Decisione del Parlamento Europeo sulla denominazione dei sostituti della carne

Il 23 ottobre 2020 il Parlamento Europeo ha respinto gli emendamenti (165, 264, 275, 281, 254), presentati nel quadro di riforma della Politica agricola comune (PAC), che chiedevano di eliminare l’uso delle denominazioni di carne per i prodotti a base vegetale. In Europa rimane quindi la possibilità di impiegare i termini di hamburger, salsiccia, mortadella, o altro salume, “vegetariani”, o altri termini similari, come bistecca, scaloppina ecc. vegetariani o vegani, che dovrebbero essere utilizzati solo per alimenti esclusivamente a base di carne. Questa situazione merita quindi qualche approfondimento.

Vegetariani e vegani con voglia di latte e carne

Vegetariani e vegani hanno precise scelte alimentari. I primi non vogliono mangiare carne di ogni tipo, con differenziazioni che riguardano i pesci, i secondi escludono anche tutti gli alimenti prodotti da animali e quindi, oltre la carne, pesci e insetti, non consumano neanche latte, uova miele e derivati. Queste scelte sono da rispettare, ma non di rado sono sfruttate dalle industrie alimentari che offrono cibi che con il loro nome fingono e scimmiottano carni, latte, formaggi e burro e salumi, e sembrano sfruttare voglie nascoste di repressioni alimentari.

Sulle ingannevoli denominazioni riguardanti il latte (ad esempio latte di soia) e derivati (burro di arachidi, formaggio di tofu) si è espressa la Corte di Giustizia della Unione Europea con una sentenza nella quale si afferma che i prodotti puramente vegetali non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni come latte, crema di latte o panna, burro, formaggio e yogurt, che il diritto dell’Unione riserva ai prodotti di origine animale. La Corte aggiunge che ciò vale anche nel caso in cui tali denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione.

Questo problema non riguarda però solo latte, latticini, formaggi e burro, perché si stanno moltiplicando le etichette di alimenti per vegetariani e vegani che richiamano nomi di prodotti a base di carne. All’Unione europea si sta quindi chiedendo di fare chiarezza sull’utilizzo commerciale di nomi come Veggie Mortadella, Meatless meatballs (polpette di carne senza carne), Vegetarian Bacon, Gran chorizo vegan, Bresaola Vegan, Fiorentina Vegan e altri prodotti che alludono a carni, tagli o denominazioni tipiche di carni che di carne non sono, anche se accompagnate dalla nota vegetariano o vegano. Queste etichette sono legali secondo le vigenti normative UE ma, avvantaggiandosi della notorietà di denominazioni tipiche della salumeria europea, e soprattutto italiana dove questa è un’arte, rischiano d’indurre il consumatore a pensare che il prodotto, dal punto di vista nutrizionale e all’interno di una dieta sana ed equilibrata, possa sostituire la carne e i prodotti a base di carne. Anche se in precedenza Bruxelles aveva espresso il parere che le disposizioni vigenti fossero sufficienti per tutelare i consumatori da indicazioni ingannevoli, questo ora è in contrasto con la decisione della Corte di Giustizia sopra citata.

Nell’UE, il Regolamento Etichettatura 1169/2011 fornisce alla Commissione europea la possibilità, ma non l’obbligo, di adottare un Regolamento d’implementazione in materia di alimenti destinati ai vegetariani e vegani. Ora si chiede all’esecutivo comunitario di includere in questo Regolamento regole chiare che impediscano a prodotti per vegetariani e vegani di utilizzare, sfruttandone la notorietà, denominazioni che richiamano la carne o i prodotti a base di carne (ma questo, si spera almeno per ora, non è stato accettato dal Parlamento Europeo), proibendo che nell’etichetta sia indicata la dicitura di sostituto o simili riferita a prodotti di origine animale, per non indurre il consumatore a pensare che il prodotto abbia le stesse caratteristiche nutrizionali di quello che si pretende di rimpiazzare.

