IN BREVE
In un articolo di Nature, accettato ma ancora in fase di pubblicazione, il 2023 è stato riportato come l’anno più caldo di sempre, includendo un’estate eccezionalmente calda nell’emisfero settentrionale. Questo studio combina dati osservati e ricostruiti delle temperature estive tra giugno e agosto per mostrare che quella del 2023 è stata l’estate extratropicale più calda degli ultimi 2000 anni nell’emisfero settentrionale, superando di più di mezzo grado Celsius il range di variabilità climatica naturale al 95% di confidenza. Confrontando il riscaldamento estivo del 2023 con l’estate più fredda ricostruita nel 536 d.C., si evidenzia una differenza massima di temperature tra il pre-antropocene e il 2023 di 3,93°C. Questo estremo rafforza l’urgenza di implementare accordi internazionali per la riduzione delle emissioni di carbonio.
Nel 2023, le temperature estive tra 30 e 90 gradi di latitudine nord sulla terraferma hanno registrato un aumento di 2,07°C rispetto alla media strumentale precedente tra il 1850 e il 1900 (Figure 1 e 2).
Questo dato allarmante non solo dimostra che il 2023 ha avuto l’estate più calda mai registrata nell’emisfero settentrionale extratropicale, ma anche che l’Accordo di Parigi del 2015 per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C è già stato superato in questa scala spaziale limitata.
Tuttavia, le stime di tali variazioni di temperatura sono influenzate dalle incongruenze nella rete meteorologica disponibile e dalle maggiori incertezze delle prime misurazioni strumentali. Per mitigare queste incertezze nella rete strumentale precedente, l’analisi si è concentrata sulla fascia latitudinale 30-90°N, dove si trovano la maggior parte delle stazioni meteorologiche a lungo termine. Tuttavia, anche in questa scala spaziale e temporale limitata, il numero di record delle stazioni incorporati nei dataset globali diminuisce drasticamente, passando da migliaia nel 21° secolo a solo 58 per il periodo 1850-1900.
Quando si studiano le temperature estive nell’emisfero settentrionale, è importante considerare sia i dati osservativi recenti che le ricostruzioni delle temperature passate. Le misurazioni osservative forniscono dati diretti e precisi, ma possono essere limitate nel tempo. D’altra parte, le ricostruzioni utilizzano varie fonti di dati indiretti, chiamati “proxy”, come ad esempio anelli degli alberi, depositi di ghiaccio o sedimenti marini, per stimare le temperature del passato.
Nel caso del 2023, è stata combinata la recente raccolta di dati osservativi con una serie di ricostruzioni delle temperature estive extratropicali dell’emisfero settentrionale, che vanno indietro nel tempo. Questo processo tiene conto delle incertezze legate alle stime delle temperature basate sui proxy, che possono essere influenzate da vari fattori come la qualità dei dati o le variazioni naturali nel clima nel corso dei secoli.
Unendo queste fonti di dati si ottiene una visione più completa e affidabile delle temperature estive nel corso degli anni. Questo aiuta a mettere in prospettiva il 2023 all’interno del contesto più ampio delle variazioni climatiche storiche, fornendo una base solida per comprendere meglio i cambiamenti climatici attuali e futuri.
Il confronto tra i dati ottenuti con la ricostruzione e le temperature osservative dell’area geografica compresa tra i 30 e i 90 gradi di latitudine nord durante giugno-agosto evidenzia un disallineamento di 0,24°C rispetto al periodo 1850-1900 CE, confermando un pregiudizio sistemico nelle prime osservazioni strumentali.
Questo disallineamento è mostrato in figura 1 in cui sono riportate le temperature estive osservate e ricostruite nel periodo 1850-1900 CE.
Le serie temporali combinate mostrano che l’estate del 2023 ha superato la media pre-strumentale a lungo termine dal 1 al 1890 CE (Common Era = Anno Domini) di 2,20°C. La differenza da 2,07°C, basata sui dati osservativi aggiustati, a 2,20°C, quando ci si riferisce al periodo pre-1850 CE, deriva dai periodi freddi prolungati dell’Era Comune, come la Piccola Era Glaciale tardo-antica nel VI secolo e il culmine della Piccola Era Glaciale all’inizio del XIX secolo.
La maggior parte di queste fasi fredde, così come le singole estati più fredde, sono dovute a grandi eruzioni vulcaniche ricche di zolfo, il cui velo aerosolico stratosferico ha provocato un rapido raffreddamento della superficie. Gli intervalli di incertezza e la varietà di metodi utilizzati nella ricostruzione climatica ci mostrano che c’è una certo dubbio associato alle stime delle temperature passate, e che tale incertezza aumenta man mano che ci spostiamo indietro nel tempo.
Se rapportiamo il 2023 all’estate più fredda ricostruita nel 536 CE (-1,86°C), influenzata da una grande eruzione vulcanica (Figura 4), il range massimo delle temperature pre-Anthropocene-al-2023 è di 3,93°C. Anche quando si considera la relativamente ampia incertezza da -0,03 a 1,50°C per il 246 CE, l’estate del 2023 ha superato questo intervallo di variabilità climatica naturale di almeno >0,5°C.
Questa approssimazione fornisce una stima del contributo dei gas serra a un singolo anno e potrebbe essere considerata conservativa. Si presume infatti che utilizzare il valore massimo delle temperature estive degli ultimi 2000 anni renda la stima dell’effetto dei gas serra sui cambiamenti climatici più cauta o prudente. In altre parole, si sta prendendo in considerazione il peggior scenario possibile quando si valuta l’impatto dell’attività umana sul clima.
Fonte: Esper, J. et al. 2023 summer warmth unparalleled over the past 2,000 years. Nature https://doi.org/10.1038/s41586-024-07512-y (2024)