Con l’obiettivo di indagare l’effetto di alcune strategie gestionali sulla qualità microbiologica del latte, ed in particolare sulla presenza di batteri lattici, è stato condotto uno studio in 62 aziende di bovine da latte lombarde utilizzando dati gestionali e dati relativi alla qualità del latte. La maggior parte delle aziende vendevano il latte per la produzione di Grana Padano DOP.

Lo studio si è svolto grazie alla collaborazione tra il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano e l’Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari del CNR.

I batteri lattici esercitano un ruolo molto importante nel processo di caseificazione, ma sono importanti anche nel determinare l’aroma e la struttura del formaggio. La presenza naturale di batteri lattici è variabile e, negli ultimi anni, tendenzialmente in calo. Negli ultimi decenni, infatti, il miglioramento delle condizioni igieniche degli allevamenti ha portato la carica batterica totale a livelli molto bassi (inferiori alle 20000 UFC/ml); tali livelli di carica batterica hanno comportato un impoverimento anche in termini di batteri lattici nel latte, spesso con effetti negativi sulla qualità dei formaggi a latte crudo.

Nello studio, i dati derivanti dalle analisi microbiologiche del latte (Carica Batterica Standard, Batteri Lattici (LAB), Coliformi, Batteri anaerobi sporigeni, batteri psicrotrofi, Pseudomonas) e quelli derivanti dall’analisi della gestione aziendale (tipologia di stabulazione, tipologia di lettiera, routine di mungitura utilizzata, livello di pulizia degli animali…) sono stati elaborati utilizzando un’analisi multifattoriale con la finalità di indagare le complesse relazioni esistenti nell’ambiente stalla.

Per prima cosa si è valutata l’eventuale relazione tra la presenza dei diversi microrganismi nel latte. Dalle analisi effettuate è risultato che la Carica Batterica Standard (CBS) è maggiormente relazionata con la presenza di coliformi e psicrotrofi nel latte (r2=0.66), e meno con la presenza di batteri lattici (r2=0.60). Tale risultato mette in evidenza che il contenuto in batteri lattici è la risultante di molti aspetti e, soprattutto, difficilmente può essere stimato solo a partire dalla tradizionale valutazione della CBS nel latte. Il contenuto in batteri lattici non è inoltre risultato differente tra stagioni (estate vs inverno).

Con il fine di identificare la tipologia di gestione aziendale che maggiormente favorisce la conservazione dei batteri lattici, le aziende sono state raggruppate tra loro, utilizzando un approccio statistico di analisi a cluster. Utilizzando alcune variabili gestionali sono stati creati 3 gruppi di aziende con alcune caratteristiche gestionali differenti, ad esempio il numero di capi ed il livello produttivo; tutte le aziende coinvolte nel lavoro erano comunque di tipo intensivo ed erano localizzate nello stesso areale geografico.

Nel grafico 1 sono riportate alcune differenze tra i 3 cluster. Nel cluster 1 erano incluse le aziende più produttive, con una gestione della mungitura più accurata, espressa come percentuale di aziende che effettuavano il pre-dipping e post-dipping. In termini di caratteristiche microbiologiche del latte si è evidenziato un significativo minor contenuto di microrganismi totali (CBS rispettivamente per il cluster 1, 2 e 3 pari a 4,35, 4,69, 4,88 Log10 UFC/mL), mentre il contenuto in batteri lattici non è risultato significativamente differente tra i tre cluster. Il contenuto in batteri lattici rapportato alla CBS totale è risultato superiore nel cluster 1.

Figura 1. Routine di mungitura applicata, livello produttivo e contenuto in batteri lattici (LAB/CBS) nei 3 cluster.

Relativamente alla tipologia di lettiera utilizzata non si sono riscontrate particolari differenze tra i cluster, mentre alcune differenze sono state riscontrate in termini di pulizia degli animali allevati. Nella figura 2 sono riportate le percentuali di animali sporchi, valutati con il metodo dell’Hygiene score. Si è rilevato che un maggior numero di aziende appartenenti al cluster 1 avevano un Hygiene score con punteggi 3 e 4 (che indicano livelli di sporcizia maggiori) per meno del 20% degli animali (barra blu); tale percentuale è da considerarsi molto ridotta. Questi risultati suggeriscono che non sia tanto la tipologia di lettiera quanto la gestione della stessa (frequenza di rinnovo, rimozione ecc) ad avere un ruolo sulla pulizia degli animali e, conseguentemente, sulla qualità microbiologica del latte.

Figura 2. Pulizia degli animali nei 3 cluster considerati (barra blu: hygiene score 3+4<20%; barra verde: hygiene score 3+4 20-40%; barra grigia: hygiene score 3+4 >40%)

Lo studio ha messo in evidenza come le diverse modalità di gestione aziendale possano avere un ruolo sui batteri lattici ed in generale sui batteri caseari. È importante però ricordare che il sistema è complesso e molti sono i fattori che possono migliorare o peggiorare la qualità del latte alla stalla.

 

Tratto da “Effect of Different Farming Practices on Lactic Acid Bacteria Content in Cow Milk“, pubblicato su Animals 2021, 11(2), 522; doi.org/10.3390/ani11020522.

Autori

Luciana Bava 1, Maddalena Zucali 1, Alberto Tamburini 1, Stefano Morandi 2, Milena Brasca 2

1 Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, via Celoria 2, 20133 Milano, Italia; luciana.bava@unimi.it (L.B.); alberto.tamburini@unimi.it (A.T.)

2 Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari, via Celoria 2, 20133 Milano, Italia; stefa-no.morandi@ispa.cnr.it (S.M.); milena.brasca@ispa.cnr.it (M.B.)

Print Friendly, PDF & Email