Introduzione

Le tecniche agroforestali possono contribuire a mitigare gli effetti negativi dell’allevamento animale quali le emissioni climalteranti e la diminuzione della fertilità del suolo dovuta alle colture intensive destinate all’alimentazione degli animali, oltre ai negativi impatti paesaggistici e le limitazioni al benessere animale. Un elevato livello di benessere animale negli allevamenti è sempre più richiesto dalla società civile. L’integrazione di componenti arboree nell’azienda zootecnica può rivestire molteplici funzioni sia di carattere paesaggistico che ambientale, quali il sequestro di gas serra, la presenza di nicchie ecologiche a supporto della biodiversità, la stabilità all’erosione e l’incremento della sostanza organica. Gli allevamenti al pascolo possono causare degrado del suolo, come compattamento ed erosione per eccessi di carico animale; in questi casi la presenza di alberi può aiutare a limitare il problema.

I sistemi agrosilvopastorali si caratterizzano per includere la presenza di vegetazione arborea negli spazi d’allevamento. Oltre alle superfici a pascolo erbaceo e alle superfici coltivate, essi comprendono aree boscate, per esempio boschi di latifoglie, oppure vi è la presenza di alberi nelle aree di pascolo (pascoli arborati), o si pratica il pascolo in alcuni periodi dell’anno in aree come vigneti, oliveti e frutteti. L’agroecologia insegna a integrare al meglio tra loro le diverse componenti della azienda e le loro risorse, in modo da creare sistemi che necessitino di apporti limitati dall’esterno in termini di materia e di energia (Caporali, 2019), con risparmio economico e riduzione degli impatti ambientali.

Quando vogliamo implementare un sistema agrosilvopastorale dobbiamo aver chiaro l’obiettivo da raggiungere per poter fare la miglior scelta; per esempio, se vogliamo usare l’albero/arbusto come integrazione alimentare estiva e/o invernale, se vogliamo che sia pascolata direttamente e/o conservata, e se vogliamo usarla per il benessere, a fini nutraceutici o semplicemente come zona riposo.

Gli alberi forniscono agli animali importanti contributi dal punto di vista alimentare: gli elementi fogliari possono essere ricchi di proteine e fibra digeribile (Iacurto et al., 2020b), e alcuni frutti come le ghiande e le castagne sono molto ricchi dal punto di vista energetico, oltre a conferire alle produzioni animali caratteristiche organolettiche di pregio. Vi è inoltre un’importante disponibilità di principi curativi e integrativi, come macro e micro-elementi.

La presenza di ceppi batterici multiresistenti pericolosi per la salute sia dell’uomo che degli animali richiede un limitato ricorso degli antibiotici nella medicina veterinaria, si deve quindi puntare su un elevato benessere animale che consenta migliori risposte immunitarie, e su una corretta alimentazione con un adeguato apporto di fibra che prevenga le malattie metaboliche; a tal fine, si può considerare anche l’utilizzo alimentare e integrativo di parti di piante con effetti nutraceutici e fitoterapici.

Il naturale comportamento degli animali al pascolo si può esprimere anche nella ricerca attiva di integratori e sostanze curative presenti nelle piante.

Salute e benessere animale nei sistemi agroforestali

I compiti più importanti della medicina veterinaria sono il mantenimento della salute, e quindi favorire le pratiche di allevamento che consentano agli animali di rimanere in salute, e la prevenzione, intesa come la messa in atto di pratiche che limitino i rischi sanitari.

Il mantenimento della salute animale si basa su un corretto apporto di nutrienti con l’alimentazione, su un buon adattamento della specie e della razza all’ambiente, e sul benessere psicofisico, basato non solo sull’assenza di stress ma anche sulla libera espressione dell’etogramma e delle caratteristiche individuali degli animali. Vi devono essere spazi e condizioni adeguati all’espressione dei comportamenti, per esempio l’animale leader può esprimere le proprie potenzialità come guida per il branco. Gli animali devono poter giocare, correre, socializzare, o sottrarsi nel caso in cui si manifestino dei conflitti. I sistemi agroforestali danno tali possibilità, oltre ad una diversificazione microclimatica (riparo dal caldo, dal freddo e dal vento), limitando gli stress di tipo termico cui gli animali sono sottoposti quando vivono in ambienti chiusi o in ambienti aperti esposti.

L’elevato stato di benessere animale, oltre a dare una maggiore sostenibilità di tipo etico all’allevamento, contribuisce ad un buon funzionamento delle risposte adattative degli animali e alle loro difese immunitarie.

L’allevamento libero, che alterna pascolo erbaceo a pascolo arborato o in bosco, consente agli animali di manifestare in pieno la propria etologia: l’atto del pascolare, la ricerca delle risorse foraggere e dei principi nutraceutici contenuti nelle piante sono esigenze primarie per gli erbivori.

