Introduzione

L’echinococcosi rappresenta una delle malattie parassitarie più pericolose dell’allevamento ovino, poiché causa ingenti perdite (incluse vite umane). Come vedremo in seguito, ad oggi ancora non esiste una cura specifica per gli ovini, ma vi sono solo le norme di profilassi per tutto l’ecosistema aziendale.

Descrizione morfologica e ciclo biologico del parassita

L’Echinococcus granulosus (dal greco “granello dal guscio spinoso”) è un parassita a diffusione cosmopolita appartenente alla classe dei cestodi ed alla famiglia delle tenie.

Gli ospiti definitivi sono il cane ed altri canidi (in Italia, i più comuni sono lupo e volpe). Il parassita è localizzato nell’intestino tenue di questi animali, che avendo la libertà di girare liberamente per i pascoli vengono contaminati. L’infestazione è dovuta all’ingestione di visceri di ospiti intermedi che contengono le cisti idatidee (forma larvale del parassita). Gli ospiti intermedi sono: ovicaprini, bovini, bufalini, suini, equini, ruminanti selvatici e l’uomo (trattandosi di zoonosi, l’attenzione su questo parassita è molto alta).

Esistono due modi per dar vita all’infestazione:

  • predazione di animali infetti al pascolo: questo problema è più difficile da risolvere poiché oltre alla perdita economica del capo abbiamo anche una disseminazione delle uova in tutto l’ecosistema. Il problema dei predatori è molto importante per l’eradicazione di questa malattia, perché i predatori, a differenza dei cani pastori, migrano continuamente da un posto all’altro avendo la possibilità di infestare anche altre greggi lontane. Inoltre anche i cinghiali contribuiscono alla disseminazione;
  • abbandono di visceri infetti residui della macellazione: qui ovviamente si può intervenire e bloccare il ciclo.

Caratteristiche morfologiche di Echinococcus

Scolice: la parte che aderisce agli organi bersaglio mediante 4 ventose e termina con il rostello costituito da una doppia corona di uncini.

Corpo: chiamato strobila, è costituito da 3 o 4 proglottidi (segmenti del corpo del parassita), di cui l’ultimo molto grande e gravido.

Una volta entrato nell’ospite, il parassita adulto si libera delle proglottidi gravide con le feci, disseminando così le uova nell’ambiente circostante.

In riferimento agli ovini, essi si infettano al pascolo ingerendo le uova molto resistenti alle condizioni ambientali.

La specie che interessa gli ovini è Echinococcus granulosus complex, che comprende anche Echinococcus granulos sensu strictu; di quest’ultima fanno parte 3 ceppi:

  • G1 ceppo ovino;
  • G2 ceppo ovino della Tasmania;
  • G3 ceppo del bufalo.

Come accennato, gli ovini si infettano al pascolo: infatti il parassita adulto che vive nell’intestino (digiuno e parte prossimale dell’ileo) degli ospiti definitivi rilascia le proglottidi gravide (ogni proglottide può contenere da 500 a 800 uova) all’esterno con le feci, disseminando le uova (indistinguibili dalle uova delle altre tenie). Queste  uova, una volta ingerite, arrivano indisturbate fino all’abomaso; qui per azione dei succhi gastrici si schiudono liberando l’embrione presente nelle uova, il quale attraversa la membrana intestinale e, per via linfoematogena, raggiunge le sedi elettive. Praticamente ogni organo potrebbe diventare sede di localizzazione delle cisti idiatee, tuttavia gli organi in cui avviene prevalentemente l’insediamento sono fegato e polmoni.

Lo stesso meccanismo d’azione del parassita vale anche per l’uomo: in quanto ospite intermedio, ciò che cambia è la modalità di contagio, infatti l’uomo contrae la malattia ingerendo soprattutto vegetali (coltivati o selvatici) contaminati dalle uova o comunque alimenti contaminati.

Possibile provenienza in azienda

Per quanto riguarda la possibile provenienza oltre ai casi descritti sopra, attribuibili a predatori e agli stessi cani pastori, esistono altre due possibilità:

  1. insetti che fanno da vettore delle uova contenute nelle feci: se questo avviene nell’ecosistema pascolo è difficile da prevenire, al contrario in ambiente stallino basterebbe un buon programma di disinfezione, allontanare il letame dalla stalla ed utilizzare prodotti repellenti per prevenire e/o attenuare il problema d’infestazione;
  2. introduzione di nuovi capi infetti in azienda.

Manifestazione clinica degli animali malati

Negli ospiti definitivi quasi sempre la malattia si presenta in modo asintomatico, tuttavia quando sono presenti altri disturbi o malattie può manifestarsi provocando i sintomi simili ad altre patologie come dimagramento, diarrea, disidratazione etc.. Negli ospiti intermedi il decorso della malattia è subclinico, nell’uomo la rottura delle cisti può portare alla morte per shock anafilattico.

