di crescita trasformante β1 (TGFB1) rispetto al gruppo di controllo (54% e 20%, rispettivamente); tuttavia, lo stesso effetto non è stato riscontrato negli adulti non obesi.

Tabella 1 – Studi clinici randomizzati (pubblicati tra il 2012 e il 2018) che impiegavano interventi con latticini per valutare gli effetti sui biomarker dell’infiammazione in adulti sani1

1I valori sono espressi in media ± DS o range. CCL, ligando delle chemochine. CLA, acido linoleico coniugato; CN, controllo non obesi; CO, controllo obesi; CRP, proteina C reattiva; DPP4, dipeptidil-peptidasi 4; HFC, pasto di controllo ad elevato contenuto di grassi e senza latticini; HDF, pasto isoenergetico ad elevato contenuto di grassi contenente latticini; HFM, pasto ad elevato contenuto di grassi senza latticini integrato con latte; hs-CRP, proteina C reattiva da elevata sensibilità; EndoCAb IgM, immunoglobuline M anti-endotossina; INFG, interferone gamma; LBP, proteina legante il LPS; LFD, dieta a basso contenuto di grassi; LXRα, recettore X del fegato; MCP-1, proteina chemiotattica per i monociti; MMP, metalloproteasi di matrice; muRF1, muscle  RING-finger protein-1; NFKB, fattore nucleare κB inibente α; NR1H3, sottofamiglia di recettore nucleare, gruppo H, membro 3; PBMC, cellule mononucleate del sangue periferico; ref, riferimenti; sCD14, CD14 solubile; sTNFRSF1A, superfamiglia 1A del recettore TNF solubile; sTNF-RII, recettore TNF II solubile; TGFB1, fattore di crescita trasformante beta1; TIMP-1, inibitore delle metalloproteasi 1; TNFRSF1A, superfamiglia 1A del recettore TNF; YN, yogurt non obesi; YO, yogurt obesi.

Tabella 2 – Studi clinici randomizzati (pubblicati tra il 2012 e il 2018) che impiegavano interventi con i latticini per valutare gli effetti sui biomarker dell’infiammazione in soggetti che erano in sovrappeso, obesi o affetti da patologie metaboliche1

1CDD, doogh fortificato con l’aggiunta di calcio e di vitamina D3; CNT, controllo a base di carboidrati; CRP, proteina C reattiva; DD, doogh fortificato con vitamina d; FFD, latticini ad elevato contenuto di grassi; hs-CRP, proteina C reattiva da elevata sensibilità; LCD, dieta a basso contenuto calorico; LF, magro; LFD, dieta a basso contenuto di grassi, MCP-1, proteina chemiotattica per i monociti 1; MetS, sindrome metabolica; MIP-1α, proteina macrofagica infiammatoria 1-α; PBMC, cellule mononucleate del sangue periferici; ref, riferimenti; RBP, proteina legante il retinolo; RORGt, RAR-related orphan receptor γ ; sICAM-1, molecola di adesione intercellulare 1 solubile; sVCAM-1, molecola di adesione cellulare vascolare tipo 1 solubile; TNFA, fattore di necrosi tumorale α; T2D, diabete tipo 2.

Il consumo di yogurt contenente probiotico, in associazione con una dieta a basso contenuto calorico (per 8 settimane), ha ridotto nelle PBMC il livello di espressione genica del recettore γt RAR-correlato (RORC) (fold-change media ± DS: 0.7 ± 0.66; P = 0.007) (24), mentre il consumo di una dieta LF contenente prodotti lattiero-caseari per 4 settimane, rispetto ad una dieta di controllo a base di carboidrati (26), ha ridotto i livelli di espressione genica di IL1B e IL6 (63% e 46%, rispettivamente; P < 0.05). Tuttavia, Labonté et al. (27) hanno riportato che il consumo di 3 porzioni di latticini per 4 settimane non ha indotto alcuna modulazione significativa dell’espressione di 10 geni [compresi CCL2, IL18, IL6, IL1B, fattore nucleare κ delle cellule B attivate subunità 1(NFKB1)], del recettore peptidico natriuretico C (NPR3), del recettore α attivato dal proliferatore dei perossisomi (PPARA), del fattore di trascrizione 2 (SREBF2), del TNF e del fattore 3 associato al recettore TNF (TRAF3)].

