Ogni anno, all’avvicinarsi della stagione calda, alimentaristi e allevatori si interrogano su quali siano le migliori strategie da implementare per limitare i danni prodotti dal calore eccessivo sulle vacche in lattazione, ovvero minor ingestione e minor produzione.

Lo stress da caldo più difficile da gestire si ha quando le temperature e l’umidità si alzano repentinamente, ciò porta le vacche a ridurre sensibilmente l’ingestione, per poi aumentarla nuovamente quando le temperature tornano più fresche. Se, per compensare la mancata ingestione, si incrementa l’energia della razione, utilizzando ad esempio maggiori concentrati, si finisce per favorisce l’insorgenza dell’acidosi ruminale.

Motivi biologici dietro la ridotta ingestione

Per capire meglio il meccanismo biologico dietro questo fenomeno, possiamo prendere come confronto il metabolismo di una vacca ad inizio lattazione. In questa particolare fase, normalmente, la bovina consuma più di quanto riesca ad ingerire e, per supportare la domanda di nutrienti proveniente dalla mammella, compensa alterando il metabolismo dei carboidrati e dei lipidi, perdendo quindi peso. I livelli di insulina nel sangue vengono ridotti, determinando la riduzione dell’assorbimento dei grassi non esterificati (NEFA), importante fonte energetica e precursori del grasso nel latte (O’Brien et al., 2008), e del glucosio, da parte del tessuto muscolare ed adiposo. Vengono inoltre mobilitati acidi. L’effetto netto di questo maggior impiego di acidi grassi, sommato al risparmio di glucosio, fa sì che questo zucchero venga reso disponibile alla ghiandola mammaria per la produzione di lattosio, e quindi di latte, in maggior quantità.

Differentemente, nei bovini sottoposti a stress da caldo, si ha una riduzione della ruminazione e nell’assorbimento dei nutrienti, mentre aumenta l’energia richiesta dal metabolismo basale. Questa risposta fisiologica è stata studiata dai ricercatori dell’Università dell’Arizona, i quali hanno condotto uno studio (Rhoads et al., 2007) per determinare quanto, in vacche sottoposte a stress da caldo, la diminuzione dell’ingestione influisca sulla minor produzione di latte.

Lo studio è stato strutturato in questo modo:

  • Un gruppo di vacche a metà lattazione è stato sottoposto a stress da caldo in cicli (umidità 20% e temperature variabili in un intervallo da 29,7 a 39,2°C) della durata di 16 ore, con un indice termico di 80 (figura 1).
  • Un altro gruppo di vacche è stato esposto a condizioni normali, circa 20°C e 15% di umidità, per circa 24 ore. I due gruppi avevano a disposizione la stessa quantità di alimento.

Risultati:

Le vacche stressate hanno ridotto l’ingestione di sostanza secca di circa 5 kg al giorno, stabilizzandosi il quarto giorno. La produzione è costantemente diminuita per sette giorni, culminando in una riduzione di circa 14 kg di latte.

Il secondo gruppo, con la stessa quantità di alimento a disposizione, ha perso circa 6 kg di latte in due giorni, per poi stabilizzarsi. I ricercatori hanno concluso che la riduzione dell’ingestione dovuta a stress da caldo è stata responsabile per circa il 40-50% della minor produzione di latte.

La risposta fisiologica allo stress da caldo

Il perché una riduzione della sostanza secca ingerita sia responsabile solo per metà della perdita di produzione in animali sottoposti a stress da caldo ci viene spiegato da una ricerca precedente (Wheelock et al., 2006) dalla quale è emerso che queste bovine, a differenza delle vacche ad inizio lattazione, non incrementano la circolazione di NEFA, importanti molecole energetiche e precursori del grasso nel latte.

Altri ricercatori (Baumgard, 2008) hanno anche osservato un aumento dell’azoto ureico nelle vacche sottoposte a stress da caldo, indicando la possibilità che il tessuto muscolare contribuisca alla perdita del peso corporeo più di quanto precedentemente assunto.

