L’ 8 e 9 giugno 2024 i cittadini europei sono chiamati a rinnovare i parlamentari che li rappresenteranno nella UE.
L’Italia è uno dei sei Paesi europei che la fondarono e ha il diritto di esprimere il 10.7% dei parlamentari su un totale di 705. Davanti a noi solo la Germania e la Francia.
Ruminantia ha dedicato a queste elezioni un articolo dal titolo “Non perdiamo questa occasione per contare qualcosa in Europa”.
Per scegliere le persone giuste a cui delegare il presente e il futuro dell’agricoltura e della zootecnia bisogna conoscerle per usufruire a fondo della grande opportunità offerta dal poter votare direttamente una lista ed esprimere una o più preferenze.
Pensiamo di fare il nostro dovere dando la possibilità a voi lettori di conoscere meglio i candidati che, o per contatto diretto o perché ci hanno interpellato, si sono candidati alle elezioni europee.
Oggi intervistiamo Marco Reguzzoni che si presenta nella lista Forza Italia – circoscrizione Nord-Ovest (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia).
Prima di iniziare la nostra breve intervista ci parli di lei
Inizio dicendo che provengo da una famiglia dalla grande tradizione contadina: mio padre aveva un allevamento di vitelli, un macello e un negozio di famiglia. Conosco le soddisfazioni che può dare questa attività, ma conosco bene anche i sacrifici: ho anche visto mio padre – un uomo in grado di tenere in spalla una mezzena – piangere di fronte alle norme dell’USL che gli imponevano di chiudere il macello, oppure disperarsi quando una finestra lasciata inavvertitamente aperta faceva ammalare un centinaio di vitelli, costringendolo ad abbatterli. Ci sono cresciuto, in questo mondo.
Dopo il liceo, mi sono laureato in Ingegneria e di recente in Scienze Politiche. Nasco come imprenditore e ho avuto l’onore di ricoprire ruoli importanti nelle istituzioni, prima come Presidente della Provincia di Varese e poi il Capogruppo della Lega alla Camera dei Deputati durante l’ultimo governo Berlusconi. Ho lasciato la politica quando è arrivato il governo tecnico di Monti. Ero deluso e sono rimasto fuori per dodici anni. Oggi sono tornato e a convincermi sono stati due fattori: la fine dell’epoca dei governi tecnici e le parole di Manfred Weber – presidente del PPE, il partito di maggioranza in Europa – convinto, come me, che il nostro continente debba ritrovare la sua vocazione produttiva e industriale. Riportare la produzione in Europa è fondamentale: la ricchezza delle nazioni, infatti, parte proprio da qui.
All’interno della maggioranza darò il mio contributo, partendo dalla difesa della nostra cultura alimentare europea. Credo fortemente che i prodotti del nostro continente siano unici al mondo e che vadano difesi. Da nessuna parte, infatti, c’è una cultura del cibo equiparabile alla nostra in termini di qualità e varietà.
Per quanto riguarda la difesa della nostra produzione, mi sono sempre battuto, durante la mia esperienza politica, per tutelare l’Italia dalla concorrenza sleale e senza attenzione alle ricadute ambientali di alcuni Paesi emergenti. La legge Reguzzoni-Versace che ho fatto approvare quando ero parlamentare, per esempio, dice che non si possono mettere etichette con scritto “Made in Italy” se il prodotto non è stato realizzato in Italia. È una legge per il settore tessile, ma andrebbe applicata anche alla filiera agroalimentare e, soprattutto, portata in Europa. Ci sono troppi prodotti che vengono venduti come italiani ma non lo sono. È anche un danno d’immagine per la nostra nazione.
Quali sono, secondo Lei, le criticità nella UE relativamente all’agroalimentare e nello specifico all’agricoltura e la zootecnia?
Il settore agroalimentare e zootecnico è fondamentale per la nostra economia, la nostra cultura e la nostra salute e ha radici profonde nella storia e nella cultura italiana. Il latte e i prodotti di origine animale hanno giocato un ruolo chiave nello sviluppo delle nostre comunità.
Eccellenze straordinarie come il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano, il Gorgonzola, il Taleggio (e moltissimi altri), sono simboli stessi dell’Italia. Sostenere la zootecnia significa però non solo preservare le nostre tradizioni, ma anche promuovere l’innovazione. È necessario incentivare pratiche agricole sostenibili, che migliorino il benessere degli animali e riducano l’impatto ambientale.
Le recenti decisioni prese in paesi come l’Olanda e l’Irlanda, che prevedono la chiusura degli allevamenti di bovini per ridurre le emissioni inquinanti, rappresentano un grave errore. Queste politiche, dettate da ideologie anti-allevamento piuttosto che da un vero interesse ambientale, rischiano di compromettere la nostra sicurezza alimentare, di danneggiare economicamente i nostri produttori e di portare alla perdita di straordinarie tradizioni enogastronomiche.