Rischio di bias

L’articolo di Labonté et al. (27) è stato ritenuto il più trasparente nel segnalare tutti gli aspetti inclusi nella valutazione del rischio di bias. Dovremmo evidenziare un aumento della preoccupazione per quanto riguarda il bias di selezione a causa della mancanza di una specifica segnalazione della generazione di sequenze random e dell’occultamento dell’allocazione. Per il 50% degli studi, questo non appariva chiaro e il 20% mostrava un elevato rischio di bias (maggiori dettagli sono mostrati nelle Figure 2 e 3). Questo dovrebbe essere corretto nei report condotti sugli altri studi. A causa della natura di alcuni interventi dove è oggetto di studio un pasto completo, non è possibile eseguire un disegno sperimentale in doppio cieco. Tuttavia, riteniamo che gli autori debbano indicare il tipo di cecità messo in atto o l’assenza di cecità ed essere trasparenti nella loro segnalazione; a questo proposito, 3 studi sono stati considerati ad elevato rischio di bias per mancanza di una segnalazione relativa a qualsiasi tipologia di cecità (16, 17, 19). Il detection bias è un’altra preoccupazione dovuta alla mancanza di dettagli forniti dagli autori sulla cecità dei ricercatori che hanno valutato i risultati clinici. Solo Labonté et al. (27) sono stati molto chiari in questo ambito; pertanto, il loro studio è stato valutato come a basso rischio di bias. Non abbiamo rilevato un potenziale bias nella comunicazione dei dati sugli esiti o un potenziale bias selettivo per quanto concerne la comunicazione degli studi qui presentati. Le motivazioni dettagliate sulla valutazione del rischio di bias all’interno degli studi sono riportate nelle Figure 2 e 3.

Figura 2. Riepilogo del rischio di bias: valutazioni degli autori della review su ogni elemento di rischio di bias per ciascuno  degli studi inclusi.

Figura 3 – Grafico sul rischio di bias: valutazioni degli autori della  review su ciascun elemento di rischio di bias presentato come percentuale tra gli studi.