Negli allevamenti al pascolo va posta particolare attenzione alla gestione delle parassitosi, limitando il più possibile l’utilizzo di antiparassitari ecotossici.

L’allevatore può far leva sulle competenze che gli animali hanno riguardo alla selezione delle piante, che può essere guidata da specifiche esigenze come il contenimento delle forme parassitarie tramite frasche contenenti tannini o dalla ricerca di un effetto ruminativo.

Inoltre, la diversificazione della dieta di per sé è preventiva rispetto a stati carenziali. Una serie di principi attivi contenuti nelle piante sono importanti per la salute animale e la qualità delle produzioni.

Fitoterapia e nutraceutica

La zoofarmacognosia studia come gli animali, sia selvatici che domestici, riconoscano e utilizzino le piante medicinali. La selezione degli alimenti da parte degli erbivori ha il senso sia di prediligere cibi più nutrienti, ricchi in proteine e in fibra digeribile, per esempio germogli o erba giovane, ma anche di cercare sostanze che forniscano un beneficio (Mezcua, 2019).

Gli animali evitano determinati alimenti perché ne individuano la tossicità o la non-idoneità, ma imparano anche ad ingerire sostanze nell’ambiente come farmaci per prevenire o curare le malattie; inoltre, possono cercare alcune piante per fornire un beneficio omeostatico all’ambiente interno, come nel caso di ingestione di alimenti ricchi di minerali. Queste competenze animali si trasmettono tramite apprendimento, è quindi possibile che ne siano carenti gruppi di animali poco abituati al pascolo in bosco.

Le conoscenze sugli effetti medicinali delle piante si traggono sia dalla medicina popolare che dagli studi scientifici di farmacologia.  Entrambi gli approcci evidenziano importanti funzioni digestive, nutraceutiche, fitoterapiche ed integrative.

Anche gli alberi, come tutte le piante medicinali, contengono fitocomplessi, ovvero entità biochimiche costituite dall’insieme di uno o più principi attivi; molecole come oligoelementi ed enzimi, le cui funzioni biologiche risultano complementari tra loro e concorrono all’effetto terapeutico. I fitocomplessi possono essere integratori o veri e propri farmaci a seconda del dosaggio e dell’animale che li assume. Essi sono metaboliti secondari delle piante e la loro presenza varia a seconda del luogo, della stagione, del momento vegetativo e dello stress cui sono sottoposte.

Le principali azioni farmacologiche di fitocomplessi di derivazione arborea sono antimicrobiche, antinfiammatorie, antiossidanti, antiparassitarie, disintossicanti, epatoprotettive e stimolanti il sistema immunitario.

Molto importanti in zootecnia sono le azioni digestive: parti di piante arboree e arbustive stimolano infatti la secrezione salivare, importantissima per la digestione; stimolano inoltre la secrezione biliare, e quindi l’assorbimento dei lipidi, e la ruminazione. Può risultare quindi favorita la digestione e l’assimilazione di tutti gli alimenti ingeriti, sia dei foraggi, come fieni e insilati, sia dei mangimi concentrati.

Fra le azioni nutraceutiche ricordiamo l’integrazione minerale, vitaminica, di oligoelementi e di sostanze con effetto probiotico.

La etnobotanica veterinaria studia gli usi tradizionali delle piante medicinali legati ai territori.

Per quanto riguarda l’Italia Centrale, segnaliamo alcuni diffusi utilizzi di piante arboree, riportati negli Appunti di Etnobotanica Veterinaria della Professoressa Viegi (2008).

La corteccia di Fraxinus ornus L. è utilizzata tradizionalmente in Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo per la cura e la prevenzione di disturbi digestivi e malattie infettive di polli, ovini e conigli. Le foglie fresche sono invece utilizzate per riattivare la ruminazione nei bovini.

Piccoli rami di Salix alba L. si utilizzano in Toscana, Marche, Sardegna, Lazio, Abruzzo, Basilicata, Toscana per ripristinare la ruminazione interrotta, per indigestioni e per il timpanismo per ovini e bovini.

Foglie e fiori di Sambucus nigra L. sono utilizzate in Veneto, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Sardegna per disturbi gastro-intestinali e come antiparassitario e come antinfiammatorio per mammelle e articolazioni.

Diverse specie di Ulmus sono adoperate in Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, come galattoforo, antidiarroico, digestivo e cicatrizzante per bovini, conigli, equini, ovini e galline. Si utilizzano soprattutto le foglie, ma anche rami fogliati, corteccia e decotti di radice. Il suo uso è riportato anche nella medicina etnica veterinaria dei nativi americani.

