Abbiamo più volte “sbirciato” nei fantastici report pubblicati periodicamente dalla statunitense USDA, ed in particolare dal National Animal Health Monitoring System (NAHMS), derivanti da un’analisi epidemiologica e statistica di quello che avviene negli allevamenti in USA.

Questa volta consultiamo il report Beef 2017, pubblicato a Maggio del 2020, dove viene “fotografata” la realtà degli allevamenti che hanno fattrici e vitelli da carne nell’anno 2017. I dati provengono da 24 Stati e sono relativi al 78.9% degli allevamenti e all’86.6% dei capi.

Consultare questi report, disponibili per molte specie animali e vari indirizzi produttivi, può essere utile a gestire il lavoro quotidiano, considerando che gli USA sono un paese occidentale e ubicato nel medesimo emisfero (boreale) del nostro paese.

Di seguito sono riportati alcuni degli aspetti più interessanti del report Beef 2017.

  • Nati vivi: il totale dei nati vivi è stato nel 2017 del 97.7%, con un 98% nelle pluripare ed un 95.2% nelle primipare.
  • Mesi dei parti: il 55.6% dei parti avviene nei mesi di Febbraio, Marzo e Aprile. L’8.1% si verifica invece a Giugno, Luglio e Agosto e il 27.3 % nei restanti mesi.
  • Asportazione delle corna: viene effettuata nel 7.8% degli allevamenti.
  • Castrazione: viene praticata ai maschi nel 62% degli allevamenti e nel 79% degli animali. Queste percentuali salgono, rispettivamente, al 90.9 e 91.7 % negli allevamenti più grandi (>200 capi).
  • Svezzamento: avviene mediamente a 195.8 giorni ma nel 34.3% degli allevamenti è effettuato a meno di 180 giorni. Il 51.8% delle aziende, per decidere quando svezzare, usa il criterio del peso e dell’età. Il peso medio allo svezzamento è di 248 kg, di 243 kg per le femmine destinate alla rimonta e di 259 kg per i maschi.
  • Informazioni ai compratori: il 42.5 degli allevatori fornisce ai compratori informazioni su come vengono allevati gli animali. Questa percentuale sale al 78.8% nel caso dei grandi allevamenti.
  • Tecnologie riproduttive: il 7.3% degli allevamenti usa la sincronizzazione ormonale. Questa percentuale sale al 24.9% nei grandi allevamenti. La fecondazione artificiale è praticata dall’11.6 % delle aziende, con un picco del 29.4% in quelle più grandi. Nel 53.6% degli allevamenti si fa la diagnosi di gravidanza. L’ultrasonografia è utilizzata nel 39.4% degli allevamenti e la valutazione della qualità del seme nel 50.5%. Gli embryo transfer si fanno nel 3% degli allevamenti e questa percentuale sale solo al 5.5% nei grandi allevamenti. Nei grandi allevamenti viene rilevato spesso il BCS (30.6%) ed effettuata la misurazione del diametro pelvico (15%). La diagnosi di gravidanza viene effettuata tramite palpazione nel 19.3% degli allevamenti e tramite test ematici nel 3.5%.
  • Assistenza al parto: nel 95.5% degli allevamenti, nel 2017, non è stata effettuata alcuna assistenza al parto, nel 3.6% è stato fornito un aiuto lieve mentre nello 0.1% si praticato un parto cesareo. Il 93.2% delle aziende monitorano il parto delle manze e l’89% quello delle vacche.
  • Stagioni riproduttive: il 58% degli allevamento non toglie mai il toro dalle femmine. Questa percentuale scende al 26.3% nelle aziende più grandi.
  • Gestione dei tori: La consuetudine più diffusa negli USA è avere un toro di più di 2 anni d’età ogni 25-30 femmine, con punte che arrivano fino a 50. Nel caso di tori più giovani (<15 mesi), questi gestiscono mediamente 15 femmine. I giovani tori vengono separati da quelli più vecchi. Negli USA il 15.2 % degli allevamenti usa solo tori giovani mentre il 22% solo quelli maturi. Mediamente, il 28% dei tori arriva dall’esterno, percentuale che sale al 61% nei grandi allevamenti. Il 66.8% delle aziende verifica la qualità del seme, il 57% misura il diametro dello scroto e il 53.6% ricerca il Tritrichomonas foetus. Tali percentuali salgono nei grandi allevamenti rispettivamente al 96.4%, 91.4% e 67.3%.
  • Veterinari: nel 2017 si è ricorso al veterinario per la diagnosi e il trattamento delle malattie nel 37.3% degli allevamenti, per la prevenzione nel 34%, per la nutrizione nel 13.9% e per la gestione nel 9.2%. Queste percentuali diventano, nelle grandi stalle, rispettivamente, del 61.4, 58.6, 30.8 e 21.1 %.
  • Impianti che promuovono la crescita: negli USA vengono utilizzati nei vitelli supporti ormonali come promotori di crescita (ormoni) nell’8.4% degli allevamenti. Questa percentuale sale al 31.4 % nelle grandi stalle.
  • Controllo degli insetti: nell’83.9% degli allevamenti statunitensi viene adottato un sistema di controllo degli insetti come le mosche. Il 55.2% utilizza prodotti topici, ossia sugli animali, il 37.7% fa un controllo ambientale, il 25.4% usa “ear tag” (supporti auricolari), il 22.1% prodotti orali e l’1.4% fa il controllo biologico.
  • Controllo dei ratti e dei topi: il 66.4% degli allevamenti tiene sotto controllo topi e ratti. Di questi, il 48.5% utilizza i gatti, il 32,2% prodotti chimici e il 18.1% le trappole.