Dalla Corte costituzionale arriva la sentenza che chiarisce: nessun contrasto delle De.Co. con le normative su DOP, IGP e STG.

Le denominazioni comunali (di seguito De.Co.) sono certificazioni utilizzate in Italia nel settore agroalimentare per attestare il collegamento di un prodotto o delle sue fasi produttive a un particolare territorio comunale. Queste certificazioni, introdotte con la Legge n. 142 dell’8 giugno 1990, sono volte a promuovere e tutelare i prodotti tipici locali, valorizzandone le tradizioni, le tecniche di produzione e le peculiarità legate ad un determinato territorio.

Le De.Co. si differenziano dalle DOP, IGP e STG per alcune caratteristiche specifiche, come il livello di riconoscimento e i criteri specifici di attribuzione. In ogni caso la natura e la funzione delle De.Co. sono state oggetto di diverse discussioni in relazione ai rapporti con le denominazioni protette a livello comunitario. Per risolvere la questione è intervenuta la Corte Costituzionale con la sentenza n. 75 del 2023 fornendo così indispensabili chiarimenti in merito.

La questione di legittimità costituzionale rimessa alla Corte

Nel giudizio promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso, la Corte è stata chiamata ad esprimersi sulla legittimità costituzionale degli artt. 1 commi 1 e 3, 2, 3 e 4 della Legge Regionale siciliana 18 marzo 2022 n. 3 (Istituzione e disciplina del Registro regionale telematico dei Comuni e dei relativi prodotti a denominazione comunale De.Co.) perché in contrasto con i vincoli, nonché con gli obblighi, derivanti delle disposizioni di cui all’art. 117 Cost.

L’art. 1 della Legge Regionale in commento, denominato “finalità”, stabilisce che:

  • Comma 1. La Regione siciliana promuove l’istituzione della denominazione comunale (De.Co), quale strumento per la salvaguardia, la tutela e la diffusione delle produzioni agroalimentari ed enogastronomiche territoriali, dell’artigianato, della biodiversità nonché per la difesa della storia, delle tradizioni e dei saperi locali e la promozione delle specificità storiche e culturali dei territori comunali.
  • Comma 3. Nel rispetto della normativa europea e nazionale in materia di protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari, la presente legge promuove la conoscenza, mediante l’istituzione del Registro regionale telematico di cui al successivo articolo 3, dei comuni e dei relativi prodotti a denominale comunale.

 L’art. 2, nominato “definizione”, stabilisce che:

  • la denominazione comunale De.Co. è una attestazione di identità territoriale, deliberata dal Consiglio comunale su proposta della Giunta comunale, che individua l’origine ed il legame storico culturale di un determinato prodotto con il territorio comunale. Per prodotti a denominazione comunale si intendono:
  1. i prodotti tipici, cioè quelli in cui si realizza la concomitanza di fattori riconducibili alla localizzazione geografica dell’area di produzione o alle relative tecniche di preparazione. Tale prodotto può derivare da attività agricola, zootecnica, di pesca artigianale o dalla lavorazione e trasformazione di prodotti derivanti dalle stesse attività, ottenuto o realizzato sul territorio comunale, secondo modalità consolidate nei costumi e nelle consuetudini locali, anche mediante tecniche innovative che ne costituiscono il naturale sviluppo e aggiornamento. Per prodotto tipico si può intendere una ricetta o un prodotto ad alto valore storico della tradizione locale;
  2. i prodotti tradizionali locali, cioè quelli caratterizzati da metodi di lavorazione e trasformazione praticati su un territorio e consolidati nel tempo, per un periodo non inferiore ai venti anni.

L’art. 3 istituisce e disciplina il Registro regionale telematico dei comuni e dei relativi prodotti a denominazione comunale De.Co.

L’art. 4 rimette alla Regione Sicilia l’adozione di iniziative per la diffusione e la promozione dei prodotti iscritti al Registro regionale De.Co.

I motivi del ricorso

Il ricorrente osserva che le disposizioni degli artt. Da 1 a 4 della L.reg. Sicilia n. 3 del 2022 riguardano la materia delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari le quali, nelle varie forme di «denominazioni di origine protette», «indicazioni geografiche tipiche» e simili, sono ormai oggetto di una normativa totalmente armonizzata a livello di diritto dell’Unione europea in tre regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio:

  • il Regolamento n. 1151/2012  sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari;
  • il Regolamento n. 1308/2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli;
  • il Regolamento n. 787/2019 relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione e all’etichettatura delle bevande spiritose, all’uso delle denominazioni di bevande spiritose nella presentazione e nell’etichettatura di altri prodotti alimentari, nonché alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose e all’uso dell’alcol etilico e di distillati di origine agricola nelle bevande alcoliche, e che abroga il regolamento (CE) n. 110/2008.

Il ricorrente rileva che, anche in ambito internazionale, tale materia è già disciplinata dall’Accordo di Lisbona (1958) sulla protezione delle denominazioni d’origine e sulla loro registrazione internazionale, ratificato con legge 28 aprile 1976, n. 424 di recente modificato e integrato con il cosiddetto Atto di Ginevra, a cui l’Unione europea ha aderito con la decisione (UE) 2019/1754 del Consiglio il 7 ottobre 2019.

Il ricorrente deduce, quindi, che le disposizioni regionali censurate sono sovrapponibili, o, comunque, suscettibili di recare ostacolo alla piena applicazione nell’ordinamento interno delle fonti europee e internazionali richiamate.

La decisione della Corte

La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili, nonché infondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 3, 2, 3 e 4 della L. Regionale siciliana n. 3 del 2022, chiarendo che:

  • la denominazione comunale De.Co. non è un marchio, né un segno distintivo di protezione di un prodotto; ma è una mera “attestazione di identità territoriale”, che rientra a pieno nella nozione di «indicazione geografica semplice», la quale non interferisce con le denominazioni registrate a livello europeo (DOP, IGP e STG).
  • l’indicazione De.Co. su un determinato prodotto non ne attesta le caratteristiche qualitative – come accade per le denominazioni protette a livello europeo – ma testimonia che il prodotto “è parte” di quel territorio.
  • le norme regionali impugnate, non sono in contrasto con il principio di libera circolazione delle merci di cui all’art. 28 TFUE, né sono qualificabili come misure a effetto equivalente.

Con la Sentenza n. 75 del 2023, dunque, la Corte Costituzionale afferma che le Denominazioni Comunali (De.Co.), non essendo né un marchio né un segno identificativo di protezione del prodotto, sono considerate “indicazioni geografiche semplici” e, in quanto tali, non entrano in conflitto con le normative europee ed internazionali che disciplinano DOP, IGP, e STG per cui non costituiscono misure che equivalgono a una restrizione quantitativa nel mercato interno.