L’ 8 e 9 giugno 2024 i cittadini europei sono chiamati a rinnovare i parlamentari che li rappresenteranno nella UE.
L’Italia è uno dei sei Paesi europei che la fondarono e ha il diritto di esprimere il 10.7% dei parlamentari su un totale di 705. Davanti a noi solo la Germania e la Francia.
Ruminantia ha dedicato a queste elezioni un articolo dal titolo “Non perdiamo questa occasione per contare qualcosa in Europa”.
Per scegliere le persone giuste a cui delegare il presente e il futuro dell’agricoltura e della zootecnia bisogna conoscerle per usufruire a fondo della grande opportunità offerta dal poter votare direttamente una lista ed esprimere una o più preferenze.
Pensiamo di fare il nostro dovere dando la possibilità a voi lettori di conoscere meglio i candidati che, o per contatto diretto o perché ci hanno interpellato, si sono candidati alle elezioni europee.
Oggi intervistiamo Camilla Laureti, eurodeputata uscente, che si presenta nella lista del Partito Democratico del Centro Italia (Lazio, Marche, Toscana e Umbria).
Prima di iniziare la nostra breve intervista ci parli di lei
Sono nata a Roma nel 1975, in una famiglia con forti radici umbre, nella città di Spoleto. E, quindi, con una vita tra due regioni e due città. Con una parte urbana ed una parte agricola, perché la mia famiglia conduce un’azienda agricola in Umbria. Nel 2016 inizia la mia attività politica, prima come assessora alla Cultura e al Turismo del Comune di Spoleto e, poi, nel 2018 quando mi candido a sindaca e al ballottaggio non sono eletta per pochissimi voti. Ma non demordo. Alle elezioni europee del 2019, il Partito Democratico mi candida nella Circoscrizione Lazio-Marche-Toscana-Umbria ed ottengo un risultato significativo che, però, non mi consente di entrare al Parlamento europeo, dove faccio ingresso nel febbraio 2022, a seguito della scomparsa di David Sassoli. Al Parlamento europeo ha ‘prevalso’ la linea umbra della mia famiglia e sono stata componente della Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. Il mio impegno per l’agricoltura continua anche in Italia, perché nel gennaio 2023 la segretaria Elly Schlein mi chiama a far parte della segreteria del Pd come responsabile nazionale per le politiche agricole. Ed oggi sono candidata per il Pd alle elezioni europee dell’8 e 9 giugno nella Circoscrizione Lazio-Marche-Toscana-Umbria.
Quali sono, secondo Lei, le criticità nella UE relativamente all’agroalimentare e nello specifico all’agricoltura e la zootecnia?
Questo tempo ci sta indicando che il settore agricolo è veramente “primario”. Cibo e sua qualità, difesa del territorio, nuove tecnologie per migliorare e rendere più compatibili le produzioni. Ed è un settore nel mezzo di una “doppia transizione”: ecologica e digitale. E penso che in questo passaggio tre punti vadano tenuti fermi. Il primo è che agli agricoltori, è ormai chiaro, troppo spesso non viene garantito il giusto prezzo dei loro prodotti: si trovano spesso schiacciati tra concorrenza di Paesi terzi che non rispettano i nostri standard di produzione e potere della grande distribuzione. Il secondo è la necessità di accompagnare la transizione verso pratiche sostenibili: siamo in un tempo di innovazione e, come mi hanno detto in un incontro, l’innovazione “va spiegata” e finanziata adeguatamente, altrimenti non è accessibile. Il terzo è riconoscere pienamente il ruolo “largo” dell’agricoltura: e, così facendo, attrarre nuove persone al lavoro in questo settore, aiutare il cambiamento in corso, far capire ai consumatori l’importanza della qualità del cibo e delle tradizioni agricole.
Si può trovare un equilibrio tra sicurezza alimentare, ossia cibo sano e disponibile per tutti, e la sostenibilità ambientale, sociale ed economica?
È questa la sfida che abbiamo davanti, contrastando la narrazione di una contrapposizione fra agricoltura e ambiente. Tutt’altro. Gli agricoltori sono i primi custodi della biodiversità e dei territori. E poi sta cambiando l’aria del tempo con sempre più cittadini e cittadine che fanno attenzione alla qualità del cibo di cui si nutrono. Allora il punto è come promuovere la sostenibilità in agricoltura? Qui è l’impegno, e secondo me le direttive sono chiare: sostenere gli agricoltori nella conversione ecologica con risorse adeguate e assistenza tecnica, favorire la produzione bio, promuovere le filiere corte, sostenere il protagonismo delle donne e dei giovani nel settore. E questa la direzione in cui va riformata la Pac in modo che i finanziamenti arrivino sempre più ai medi e piccoli agricoltori, che oggi spesso hanno difficoltà nell’accesso ai suoi strumenti.
Il Green Deal Europeo è da salvare così com’è o con aggiustamenti o è da buttare via?
Il Green Deal è una necessità storica. Non abbiamo alternativa alle politiche di contrasto al cambiamento climatico se vogliamo salvare il pianeta e la nostra salute. Poi io penso che la transizione verde debba avere un “cuore rosso”, cioè mantenere la coesione sociale: non possiamo lasciare imprese e famiglie sole davanti a questa trasformazione epocale. È su questa gradualità che dobbiamo lavorare. Per questo sostengo che il “Fondo europeo per la transizione” – attualmente di 17 miliardi di euro – vada rafforzato. E poi io sono convinta che noi dobbiamo guardare al Green Deal come ad una grande sfida dal punto di vista tecnologico. L’Europa deve investire nella conversione ecologica di tutti i settori, deve essere all’avanguardia nelle nuove tecnologie applicate all’agricoltura. C’è insomma un campo di sviluppo in cui agricoltura e Università possono collaborare. E qui l’Europa, con i suoi programmi di ricerca, può aiutare molto. Insomma è un tempo di grandi cambiamenti per l’agricoltura e secondo me l’Europa è l’unica dimensione in cui veramente possiamo trovare le soluzioni per affrontarli nel modo migliore.