L’ 8 e 9 giugno 2024 i cittadini europei sono chiamati a rinnovare i parlamentari che li rappresenteranno nella UE.

L’Italia è uno dei sei Paesi europei che la fondarono e ha il diritto di esprimere il 10.7% dei parlamentari su un totale di 705. Davanti a noi solo la Germania e la Francia.

Ruminantia ha dedicato a queste elezioni un articolo dal titolo Non perdiamo questa occasione per contare qualcosa in Europa.

Per scegliere le persone giuste a cui delegare il presente e il futuro dell’agricoltura e della zootecnia bisogna conoscerle per usufruire a fondo della grande opportunità offerta dal poter votare direttamente una lista ed esprimere una o più preferenze.

Pensiamo di fare il nostro dovere dando la possibilità a voi lettori di conoscere meglio i candidati che, o per contatto diretto o perché ci hanno interpellato, si sono candidati alle elezioni europee.

Oggi intervistiamo Mirco Carloni che si presenta nella lista Lega per Salvini Premier per la circoscrizione Centro Italia (Lazio, Toscana, Umbria e Marche)

Prima di iniziare la nostra breve intervista ci parli di lei

Mi chiamo Mirco Carloni, sono nato nel 1981 a Fano, nella provincia di Pesaro e Urbino, terra cui sono particolarmente legato e dove vivo con la mia famiglia. Ho cominciato il mio percorso politico il giorno del mio diciottesimo compleanno, quando mi sono candidato alle elezioni comunali di Fano e da quel giorno la politica è stata una costante della mia vita: prima, e per oltre dieci anni, nel comune della mia città, dove ho operato come assessore al Bilancio in un mandato e come Vice Sindaco con deleghe al Turismo e Attività Economiche nell’altro; poi, dal  2010 al 2020, come consigliere della Regione Marche. Nel 2020 sono stato rieletto consigliere e nominato vicepresidente della Regione con deleghe alle Attività Economiche e all’Agricoltura. Questi anni di lavoro mi hanno permesso di vivere da vicino il mondo produttivo, e di sperimentare la tempra, la genialità dei nostri imprenditori e il senso del sacrificio dei nostri agricoltori e allevatori.

Nel 2022 sono stato eletto come deputato della Repubblica italiana e, in particolare, come Presidente della Commissione Agricoltura, ruolo prestigioso che mi ha fatto capire l’enorme ricchezza che questo settore offre al nostro Paese. La soddisfazione più grande, però, è stata veder approvata la legge, a mia prima firma, per promuovere e favorire l’imprenditoria giovanile in agricoltura: un provvedimento che il settore aspettava da tempo per far fronte al grave problema del ricambio generazionale e che, sono certo, offrirà grandi opportunità a tanti giovani che scelgono di diventare imprenditori agricoli.

Dal 2019 sono docente a contratto in Auditing e Risk Management presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”.

La passione per il mio territorio mi ha spinto ad intraprendere anche un’attività imprenditoriale e nel 2012 ho aperto un’attività commerciale di cucina tradizionale.

La mia passione più profonda resta la politica: una politica autentica, fatta di passione e competenza, ma, soprattutto, capace di mettersi al servizio della Comunità.

Quali sono, secondo Lei, le criticità nella UE relativamente all’agroalimentare e nello specifico all’agricoltura e la zootecnia?

L’UE è diventata schiava dei radical chic. Conseguenza? Ambientalismo ideologico e burocrazia che, insieme alla concorrenza sleale e ad una non congrua redditività, sono le maggiori criticità del settore.

Negli ultimi anni, si è pensato di riproporre la visione ideologica della transizione ecologica, imponendo misure nascoste dietro la sostenibilità, facendole diventare un gravame economico, un costo per le imprese, nuova burocrazia e, soprattutto, nuove opportunità per i paesi terzi. I disastri del pensiero pseudo-green di Bruxelles contro il lavoro e i produttori sono sotto gli occhi di tutti: ci si è spinti fino a considerare gli agricoltori e allevatori nemici dell’ambiente, anziché i soli e veri custodi.