In epoca pre-antibiotica un ampio spettro di piante medicinali veniva utilizzato per trattare il bestiame. Queste conoscenze sono state però trascurate nella medicina veterinaria europea.

La moderna farmacologia ha confermato molti degli utilizzi tradizionali delle piante legnose, per esempio estratti di frassino, hanno dimostrato, in studi sia in vivo che in vitro per quanto riguarda l’uomo, attività antinfiammatoria, antiossidante, antimicrobica, neuroprotettiva, antipertensiva e antitoxoplasmosi (Sarfraz et. al., 2017).

Da ricerche farmacologiche si sa che l’olmo contiene mucillagini e tannini: è quindi indicato per patologie di carattere infiammatorio a livello respiratorio, avendo azione demulcente e digerente, ed effetto astringente grazie ai tannini (Wynn & Foùgere, 2007).

I tannini hanno proprietà antiparassitarie. Quelli contenuti in specie erbacee sono stati i più studiati; tuttavia, ci sono alcune ricerche riguardanti specie legnose (Manolaraki, 2010; Paolini, 2004) che evidenziano attività antielmintica anche con riduzione della fertilità dei vermi.

I tannini hanno anche proprietà antidiarroiche (Bonelli, 2018, Na e Hong, 2018); possono quindi essere utili nel limitare sia le infestazioni parassitarie che la sintomatologia correlata, facendo diminuire il ricorso a trattamenti antiparassitari. Molti antiparassitari per uso veterinario stanno mostrando inefficacia per fenomeni di farmacoresistenza dimostrati nei parassiti. Inoltre, una delle classi più utilizzate, quella delle avermectine, mostra un’accentuata ecotossicità (vedi box). E’ quindi fondamentale seguire l’andamento delle parassitosi tramite un Piano di Monitoraggio Parassitologico (Pisseri, 2019).

I tannini diminuiscono la proteolisi ruminale e favoriscono il by-pass ruminale di una parte delle proteine della dieta aumentandone l’efficienza digestiva (Yang et al. 2017), rendendo più efficiente l’assimilazione della componente proteica della dieta e riducendo i rischi di alcalosi ruminale in caso di eccesso di assunzione di proteine. Queste sostanze riducono inoltre la metanogenesi, migliorando quindi l’impatto sull’ambiente e il benessere degli animali. Tuttavia, un eccesso di tannini può causare rallentamento delle funzioni digestive a causa del suo potere antifermentativo ed avere effetti antinutrizionali.

L’olivo fornisce un alimento che può essere considerato funzionale a seguito dell’alta concentrazione in tannini (7 gr/kg s.s.). In uno studio che si sta svolgendo nell’Azienda Boccea situata nella Regione Lazio (Iacurto et al. 2020a) sono state valutate le caratteristiche riproduttive di due mandrie il cui management è gestito sotto gli olivi. E’ stato rilevato che la prima mandria, di razza Limousine, presenta parametri riproduttivi migliori di quanto rilevato in bibliografia mentre la seconda mandria, una popolazione meticcia aziendale, ha un’alta incidenza di parti gemellari; nei due anni di monitoraggio non sono mai stati usati antibiotici né antiparassitari. La carica parassitaria, valutata tramite monitoraggio, è risultata sempre molto bassa e quest’ultimo dato è probabilmente dovuto proprio all’allevamento sotto ulivo in quanto i tannini hanno anche funzione antielmintica.

Minerali e microelementi

Sambuco, olmo, salice, nocciolo, carpino, frassino, ontano, pruno europeo, quercia, acacia presentano un ragguardevole contenuto di Calcio e di Fosforo, con valori che vanno da 17 a 45 gr/kg di Sostanza Secca per il calcio e da 2 a 8 gr/kg per il fosforo (Luske, 2017), con un rapporto Ca:P di 4:1 per quercia, nocciolo, pruno, frassino, salice, mentre per gli altri è nettamente a favore del calcio (Luske et al.,2017).

Molto interessante il contenuto in Zinco di salice, sambuco, nocciolo, pruno d., acacia, olmo, acero; questo microelemento è importantissimo per il buon funzionamento delle difese immunitarie, per la fertilità sia femminile che maschile ed è inoltre dermoprotettivo.

Sono ricchi di Selenio nocciolo, carpino, pruno d. e biancospino. Essenziale per la prevenzione di problemi muscolari nei giovani e per la fertilità, questo microelemento è spesso carente nei foraggi in quanto carente nei suoli. Recenti ricerche suggeriscono che le alte concentrazioni di Zinco e Selenio nelle foglie degli alberi provengono dagli strati profondi del suolo (Luske e van Eekeren, 2018).

Anche i contenuti di Magnesio e Potassio sono importanti in diversi foraggi arborei come frassino, nocciolo, sambuco, salice, pruno e olmo.