Qualità nutrizionali della carne 

Il Professore Dario Cianci dell’Università di Bari (Georgofili INFO, 1 febbraio 2017) ricorda che gli alimenti di origine animale fanno parte da sempre della nostra dieta. Questo vale in particolar modo per le carni, perché queste hanno un significato bio-nutrizionale espresso dal Nutrition and Dietetic Institute (INDI) degli Stati Uniti che ne ritiene ingiustificata l’esclusione da una dieta bilanciata e ne raccomanda un adeguato consumo per coprire i fabbisogni di dieci nutrienti chiave: energia, proteine, vitamina A, B1, B2, B6, B12, niacina, ferro e zinco.

La carne è al primo posto tra gli alimenti per l’apporto di proteine nobili, minerali e vitamine. Le proteine raggiungono il 18-20% del totale e sono di elevato valore biologico perché ricche di aminoacidi essenziali particolarmente ramificati (valina, leucina e isoleucina), indispensabili per mantenere l’efficienza dell’apparato locomotore e del sistema nervoso centrale, e per la sintesi di neurotrasmettitori e neuromodulatori (serotonina, oppioidi, catecolamine ecc.) che modulano nel sistema nervoso funzioni, quali la fame, la sazietà, l’aggressività e la depressione, e che controllano inoltre l’omeostasi psico-neuro-endocrino-immuno-metabolica, mantenendo lo stato di benessere psicofisico dell’uomo. Nella carne vi sono anche molecole dotate di effetti antisenescenza, come la carnosina, che svolge un’azione inibitoria sulle reazioni di Maillard, determinanti per l’invecchiamento e la degenerazione cellulare. Significative sono anche nella carne le presenze di lecitine, alcuni acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi, CLA e acido a-lipoico. Sempre nella carne importante è la presenza di minerali essenziali, e in particolare selenio, potassio, fosforo e ferro, quest’ultimo facilmente assimilabile perché legato a composti organici che l’organismo umano utilizza direttamente, specialmente nella formazione dell’emoglobina. La carne è ricca anche di vitamine soprattutto idrosolubili (B1, B2 e B12), che contrastano le forme di anemia e rafforzano il sistema immunitario, e contiene anche piccole quantità di carboidrati, tra i quali il glicogeno è il più importante.

Tutti gli alimenti di origine animale, carne inclusa, diversamente dagli alimenti di origine vegetale, hanno proprietà nutrizionali insostituibili per l’accrescimento dei tessuti, per riparare e o sostituire le cellule usurate e per costruire sostanze regolatrici-protettive (enzimi, ormoni, anticorpi ecc.). Da qualche anno – fa osservare il prof. Dario Cianci – i prodotti di origine animale stimolano contrapposizioni tra sostenitori ed oppositori, ma non bisogna dimenticare che nel ciclo della natura l’uomo è inserito come onnivoro, con diete che prevedono come componenti principali gli alimenti di origine vegetale (che forniscono fibra grezza) e con la contemporanea presenza di alimenti di origine animale, e in particolare di carne, anche se la quella rossa deve avere un consumo contenuto, in diete equilibrate senza eccessi proteici. Questi eccessi, di qualunque origine (animale o vegetale), devono essere evitati, soprattutto dagli anziani e nelle stagioni calde, perché provocano un maggior incremento metabolico ed il rilascio di forti quantità di scorie azotate tossiche (ammoniaca, creatinina, acido urico, urea ecc.) che ostacolano il ricambio e la ricostituzione di nuove strutture cellulari, portano un affaticamento dei reni e del fegato, acidosi del sangue, difficoltà e disturbi digestivi, e aumento delle patologie di origine alimentare (malattie del benessere).

False carni e imbrogli del meat sounding

Carne, pesce e latte vegetali, più che ossimori sono imbrogli che non tengono conto della sostanziale differenza che esiste tra un alimento d’origine animale e un alimento vegetale; differenza che non può essere colmata dall’aggiunta di integratori o additivi. Imbrogli che si aggravano se si usano termini evocativi come hamburger, gamberoni o latte vegetali, nel cosiddetto meat sounding.