Noi siamo, e saremo sempre, dalla parte dei nostri agricoltori e allevatori: per questo ci stiamo battendo contro le eurofollie, che sono un pericolo per il  nostro patrimonio agroalimentare, e continueremo sempre a farlo, promuovendo le nostre filiere il cui valore va raccontato, tutelato e sostenuto e alle quali va riconosciuta la giusta redditività.

Riguardo al tema della redditività, colgo l’occasione per ricordare che, alla Camera dei Deputati, è stata approvata una proposta di legge, ora trasmessa al Senato, e di cui sono uno dei firmatari insieme ai colleghi della Lega. La proposta prevede la fissazione dei prezzi, stabiliti in base ai costi sostenuti dai nostri produttori, al di sotto dei quali non potranno più essere acquistate e cedute produzioni, o fatti accordi di filiera. Questo significa aiutare i nostri agricoltori, significa non lasciarli da soli davanti a pratiche sleali, e a prodotti agroalimentari che entrano nel nostro sistema agroalimentare etichettato made in Italy ma vengono ceduti a dei prezzi più bassi di quel che costa produrli qui.

Si può trovare un equilibrio tra sicurezza alimentare, ossia cibo sano e disponibile per tutti, e la sostenibilità ambientale, sociale ed economica?

La sicurezza alimentare e la sostenibilità ambientale, sociale ed economica sono tra i principali  obiettivi e priorità dichiarati dall’Unione europea, tuttavia, ai conclamati buoni propositi avrebbero dovuto fare seguito provvedimenti coerenti con gli obiettivi dichiarati.

Al contrario, stiamo assistendo alla svalutazione delle Dieta Mediterranea, per favorire la promozione di una dieta fatta di cibi artificiali o farine di insetti. In Parlamento abbiamo approvato una legge che vieta, quantomeno in Italia, la produzione e la commercializzazione di carne sintetica: un provvedimento doveroso per tutelare la salute degli italiani in mancanza di sufficienti informazioni scientifiche al riguardo.

È allucinante proclamare di voler promuovere la sicurezza alimentare e consentire, poi, l’ingresso nei mercati europei di grano, nel cui processo di lavorazione è stato usato il glifosato, che da noi è assolutamente vietato. L’Europa non migliora l’ecosistema se introduce il vincolo del trattore elettrico che viene prodotto in un paese extra UE, dove non solo non si rispettano regole ambientali, ma neppure i diritti umani.

Ancora, perché non si difendono le nostre filiere di qualità dalla concorrenza sleale, come quella generata usando fitofarmaci da noi vietati e permessi invece sui mercati stranieri?

Per tornare alla domanda, é possibile un equilibrio? Si, ma, di certo, piuttosto che sposare logiche di potere è necessario avere buon senso e investire in ricerca e innovazione scientifica, meccanizzazione e agricoltura di precisione.

Il Green Deal Europeo è da salvare così com’è o con aggiustamenti o è da buttare via?

Bisogna superare il Green Deal e recuperare il buon senso. Nel 2022 l’UE ha contribuito solamente a meno del 7% delle emissioni globali, contro il 30% della Cina e l’11% degli Stati Uniti. Il Green Deal non è ancora entrato in vigore, eppure le emissioni di anidride carbonica nell’UE si stanno già riducendo, a differenza di quelle della Cina, che continuano a crescere, anche per la produzione dei prodotti “green” destinati ai mercati europei.

La lotta al cambiamento climatico fatta di obblighi e penalizzazioni ha causato solo isolamento dell’UE e uno svantaggio competitivo ora difficile da colmare.

Noi vogliamo salvare l’ambiente, ma vogliamo anche salvaguardare le migliaia di imprese e posti di lavoro che qualcuno vorrebbe sacrificare in nome della transizione verde.

Le politiche climatiche vanno affrontate con urgenza, ma con pragmatismo e buon senso per non creare nuove dipendenze estere e vulnerabilità critiche in futuro.