Nell’alimentazione animale è frequente la necessità di dover integrare la razione, in modo particolare con Selenio, Zinco, Calcio e Fosforo, spesso carenti nei foraggi di origine erbacea. Il foraggio arboreo si può quindi considerare in tal senso un eccellente integratore.

Il ruolo delle foglie degli alberi per l’approvvigionamento di microelementi per il bestiame non dipende solo dalla loro concentrazione, ma anche dal tasso di assunzione e dalla proporzione nella razione totale dell’animale (Luske e van Eekeren,2018).

Conclusioni

Gli alberi offrono una serie di sostanze nutraceutiche, sali minerali e microelementi fondamentali per mantenere un buon livello di salute e buone produzioni.

Il veterinario, l’allevatore e lo zootecnico devono essere a conoscenza della presenza di tali sostanze nelle specie arboree da pascolo, sia per sfruttare il loro potenziale, sia per evitare eccessi di ingestione. Fondamentale anche la collaborazione con chi ha competenze forestali, per gestire al meglio la componente arborea della azienda evitandone il degrado.

I sistemi zootecnici agroforestali possono contribuire ad aumentare l’efficienza delle risorse degli allevamenti al pascolo:

  • avendo a disposizione essenze erbacee, arbustive e arboree per i propri animali si può avere un’offerta foraggera diversificata nell’arco dell’anno, implementando una catena di foraggiamento;
  • si diminuisce la necessità di utilizzo di mangimi concentrati limitando le voci di spesa aziendali e la competizione alimentare uomo/animale;
  • si contiene o si annulla l’utilizzo della soia, molto costosa per l’allevatore e impattante sull’ambiente;
  • si ha un contributo importante in termini di principi nutraceutici e farmacologici, diminuendo la necessità di utilizzo di farmaci antibiotici e antiparassitari;
  • si favorisce in modo significativo il benessere animale;
  • si contribuisce al recupero e al mantenimento delle aree marginali, al sequestro di gas serra e al mantenimento della biodiversità.

Le ricadute positive sono a nostro avviso strettamente collegate ad una oculata gestione e ad un approccio transdisciplinare.

In un ambiente brado o semibrado agroforestale, l’animale ha la possibilità di esprimere le proprie potenzialità sia fisiologiche che etologiche, attivando le proprie strategie adattative e le proprie competenze, come la ricerca del microclima migliore e del pascolo più indicato. Il naturale comportamento degli animali si può esprimere anche nella ricerca attiva di integratori e sostanze curative naturalmente presenti nelle piante.

BOX- Avermectine

Le avermectine, escrete soprattutto con le feci degli animali sottoposti a trattamento, hanno una lunga persistenza nell’ambiente, valutata in diversi esperimenti, che va da alcune settimane ad alcuni mesi. Per la loro natura lipofila e l’essere scarsamente volatili si legano al suolo e alla materia organica; inoltre, alcune condizioni come il freddo e l’anaerobiosi prolungano la loro persistenza (Liebig et al., 2010). Le avermectine sono nocive per molte specie di invertebrati e sono molto importanti per la conservazione e l’equilibrio di ecosistemi sia acquatici che terrestri, e per alcune specie di pesci (Kövecses, 2005). Le feci dei mammiferi, in particolare dei bovini, costituiscono un microhabitat per lo sviluppo di numerose specie di invertebrati, come gli scarabei stercorari, che possono essere danneggiate dalle avermectine. Il letame prodotto dagli animali viene spesso utilizzato per fertilizzare i campi, quindi la somministrazione di molecole ecotossiche che raggiungano le escrezioni animali implica un impatto sull’ambiente. Un largo utilizzo delle avermectine tende quindi a far decrescere la biodiversità.

La pratica routinaria è quella di effettuare trattamenti antiparassitari periodici nelle specie zootecniche, soprattutto nel caso in cui i soggetti pascolino. Sono stati messi in evidenza molti fenomeni di farmacoresistenza da parte dei parassiti ai farmaci di sintesi. Vi sono molte pratiche, sia mediche che gestionali, utili a limitare le parassitosi negli allevamenti, come rotazione e turnazione dei pascoli, attenzione all’alimentazione e all’igiene dell’allevamento, e fitoterapia.

Autori

F. Pisseri1, M. Iacurto2, G. Mezzalira3.

1 Veterinaria consulente zootecnica, Associazione Italiana di Agroecologia

2 Ricercatore Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria; Centro Zootecnia e Acquacoltura, Sede di Monterotondo (RM)

3 Direttore Sezione “Ricerca e gestioni agro-forestali” di Veneto Agricoltura

Bibliografia

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Per approfondire l’aspetto nutrizionale di questi sistemi, leggi anche “Allevamento animale e agroforestazione, il contributo arboreo alla razione alimentare“.