Discussione

I principali risultati della presente SR stabiliscono che il consumo di latte, o di prodotti lattiero-caseari, non ha mostrato alcun effetto pro-infiammatorio negli adulti sani o negli adulti che erano in sovrappeso, obesi o affetti da MetS o T2D. Per di più, un’integrazione a lungo termine con latticini ha mostrato un debole effetto antinfiammatorio in entrambe le popolazioni. In questa SR abbiamo riassunto i risultati di 16 studi d’intervento, nei quali venivano valutati diversi prodotti lattiero-caseari e dove venivano misurati i biomarker dell’infiammazione presenti nel plasma e nel siero (o l’espressione genica di tali biomarker), in individui sani e in individui che erano in sovrappeso, obesi o che avevano una patologia cronica. In linea generale, la varietà delle tipologie e delle quantità di latticini utilizzati negli studi inclusi in questa review rende difficile effettuare un confronto tra gli effetti delle diverse tipologie di intervento. Pertanto, discuteremo i risultati in base alla tipologia di intervento e allo stato metabolico degli individui inclusi negli studi. In precedenza, è stato dimostrato che l’ipertrigliceridemia può indurre l’attivazione endoteliale sia negli adulti sani (30) sia in quelli con aumento dei trigliceridi (31) e, a sua volta, la risposta infiammatoria postprandiale dipende dalla tipologia di grasso presente in un pasto HF. La risposta infiammatoria post-prandiale è dovuta ad un aumento della produzione di citochine pro-infiammatorie che si può osservare durante la fase TG post-prandiale, che porta ad uno stato di infiammazione acuta, potenziale causa di disfunzione degli endoteli e principale anomalia responsabile dell’aterogenesi (10). La profilazione dell’espressione genica delle PBMC, ottenuta da studi condotti sui singoli pasti, ha dimostrato che le differenti qualità di grasso influenzano lo stress ossidativo (32) e le risposte infiammatorie (33, 34). Le PMBC, costituite da monociti e linfociti, potrebbero rappresentare un modello appropriato mediante il quale studiare gli effetti dell’infiammazione post-prandiale. Uno studio condotto su individui sani esaminava l’effetto del consumo di yogurt, confrontandolo con la stessa quantità consumata di latte acido, sia sui marker circolanti dell’infiammazione (13) sia sull’espressione genica delle PBMC (14), e non ha riscontrato differenze significative per quanto riguardava questi aspetti. Dall’altro lato, un ulteriore studio incluso in questa review reclutava soggetti che presentavano disordini metabolici; non sono state segnalate differenze circa gli effetti sui marker dell’infiammazione IL-1β, IL-6 e TNF-α tra i gruppi che ricevevano pasti HF contenenti sia latticini HF che latte LF (23). È noto che i pasti HF possono favorire l’aumento della concentrazione post-prandiale di citochine pro-infiammatorie (cioè, IL-6 e TNF-α) e della proteina di fase acuta CRP (35, 36). A questo proposito, mettendo a confronto gli effetti di un pasto HF a base di latticini, con un pasto HF non contenente latticini ma integrato con il latte e con un pasto di controllo HF non contenente latticini, non abbiamo osservato differenze per quanto riguarda i valori di IL-6, endotossina o TNF-α (15). Altri ricercatori hanno evidenziato effetti moderati o nulli sui marcatori circolanti dell’infiammazione dopo l’assunzione di un singolo pasto contenente differenti tipologie di grassi (35-38). Non sembrerebbe quindi che il latte intero e i latticini (come formaggio e burro) possano avere un impatto diverso sulla risposta infiammatoria rispetto ad un pasto HF. Per quanto riguarda l’effetto a lungo termine dei prodotti lattiero-caseari sui biomarker dell’infiammazione negli individui sani, il consumo con la dieta di tali prodotti ad elevato contenuto di SFA non sembrerebbe favorire l’infiammazione, perché nessuno degli studi ha riportato un aumento dei marker circolanti dell’infiammazione nel gruppo che ha ricevuto i latticini (16) o tra questo e il gruppo di controllo. Uno degli studi riportava una diminuzione della CRP dopo l’aggiunta di kefir alla dieta per 15 settimane (2 volte a settimana) (17) e un altro studio ha evidenziato una diminuzione di TNF-α, di EndoCAb IgM, del rapporto TNF-α:sTNFR-RII e di quello LBP:sCD14 quando donne non obese in premenopausa hanno consumato yogurt per 9 settimane (18). In un altro studio, condotto sempre sulle donne in premenopausa, l’aggiunta alla dieta di latticini che apportava 800 mg Ca/d diminuiva le concentrazioni di IL-6 (19). Per questo alcuni studi suggeriscono che l’aggiunta di specifici prodotti lattiero-caseari alla dieta di soggetti sani potrebbe avere un effetto favorevole a lungo termine sull’infiammazione, il che concorda con quanto riportato nei report scritti in precedenza (10). Tuttavia, questi risultati dovrebbero essere interpretati con cautela, a causa del numero limitato di studi e dell’elevato rischio di bias presentato dagli studi che mostrano un effetto. Pertanto, è necessario eseguire più studi che includano come esito primario i biomarker dell’infiammazione, per chiarire se i prodotti lattiero-caseari possono andare ad influenzarla. Negli adulti in sovrappeso o obesi, o che presentavano altre anomalie metaboliche, nessuno degli studi inclusi nella presente review ha mostrato un aumento dei marker infiammatori misurati dopo l’intervento; la maggior parte degli studi non ha evidenziato differenze significative tra i gruppi (23, 27-29). Tuttavia, TNF-α e MCP-1 sono diminuiti nelle donne con MetS dopo l’assunzione di yogurt magro e di latte all’1%  di grassi, rispetto a quanto accaduto dopo il consumo di una barretta di granola e di succo (26), e l’ IL-6 appariva più bassa negli adulti in sovrappeso dopo l’assunzione di latticini fermentati (25). Inoltre, l’analisi dell’espressione genica ha mostrato un down-regulation di diversi geni correlati all’infiammazione dopo il consumo di diverse tipologie di yogurt o dopo la somministrazione di una dieta contenente latticini. La ricerca molto dettagliata e ben condotta da Labonté et al. (27) non ha mostrato cambiamenti nei livelli di espressione genica dei geni proinfiammatori IL6, IL1B, o NFKB1 nelle PBMC. Queste osservazioni sono molto in linea con le conclusioni tratte dalle ultime review che sostengono l’effetto antiinfiammatorio associabile al consumo di prodotti lattiero-caseari (9, 10). Nella presente review, abbiamo esaminato le prove raccolte negli ultimi 5 anni ed ottenute da studi di intervento acuti e a lungo termine che indagavano l’effetto del latte e dei latticini sull’infiammazione. Abbiamo valutato la qualità degli studi utilizzando il Cochrane Risk-of-Bias Assessment Tool (12). A questo proposito, dobbiamo sottolineare che una delle principali limitazioni è legata al bias di selezione e alla cecità dei domini attribuibili alla scarsa qualità di alcuni degli studi. Ulteriori studi dovrebbero migliorare la trasparenza relativa alla segnalazione della cecità e ai metodi utilizzati per l’assegnazione dei pazienti ai vari gruppi di intervento. Sebbene tra gli interventi vi siano numerosi biomarker dell’infiammazione in comune, la diversità clinica e metodologica tra gli studi, che si manifesta tramite l’eterogeneità, non ci permettono di effettuare delle meta-analisi. I risultati qui riportati evidenziano la variabilità della progettazione dei RCT; pertanto, riteniamo che negli studi futuri debbano essere tenuti in considerazione diversi punti chiave. In primo luogo, sia i report condotti in precedenza che quelli attuali (9, 10, 25), hanno mostrato il potenziale beneficio ottenibile dal consumo di prodotti caseari fermentati e attribuibile al loro contenuto batterico e ai loro metaboliti. Tuttavia, è necessario condurre esperimenti paralleli incentrati sulla caratterizzazione di tali prodotti, per rendere possibile la comprensione dei meccanismi d’azione. Infatti, numerose indicazioni utili per la salute sono state respinte vista la mancanza di caratterizzazione delle molecole responsabili dell’effetto (39). L’impiego di nuove tecnologie (come la metabolomica) per l’analisi dei latticini e dei campioni biologici, potrebbe fornire risposte più valide per quanto concerne il loro effetto di modulazione sull’infiammazione (ad esempio, attraverso lo studio delle classi lipidiche e degli altri metaboliti). Inoltre, l’uso della trascrittomica dell’intero genoma dei tessuti metabolici, come i tessuti adiposi e il muscolo scheletrico o le PBMC, ci permetterebbe di collegare i cambiamenti biologici e fisiologici alla modulazione dell’infiammazione che avviene questi tessuti. Secondo l’European Food Safety Authority, quando parliamo di indicazioni funzionali che fanno riferimento ad una diminuzione dell’infiammazione, un cambiamento dei marker dell’infiammazione (come, ad esempio, le varie interleuchine) non indica, di per sé, necessariamente un effetto fisiologico benefico; questo dovrebbe essere accompagnato da un risultato fisiologico o clinico a sua volta benefico (39). Pertanto, sono necessari altri strumenti per approfondire l’utilizzo dei tradizionali biomarker dell’infiammazione, al fine di comprendere gli effetti biologici e i meccanismi dei latticini sull’infiammazione. I latticini fermentati possono modulare la risposta infiammatoria e immunitaria attraverso l’attività dei batteri, e dei metaboliti, contenuti al loro interno (10). Il latte contiene anche un elevato quantitativo di SFA e tra questi va menzionato l’acido palmitico (16:0), che è l’acido grasso saturo maggiormente presente nel sangue e che notoriamente è in grado, attraverso la via dei recettori Toll-like, di attivare il sistema immunitario innato (40). Inoltre, i SCFA, molecole chiave per il mantenimento della salute intestinale, potrebbero ridurre la secrezione macrofagica di citochine pro-infiammatorie e di chemochine (41). Anche gli acidi grassi trans e a catena dispari (15:0 e 17:0) sembrerebbero essere importanti perché sarebbero inversamente correlati al rischio cardiometabolico (42). In conclusione, il consumo di latte, o di prodotti lattiero-caseari, non ha mostrato alcun effetto pro-infiammatorio in soggetti sani o in individui in sovrappeso, obesi o con altre anomalie metaboliche. Le prove raccolte, dopo un’integrazione a lungo termine, hanno mostrato un debole effetto anti-infiammatorio sia negli adulti sani che in quelli con anomalie metaboliche. Le prove ottenute da studi d’intervento acuti e a breve termine sono scarse e quindi inconcludenti. Per questo dovrebbero essere condotti ulteriori studi con una progettazione e una rendicontazione delle informazioni migliori, che prevedano anche la caratterizzazione dei prodotti lattiero-caseari impiegati.