Utilizzando un test di tolleranza al glucosio per via endovenosa, i ricercatori dell’Arizona hanno anche dimostrato una maggiore produzione di insulina per far fronte alla maggior presenza di  glucosio negli animali sottoposti a stress termico. L’insulina, inoltre, riduce la mobilizzazione dei grassi, spiegando quindi i livelli ridotti di NEFA nel gruppo stressato.

Le vacche stressate dal caldo rispondono in modo da ridurre la produzione del calore metabolico utilizzando il glucosio al posto dei NEFA, il quale genera meno calore durante l’ossidazione. Questo zucchero è però meno energetico rispetto agli acidi grassi, per cui le bovine ne dirottano il flusso dalla ghiandola mammaria per far fronte alle esigenze metaboliche dei tessuti. Questa carenza di zucchero nella mammella determina l’inibizione della sintesi del lattosio, riducendo ulteriormente la produzione di latte.

Stress da caldo e acidosi

Quando le vacche sono sottoposte a stress da caldo, rispondono sudando e ansimando. L’aumento della frequenza respiratoria causa un aumento nell’espirazione di anidride carbonica, aumentando il pH del sangue a causa della carenza di acido carbonico, precursore della CO2. Quando una vacca ansima, il bicarbonato viene convertito in acido carbonico, che viene spezzato in anidride carbonica e acqua e perso attraverso la respirazione (West, 2003).

La bovina deve mantenere un rapporto bicarbonato – anidride carbonica di 20:1. Il declino della CO2 nel sangue provoca una risposta da parte dei reni, i quali incrementano l’escrezione urinaria di bicarbonato per mantenere costante questo rapporto. Ciò riduce anche il bicarbonato nella saliva, il cui scopo è quello di tamponare il pH del rumine (Baugard et a., 2007).

La diminuzione del potere tampone della saliva, abbinata ad una riduzione della ruminazione durante i periodi di bassa ingestione e a qualsiasi potenziale cambiamento della razione, possono rendere più difficile tamponare il pH ruminale durante i periodi di stress da caldo.

Considerazioni nutrizionali

Diverse strategie nutrizionali possono essere attuate durante periodi di stress da caldo. Queste includono:

  • riformulare la razione tenendo conto della ridotta ingestione, dei costi di metabolismo basale più elevati e della produzione di calore metabolico da vari alimenti (West, 2003), e distribuire l’alimentazione nelle prime ore del mattino o della sera tardi per ridurre il carico di calore totale sugli animali (Staples, 2007);
  • l’alimentazione con diete con un’elevata differenza tra cationi e anioni ha contribuito a migliorare l’ingestione in vacche sottoposte a stress da caldo. La somministrazione in dieta di elevati livelli di potassio (1,5% di sostanza secca), sodio (0,45-0,60% di sostanza secca) e magnesio (0,35-0,40 di sostanza secca) è raccomandata (Staples. 2007) in quanto sono i principali cationi presenti nel sudore dei bovini.

Il nutrizionista deve prestare attenzione se vuole aumentare i livelli di proteine ​​durante la stagione calda. Gli studi hanno infatti dimostrato che i costi energetici associati alla sintesi e all’escrezione dell’urea possono compromettere la produzione di latte quando si forniscono proteine ​​in eccesso (West. 2003).

Il contenuto di azoto non proteico nel sangue è stato correlato positivamente con le temperature rettali, suggerendo una riduzione dell’efficienza energetica e una maggiore produzione di calore con l’eccesso di azoto nella dieta (West. 2003).

Conclusioni

La riduzione dell’ingestione di sostanza secca da parte delle vacche stressate dal calore è responsabile per circa il 40-50% della diminuzione della produzione di latte. Le bovine stressate differiscono metabolicamente dalle vacche non stressate, la riduzione dell’ingestione è simile, ma le prime hanno un livello di NEFA circolante inferiore ed una maggiore efficacia dell’insulina.

Ciò si traduce in una crescente necessità di precursori del glucosio per soddisfare il fabbisogno energetico dell’animale. Il nutrizionista deve bilanciare l’uso di concentrati e foraggi per alimentare la produzione senza causare acidosi ruminale negli animali già propensi a sviluppare tale condizione.

 

di Bill Mahanna, Ph.D., Dipl. ACAN
CORTEVA Global Nutritional Sciences Manager