In relazione all’Atto n. 337 – XVIII Legislatura – Affare sui danni causati all’agricoltura dall’eccessiva presenza della fauna selvatica, del Senato, si è svolta un’audizione informale (Seduta n. 248 del 20 aprile 2021 -Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi) del Prof. Andrea Mazzatenta della Facoltà di Medicina veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo e del Prof. Carlo Consiglio, Presidente onorario LAC (Lega anti caccia).
Il Prof. Andrea Mazzatenta, docente di Psicobiologia e Psicologia Animale alla Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo, in cui insegna anche per la Scuola di Specializzazione in Fisiologia e Fisiopatologia della Riproduzione, ha presentato nel corso di un’audizione informale, la propria relazione dal titolo “Emergenza cinghiali”: danno ambientale, agrario ed economico” (documento disponibile qui).
Nel documento sono stati presi in esame ed analizzati, alla luce della letteratura scientifica, le linee guida di gestione della specie, i piani faunistici ed i report dei vari Enti. Questi sono stati studiati anche in relazione a modelli matematici al fine di meglio comprendere la realtà dei fatti. In particolare, gli argomenti trattati sono: il danno ambientale ed agricolo, le cause di espansione del cinghiale, la gestione del cinghiale, la caccia e ed altri metodi di controllo ed alcune situazioni del territorio italiano.
In generale, dalla relazione emerge che il caso cinghiale è una realtà italiana per cui, nonostante il costante, continuo, continuativo e pressante abbattimento, il numero degli esemplari cresce esponenzialmente. L’attività di gestione della specie, incluso il controllo, come emerge dai documenti è spesso priva di ratio scientifica in quasi totale assenza dei previsti interventi ecologici, cioè arbitraria e casuale. In tal senso la gestione assume carattere di soggettività con disposizione personale ad libitum del cinghiale, cioè del bene ambiente in quanto indissolubilmente legato a questo, determinando ancora una più grave azione negativa verso un bene indisponibile dello stato. Tra le principali responsabili della situazione attuale è la caccia collettiva, come la braccata, perché come chiaramente dimostrato dalla letteratura scientifica causa squilibrio funzionale ed omeostatico sui popolamenti di cinghiale, di conseguenza danneggia il bene ambiente e l’agricoltura. La braccata è, di per sé, pratica crudele, perché provoca alterazioni funzionali nell’animale con aumento dell’ormone dello stress, il cortisolo. Nell’organismo animale esposto a stress continuato durante tutto l’anno si osservano stabili alterazioni fisiologiche, neurobiologiche e psicobiologiche. La carne di cinghiale, così procacciata, risulta non è edibile perché non può fare la frollatura, in quanto priva dei quantitativi minimi di glicogeno che è stato consumato dagli alti livelli di cortisolo.
La carne è classificata come Dark Firm Dry o Pale Soft Exudative ed è da smaltire come rifiuto speciale, tra l’altro spesso preparata in strutture non autorizzate, inidonee, da personale non formato è pericolosa per la salute umana per la qualità del prodotto, il rischio microbiologico, tossicologico ed ambientale.
In alcune realtà locali, la braccata è stata impiegata con fini di controllo, anche se ampiamente esclusa da questi strumenti nelle linee guida di gestione del cinghiale, determinando un quid pluris nell’azione lesiva sull’ambiente.
L’errata gestione del cinghiale fondata solo sull’abbattimento, indubbiamente ha prodotto un danno ambientale che è misurabile e significativo, per di più risulta reiterato ed aggravato per gli effetti della sommazione temporale e spaziale.
Il danno ambientale, infatti secondo la comunità scientifica, comprende fenomeni più complessi del mero rilascio di un inquinante e può essere compiuto, allo stesso modo, su popolazioni animali mobili. Il danno ambientale, nel caso cinghiale, è prodotto dalla modifica della dinamica di popolazione per destrutturazione dei branchi, disgregazione della piramide di Hoffmann, aumento esponenziale degli individui, errantismo degli animali verso aree protette e urbane “effetto spugna”, aumento della famelicità e compromissione della biodiversità.
L’impatto per sommazione spaziale e temporale del danno ambientale è notevole e di certo ingenti saranno le risorse da impiegare per contenerlo. Vi è più, il valore di densità nella maggior parte dei casi non è possibile considerarlo emergenziale, pertanto non appare giustificare i provvedimenti emergenziali Amministrativi che hanno autorizzato ovvero autorizzano il controllo con azioni peggiorative della situazione preesistente ambientale.
La reiterazione stessa dei Provvedimenti è la dimostrazione diretta del danno ambientale. In effetti, si cerca di rimediare alla inefficace gestione di anno in anno, con la medesima strategia, producendo un susseguirsi di ulteriori compromissioni, cioè sommazione del danno.
Clicca qui per scaricare il documento integrale: Emergenza cinghiali”: danno ambientale, agrario ed economico