In Italia vi sono persone che per diversi motivi, in modo permanente, per periodi più o meno lunghi o saltuariamente, rifiutano di mangiare carne (vegetariani) o ogni cibo d’origine animale (vegani). Senza entrare in discussione sulle motivazioni di questi comportamenti, e in particolare sull’eticità e sulla sicurezza delle carni e di altri alimenti d’origine animale, è necessario richiamare l’attenzione sull’attuale usanza di chiamare con nome di alimenti di origine animale i prodotti completamente vegetali, quasi come a cercare un alibi, ma soprattutto considerare alcuni aspetti degli alimenti sostitutivi alla carne, pesce, latte e uova, e del loro uso protratto nell’alimentazione umana.

Gli alimenti vegetali che sostituiscono alimenti d’origine animale possono essere di tipo tradizionale come il tofu, la bevanda alla soia e il seitan. Il tofu è diffuso in estremo oriente ed è il risultato della coagulazione ottenuta con sali minerali o organici del succo estratto dalla soia con la successiva pressatura in blocchi, generalmente in forma di parallelepipedo; la sua fabbricazione è quindi simile a quella del formaggio ottenuto dal latte. I valori nutrizionali del tofu dipendono dal processo e da chi lo produce ma solitamente comprendono un elevato contenuto proteico, un moderato contenuto di carboidrati e un moderato o elevato contenuto di grassi polinsaturi. In linea orientativa, un etto di tofu ha circa 150 chilocalorie, con una composizione media del 70 % di acqua, 15 % di proteine, 9 % di grassi, 4 % di carboidrati e 2 % di fibra (sul secco 55 % di proteine, 30 % di grassi e 15 % di carboidrati). La bevanda alla soia, che non può essere denominata latte di soia, consiste in un’emulsione contenente circa il 3% di proteine, il 2% di grassi e carboidrati e lo 0,3% di minerali, ed in occidente è usata come sostituto del latte nelle diete vegane e per gli intolleranti alle proteine del latte vaccino e al lattosio. La bevanda è priva di colesterolo (le sue proteine e gli isoflavoni ne abbassano il livello totale), contiene lecitina, Vitamina E, grassi poli- e monoinsaturi ma ha l’inconveniente di contenere acido fitico che impedisce l’assorbimento di minerali, fitoestrogeni che potrebbero recare un calo del desiderio sessuale maschile e della fertilità e allergeni. Il seitan è un impasto, altamente proteico, ricavato dal glutine del grano tenero o del farro, che contiene pochi grassi (1.5%) e in cui l’acqua rappresenta il 58,2%, i carboidrati sono il 5,2 % e le proteine vegetali ammontano a 36,1 %. La composizione in amminoacidi delle sue proteine è a basso valore biologico, perché il glutine è una proteina sbilanciata che contiene scarsissima lisina, un amminoacido essenziale. L’elevata presenza di glutine è una controindicazione assoluta per persone con celiachia ed è sconsigliata per chi ha intolleranza al glutine. Il seitan è alla base della gran parte dei piatti che, opportunamente additivati, simulano carni come hamburger, bistecche, cotolette, polpette e polpettoni o pesci di diverso genere. Per ottenere effetti simili alla carne, si usa il succo di barbabietola per far “sanguinare” gli hamburger vegani o l’eme presente anche in alcuni vegetali, ossia il complesso chimico che trasporta l’ossigeno nel sangue e che rende rossa l’emoglobina del sangue e la mioglobina dei muscoli.