Dobbiamo puntare su un approccio basato sulla scienza e non sull’ideologia! La politica deve essere aperta alle innovazioni che hanno dimostrato di essere efficaci nel migliorare la sostenibilità e la produttività delle nostre aziende agricole. Le soluzioni devono essere pratiche e supportate da dati concreti, non da campagne di disinformazione.
È fondamentale educare i consumatori e i produttori sull’importanza di un’agricoltura sostenibile. Solo attraverso un dialogo aperto e informato possiamo costruire un futuro in cui il benessere degli animali, la sostenibilità ambientale e la produttività agricola coesistano armoniosamente. Dobbiamo lavorare insieme per costruire un settore agroalimentare forte e sostenibile. Mi impegno a sostenere questo settore con politiche che promuovano la trasparenza, l’innovazione e il rispetto per le tradizioni italiane, contrastando le ideologie estremiste e promuoveremo un dialogo equilibrato e costruttivo per garantire un futuro prospero e sostenibile per tutti.
Insieme possiamo fare la differenza, proteggere i nostri valori e garantire un futuro migliore per le nostre comunità e per il nostro Paese.
Si può trovare un equilibrio tra sicurezza alimentare, ossia cibo sano e disponibile per tutti, e la sostenibilità ambientale, sociale ed economica?
Assolutamente sì. La chiave risiede in un approccio integrato, che valorizzi la nostra tradizione agroalimentare e allo stesso tempo adotti innovazioni sostenibili.
In particolare, ritengo fondamentale attuare politiche che sappiano:
incentivare con sussidi e agevolazioni fiscali l’adozione di nuove tecnologie e pratiche di allevamento innovative che sappiano coniugare la produttività con la riduzione dell’impatto ambientale;
proteggere e valorizzare le nostre tradizioni, promuovendo prodotti di alta qualità che possano competere sul mercato globale; le normative italiane ed europee su clima e ambiente sono già tra le più restrittive al mondo e questo approccio non solo sostiene l’economia locale, ma assicura anche cibo sano e adeguato per tutti;
fondare le nostre decisioni e scelte su evidenze scientifiche e non ideologiche, incoraggiando pratiche agricole sostenibili basate su ricerche scientifiche solide;
informare e sensibilizzare sia i produttori che i consumatori, favorendo la nascita di un sistema alimentare sostenibile, anche attraverso campagne educative per aumentare la consapevolezza sui benefici di pratiche agricole sostenibili e sull’importanza di una dieta equilibrata;
promuovere la collaborazione Internazionale a livello europeo e mondiale, per stabilire standard di sostenibilità che siano condivisi e rispettati da tutti i paesi.
Il Green Deal Europeo è da salvare così com’è o con aggiustamenti o è da buttare via?
Sicuramente va ripensato e modificato. Il Green Deal Europeo è un progetto che, nella sua concezione originale, mira a rendere le nostre filiere più innovative e sostenibili. Tuttavia, è evidente che, per come è stato trasformato e implementato dalla sinistra europea, comporta una serie criticità per i nostri settori produttivi, inclusi l’agricoltura e la zootecnia.
Le politiche ambientali devono essere basate su dati concreti e considerare sempre anche l’impatto economico e sociale. Solo così è possibile garantire una transizione ecologica che sia giusta e sostenibile per tutti.
Ascoltare e dialogare con agricoltori, allevatori, veterinari, nutrizionisti e agronomi nei processi che portano al disegno delle politiche che li riguardano, deve essere una priorità. La loro esperienza e competenza sono aspetti indispensabili per formulare politiche che siano realmente efficaci e attuabili.
Occorre comprendere che la sostenibilità ambientale è una conseguenza del miglioramento delle tecniche produttive, che possono aumentare la redditività delle nostre aziende agricole. Dobbiamo rivedere le normative per garantire che non diventino una camicia di forza per i nostri produttori, ma piuttosto un’opportunità di crescita e innovazione.
Le piccole e medie imprese agricole, che sono la spina dorsale della nostra economia rurale, non possono essere lasciate sole di fronte a cambiamenti così radicali. Proporrò misure concrete di sostegno finanziario e agevolazioni fiscali per aiutare queste aziende ad adottare pratiche più sostenibili senza mettere a rischio la loro esistenza.
Anche riguardo le Politiche Energetiche è necessario adottare un approccio più realistico e meno ideologico. Le proposte riguardanti le case green e le auto elettriche rischiano di gravare eccessivamente sulle famiglie italiane e di alimentare dinamiche negative legate a materie prime che provengono da Paesi che non rispettano i diritti umani e i parametri ambientali.
Credo fermamente che sia necessario un approccio pratico e non ideologico a questi temi. Il Partito Popolare Europeo, al quale appartengo, sostiene la protezione dell’ambiente, ma rifiuta un approccio ideologico, che finisce per danneggiare i nostri settori produttivi.
Mi impegno a rappresentare e difendere gli interessi degli allevatori italiani, impegnandomi affinché che le politiche europee tengano conto delle loro reali esigenze e contribuiscano al loro successo e alla loro sostenibilità a lungo termine.