L’8 e 9 giugno 2024 i cittadini europei saranno chiamati a rinnovare i parlamentari che li rappresenteranno nell’UE. L’Italia è uno dei sei Paesi europei che la fondarono e ha il diritto di esprimere il 10.7% dei parlamentari su un totale di 705. Davanti a noi solo la Germania e la Francia.
Ruminantia ha dedicato a queste elezioni un articolo dal titolo “Non perdiamo questa occasione per contare qualcosa in Europa”.
Per scegliere le persone giuste a cui delegare il presente e il futuro dell’agricoltura e della zootecnia bisogna conoscerle per usufruire a fondo della grande opportunità offerta dal poter votare direttamente una lista ed esprimere una o più preferenze.
Pensiamo di fare il nostro dovere dando la possibilità a voi lettori di conoscere meglio i candidati che, o per contatto diretto o perché ci hanno interpellato, si sono candidati alle elezioni europee.
Oggi intervistiamo Rosanna Conte che si presenta nella lista Lega Salvini Premier – Circoscrizione Nord-Est (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna).
Prima di iniziare la nostra breve intervista ci parli di lei
Sono Rosanna Conte, avvocato e oggi deputato al Parlamento europeo, orgogliosamente veneziana e ancor più veneta. Nata a Portogruaro, sono residente a Caorle (VE), dove per anni ho lavorato nell’attività alberghiera di famiglia. Qui ho imparato lo spirito del sacrificio e del duro lavoro, che poi ho trasferito anche nella mia professione come avvocato e come consigliere comunale a Caorle.
Alle elezioni europee del 2019, sono stata scelta come rappresentante per la Lega Salvini Premier e ho iniziato il mio mandato al Parlamento Europeo. In questi cinque anni di legislatura, ho tenuto fede all’impegno che mi è stato dato dagli elettori con responsabilità, dedizione e presenza costante a Bruxelles e nel territorio.
Il mio obiettivo anche per il prossimo mandato è continuare a valorizzare e tutelare le eccellenze del nostro Made in Italy che sono frutto delle tradizioni, dell’identità e dei valori che ci rendono grandi in tutto il mondo. Ritengo, infatti, che solo attraverso la difesa delle nostre imprese e attività economiche, che generano occupazione e crescita per le nostre famiglie, i giovani e il nostro territorio, potremo garantire protezione e successo all’Italia e alle nostre Regioni.
Quali sono, secondo Lei, le criticità nella UE relativamente all’agroalimentare e nello specifico all’agricoltura e la zootecnia?
La criticità maggiore risiede nel fatto che negli ultimi cinque anni l’UE sembra aver sposato un approccio al settore dell’alimentazione e a quello agricolo dettato dalle campagne di comunicazione globali. Abbiamo assistito alla promozione di una dieta che si può costruire “a tavolino” con alimenti valutati da un’etichetta e che non disdegnano proteine alternative e artificiali, magari in sostituzione di quelle fornite dalla zootecnia. Si è perfino arrivati a una concezione di politica agricola dove i fondi europei servono a indennizzare gli agricoltori per la perdita di competitività dovuta alla messa in campo delle azioni ambientali, più che per sostenerli nella loro capacità di impresa.
Non è questo l’approccio che noi vogliamo. Piuttosto, diciamo: rivediamo la condizionalità della PAC con regole certe e percorribili, poi però superiamo il sistema degli ecoschemi e rimettiamo quelle risorse nel pagamento di base per le aziende, che deve tornare ad essere un elemento certo. La sostenibilità si fa anche attraverso gli investimenti; oggi, invece, è perseguita soprattutto attraverso un castello di prescrizioni. Insomma, parliamo di un paradigma da capovolgere.
Si può trovare un equilibrio tra sicurezza alimentare, ossia cibo sano e disponibile per tutti, e la sostenibilità ambientale, sociale ed economica?
Certo. Però con grande onestà dobbiamo dire che il rispetto di elevatissimi standard è già patrimonio di gran parte del nostro settore agroalimentare. Sono tutte aziende che poi, fuori dai cancelli, si confrontano con realtà di Paesi terzi nei quali il tema della lotta ai cambiamenti climatici è portato avanti attraverso l’innovazione e, soprattutto, cercando di tutelare prodotto e reddito. Insomma, ci guardano come marziani, più che con ammirazione.
Bruxelles ha fissato, anche qui come per altri settori, obiettivi che fossero funzionali a cavalcare un tema globale per ritagliarsi un ruolo di “capofila” ma, senza gli operatori non ci sono obiettivi raggiungibili, ci sono solo scelte calate dall’alto che addossano il peso della transizione ecologica a interi settori produttivi.
Penso che la zootecnia stia subendo un attacco e un tentativo di delegittimazione che non può passare inosservato. L’idea in base alla quale a Bruxelles si debba ormai solo parlare – attraverso dati parziali, peraltro – dell’impatto degli allevamenti senza un’analisi complessiva dei benefici che questi apportano agli ecosistemi è inaccettabile, oltre che fortemente miope.
Il Green Deal Europeo è da salvare così com’è o con aggiustamenti o è da buttare via?
Il Green Deal, per come lo conosciamo, dobbiamo lasciarcelo alle spalle il prima possibile.
Noi pensiamo che sia necessario subito un provvedimento “omnibus” che riscriva, per tutti i settori, tutte quelle modalità e tempi sommari che Timmermans ha imposto alla transizione industriale europea. Senza una modifica organica non usciamo da questo quadro a tinte fosche.
Parlo, ad esempio, della messa in sicurezza delle stalle sulla direttiva emissioni industriali che sarà da difendere già nel 2026, così come il ripristino delle soglie attuali per i settori già coinvolti. Parlo anche dello stop definitivo alla legge sul Ripristino della Natura e a quella sul divieto di utilizzo dei prodotti fitofarmaci.
Per noi l’azienda agricola assolve ai suoi doveri rispettando una PAC che torni a essere “agricola”. Fuori da quel set di regole però non possiamo chiedere al settore di inseguire norme diverse che insistano sempre sulla SAU (Superficie Agricola Utilizzata) aziendale, altrimenti la lista degli oneri e della burocrazia necessaria per assolverli non finisce mai.
Nessuno si deve sottrarre dalla sfida per la sostenibilità. Le aziende agricole investono una marea di risorse per essere efficienti nel loro ciclo produttivo. Apportano nutrienti al terreno, sequestrano il carbonio, con l’innovazione possono gestire le risorse naturali con responsabilità e riutilizzano i sottoprodotti per produrre energia. Questa per noi è la vera sostenibilità, proviamo tutti insieme a pretendere che venga riconosciuta e sostenuta dagli strumenti europei.
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