Riconoscimenti

Tutti gli autori hanno letto ed approvato il manoscritto finale.


Questo supplemento è stato sponsorizzato dalla Interprofessional Dairy Organization (INLAC), Spagna.

Lo sponsor non ha avuto alcun ruolo nella progettazione degli studi inclusi nel supplemento, nella raccolta, analisi o interpretazione dei dati, nella stesura del manoscritto o nella decisione di pubblicare i risultati. Questo studio è stato parzialmente finanziato dall’University of Granada Plan Propio de Investigación 2016, Excellence actions: Unit of Excellence on Exercise and Health (UCEES), Plan Propio de Investigación 2018, Programa Contratos-Puente, the Junta de Andalucía, Consejería de Conocimiento, Investigación y Universidades, e dall’European Regional Development Funds (ref. SOMM17/6107/UGR). Le spese di pubblicazione di questo supplemento sono state in parte coperte dal pagamento delle spese di pagina. Le opinioni espresse in questa pubblicazione sono quelle degli autori e non sono attribuibili agli sponsor o all’editore, al direttore o al comitato editoriale di Advances in Nutrition. ODR-H ha ricevuto finanziamenti dall’European Union Seventh Framework Program (FP7-PEOPLE-2013-COFUND) nell’ambito della sovvenzione no. 609020 – Scientia Fellows.

Informativa per gli autori: SMU, KBH, AG e ODR-H, hanno dichiarato l’assenza di conflitto di interessi.

La tabella supplementare 1 è disponibile al link “Dati supplementari” nella pubblicazione online dell’articolo e tramite il link online su  academic.oup.com/advances/ .


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DOI: doi.org/10.1093/advances/nmy072