Ad eccezione di una carne sintetica ottenuta dalla coltivazione in impianti industriali di cellule animali, i prodotti vegetali che simulano la carne hanno composizioni molto diverse dalla vera carne. Se questo non ha importanti effetti per chi mangia questi alimenti occasionalmente o per brevi periodi, diverse sono le conseguenze per diete prolungate, soprattutto nei bambini, giovani, anziani e donne gravide, a meno di non attuare opportune integrazioni in diete appositamente studiate. Anche per questo le legislazioni mondiali stanno vietando l’uso del termine carne per alimenti che non la contengono, per fare chiarezza e differenziare la carne vera da quella non vera, proibendo definizioni carnivore per i prodotti vegetali come le bistecche di soia, la salsiccia vegana o i gamberoni vegani. Come è già avvenuto per la bevanda alla soia che non può essere chiamata latte e per il tofu che non è un formaggio, in analogia alle azioni di contrasto all’italian sounding, si sta operando per gli imbrogli delle false carni, il cosiddetto meat sounding.

Rischi da nuovi surrogati alimentari

Surrogato o sostituto, in tedesco ersatz, sono parole che agli anziani ricordano le Sanzioni comminate all’Italia dalla Società delle Nazioni e dalla guerra. In questi tristi periodi gli italiani si vestono con surrogati della lana, la fibra artificiale rayon o un filato ricavato dal latte (lanital), mentre le scarpe sono di cuoio artificiale (cuoital). Nella alimentazione vi è una prolificazione di surrogati autarchici destinati alla povera gente e spesso scadenti: al posto del caffè si bevono infusi di orzo mondo o vestito, ghianda o cicoria tostata. Al posto della carne compaiono prodotti incredibili e improbabili come il Condit, una specie di ragù, e la Vegetina, miscela più o meno sospetta di vegetali. L’Ufficio propaganda del PNF (Partito Nazionale Fascista) pubblica l’opuscolo Sapersi Nutrire, ricco di consigli alimentari restrittivi e di norme dietetiche, con illustrazioni e motti sull’infelicità e i malanni provocati da un eccesso di cibo proclamando che “Ne uccide più la gola che la spada” e che “gli obesi sono infelici”, non dimenticando di proclamare i malanni causati dai grassi e soprattutto dalle carni. Sui giornali compaiono consigli per fare maionese senza uova o altri piatti senza questo o quell’alimento scarso, razionato o introvabile. Per le sue ricette risparmiose diviene celebre Petronilla, nome di scrittura sulla Domenica del Corriere di Amalia Foggia Moretti, una delle prime donne laureate in medicina. Un triste periodo, quello dei surrogati, perduto? Tutt’altro. Basta dare uno sguardo agli scaffali degli alimentari e ai locali di ristorazione cosiddetta alternativa per rendersi conto che oggi la questione dei surrogati dilaga con nuove e diverse conseguenze.

Un primo effetto è la nascita e la diffusione di cuochi e ristoranti vegetariani e vegani con buone, se non elevate, conoscenze, ottenute anche seguendo i suggerimenti di dietisti specializzati, e che elaborano piatti di alta qualità offrendo menù equilibrati a prezzi spesso elevati destinati a chi ha la possibilità di frequentarli. Considerando anche si tratta di frequentazioni di poche persone e di esperienze occasionali, non vi sono sostanziali problemi nutrizionali.

Diversa è la situazione della maggior parte, se non della quasi totalità, dei vegetariani e vegani che, con poca esperienza, devono arrangiarsi con cereali, leguminose, verdure, grassi vegetali e cibi anche esotici come il tofu o le alghe, in una cucina che richiede conoscenze che non tutti hanno e soprattutto che richiede tempo. Di questo se ne è resa conto e ne ha approfittato l’industria alimentare che, vedendo un nuovo e lucroso affare, si è specializzata nella produzione e distribuzione di alimenti per vegetariani e vegani.