Situazione reale di echinococcosi nazionale

Secondo un rapporto dell’EFSA del 2007, in Italia l’1.30% del patrimonio ovino nazionale risulta colpito da questa malattia (particolare in Sud Italia e Sardegna).

Macello

In sede di macellazione, chiaramente gli organi infettati devono essere distrutti, tuttavia data la crescita lenta delle cisti (varia da soggetto a soggetto) un animale può comunque presentarsi in ottime condizioni fisiche soprattutto se segue un alimentazione specifica per il potenziale genetico.

Esami di laboratorio

Nell’ospite definitivo è possibile effettuare esami copromacroscopici per individuare i parassiti adulti (che vengono eliminati a seguito di somministrazioni di sostanze tenifughe). L’osservazione delle uova è complicata, in quanto le uova di Echinococcus non sono praticamente distinguibili da quelle di altre tenie.

Eventuali terapie

Per quanto riguarda la terapia da somministrare agli ospiti definitivi, merita una menzione d’onore il Praziquantel. È un antielmintico attivo nei confronti dei parassiti appartenente alla classe dei cestodi (famiglie delle taenidae, dilepididae e mesocestoididae). In pratica, modifica la permeabilità delle membrane agli ioni calcio, provocando il distacco dalla parete intestinale e la conseguente eliminazione con le feci. Tuttavia però non agisce sulle uova, pertanto le feci espletate dopo la somministrazione e nelle le 24 ore successive dovranno essere distrutte tramite incenerimento.

Per quanto riguarda invece gli ospiti intermedi, è stato osservato che i benzimidazolici, classe di farmaci a cui appartiene anche l’albendazolo, provocano una sterilizzazione delle cisti idatidee (somministrazioni sperimentali protratte per più giorni consecutivamente, quindi non seguendo le due (di media) canoniche somministrazioni come avviene nelle stalle).

Occorre ricordare che stiamo attraversando un’epoca in cui le due parole d’ordine sono uso razionale del farmaco e riduzione dell’inquinamento ambientale, pertanto, vista la questione legata alla farmaco-resistenza, il ricorso ai farmaci deve essere razionale e ponderato, cercando di ricorrere sempre più ad analisi oggettive da laboratorio, che con lo sviluppo delle nuove tecnologie ha raggiunto dei costi sostenibili per gli allevatori. È risaputo che nelle aziende, con molti cani presenti, l’eventuale gestione terapeutica con la successiva distruzione delle feci non è facile.

Gestione dei cani da pastore in azienda

Il consiglio è quello di abituare fin da piccoli i cani alle terapie, in modo che anche da adulti collaborino. Tuttavia un buon metodo di intervento per un gruppo di cani numerosi potrebbe essere quello di costruire un recinto abbastanza alto in modo da non poter essere saltato ed abituare i cani ad entrarci convincendoli con del cibo, mantenendo il cancello aperto per i primi giorni in modo che acquistino fiducia in questo ambiente. Successivamente, quando i cani si sono perfettamente abituati, chiudere per un breve periodo di tempo la porta (ogni giorno un po’ di più, ma in modo graduale) meglio quando sono occupati a mangiare, e continuare così fino al giorno della somministrazione del farmaco. Subito dopo la terapia bisogna tenere i cani rinchiusi per 24 ore; poi, una volta fatti uscire, andranno eliminate le loro feci. Tutto questo potrebbe essere un buon compromesso anche per animali che non sono abituati a restare al chiuso.

Profilassi

Oltre alle normali misure di profilassi descritte sopra, esiste un vaccino ricombinante (EG95) che in Australia e Argentina ha protetto più dell’80 % delle pecore vaccinate.

Considerazioni finali

Questa malattia, in quanto zoonosi merita di essere trattata tramite un protocollo rigido e funzionale. E’ necessaria una maggiore informazione in materia di profilassi tra gli allevatori e gli esperti, tramite il monitoraggio dei macelli, potrebbero riuscire a circoscrivere delle aree e “bonificarle” (ciò, ad onor del vero, accade già in qualche zona dell’Italia).

Come per tutti i problemi sanitari, c’è bisogno di una stretta collaborazione tra allevatore e veterinario, dato che questo tipo di rapporto spesso non è approfondito per via del basso reddito di queste attività, tuttavia fin quando non considereremo le aziende come delle normali attività, ossia valutando i rapporti costi/benefici come avviene in altri campi, non ci potrà essere nessun progresso.

Certo di un rinnovo generazionale sempre più valido e preparato, probabilmente tra qualche anno le malattie parassitarie verranno trattate con protocolli sempre più dettagliati e le perdite aziendali saranno sempre più basse.

Bibliografia

1) PARASSITI D’ITALIA – società italiana di parassitologia

2) PARASSITOLOGIA E MALATTIE PARASSITARIE DEGLI ANIMALI – M.A TAYLOR, R.L. COOP, R.L. WALL.