Un fatto solo apparentemente strano, e che ricalca quello che era avvenuto nell’infausto periodo dell’autarchia fascista e della guerra, è che molti degli alimenti destinati ai vegetariani e vegani sono preparati e venduti con denominazioni che richiamano i detestati alimenti d’origine animale. Si parla così di latte di soia, latte di mandorle, burro di arachidi, panna vegetale, formaggio di tofu o vegetale, senza trascurare gli hamburger, straccetti, bistecche, wurstel, mortadelle, ragù, spezzatini e altri prodotti alimentari senza carne costruiti con vegetali. In tutti questi casi le etichette riportano valori analitici indubbiamente reali, ma non rivelano al comune consumatore le differenze qualitative nutrizionali con l’alimento che è imitato.

Alle denominazioni falsamente indicative di questi surrogati spesso si associa la loro quasi costante presentazione nei reparti e scaffali di vendita accanto ai prodotti originari. Per esempio, è necessario che il consumatore sia molto attento quando legge e interpreta le etichette per comprendere se in una bomboletta di panna vi sia un derivato del latte o della soia.

Un importante elemento negativo è che nella preparazione della maggior parte dei surrogati, che devono imitare quelli originari, non bastano i trattamenti fisici e quindi si ricorre a additivi, soprattutto leganti e addensanti che hanno la funzione tecnologica di mantenere la struttura dei prodotti. Solo con l’aggiunta di additivi aromatizzanti, coloranti e appetitizzanti è possibile avere surrogati della carne e suoi derivati con caratteristiche organolettiche simili ai prodotti imitati.

Una caratteristica quasi costante, molto evidente per alcune preparazioni come gli hamburger, è il prezzo di vendita dei surrogati, che permette all’industria alimentare una non trascurabile fonte di guadagni e ne giustifica l’interesse. Nei supermercati italiani e nelle offerte su internet, gli hamburger di carne, in base all’animale e al tipo (pollo o bovino, e di quest’ultimo di scottona o di razze o pregiate) hanno un prezzo compreso dai 15 ai 75 € al chilogrammo. Gli hamburger vegani hanno invece un prezzo sempre superiore e, partendo dai 17 € al chilogrammo, arrivano al quasi stratosferico prezzo (scontato!) di 114,58 € al chilogrammo, come nel caso del The Beyond Burger (Beyond Neat), prodotto surgelato che vanta di essere senza derivati animali, senza soia, senza OGM, senza glutine, senza olio di palma, solo con ingredienti naturali, con sapore di carne.

Apparentemente, i surrogati alimentari sono destinati ad un gruppo relativamente ristretto, anche se in aumento, di consumatori, ma l’industria ha un forte interesse consumistico a espanderne l’uso, e da qui la preparazione di surrogati appetibili e l’uso di denominazioni evocative, anche pericolose. Un loro uso diffuso e non consapevole può infatti influire sulle scelte e stili alimentari e portare a nutrizioni squilibrate, soprattutto in categorie deboli come quelle di anziani e bambini, come dimostrano anche recenti casi segnalati dalla cronaca giornalistica.

Chiamare con nomi di carne prodotti di origine vegetale vi è inganno del consumatore?

Recentemente il Prof. Giuseppe Pulina dell’Università di Sassari (Georgofili INFO, 28 ottobre 2020) rileva che presentare ai cittadini un prodotto di origine vegetale con lo stesso nome di uno di origine animale, o viceversa, è come dire loro che sono la stessa cosa (fatto assolutamente non veritiero), e si chiede se chiamare con nomi di carne prodotti di origine vegetale non sia circonvenzione di consumatore. Inoltre, con la decisione del Parlamento Europeo si è persa l’occasione di promuovere la trasparenza verso i consumatori, in quanto le istanze di un’etichettatura che garantisce una corretta informazione, anche a vantaggio dei prodotti di origine vegetale quali il vino e l’olio di oliva, è andata perduta e, nel caso dei prodotti sostitutivi delle carni, non vi è una tutela del grande patrimonio culturale e il know how di produzione che caratterizza l’intero settore delle carni.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.

Da solo ed in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti ed originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia ed in particolare all’antropologia alimentare e danche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e 50 libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.