I primi di maggio è stata divulgata la notizia di un focolaio epidemico da Streptococcus equi in Italia centrale causato da consumo di prodotti lattiero-caseari non pastorizzati, che ha provocato 37 casi clinici e 5 morti. Considerando che l’utilizzo del latte crudo è una prerogativa di alcune specialità tipicamente italiane, riteniamo importante tutelarne l’utilizzo che non risulta affatto rischioso se gestito correttamente.

Per trattare questo delicato tema ci siamo perciò voluti rivolgere ad uno dei massimi esperti in produzioni lattiero-casearie, Michele Grassi consulente caseario libero professionista, che si occupa di ricerca relativa alla tecnologia dei formaggi italiani a latte crudo e alla progettazione e realizzazione di nuove tecniche di trasformazione.

Come prima cosa gli abbiamo chiesto di inquadrare insieme le produzioni a latte crudo.

«Innanzitutto, c’è da dire che i formaggi a latte crudo sono una classicità dell’Italia. Per latte crudo si intende un latte che non ha subito alcun trattamento termico e pertanto non è andato incontro a nessuna modifica delle componenti batteriche di partenza. Lavorare il latte crudo oggi non è più come una volta, una volta lo si usava perché non si pensava nemmeno a pastorizzare e non si avevano tante nozioni. Le analisi del latte forse neanche si facevano, oggi invece abbiamo una consapevolezza diversa. Oggi abbiamo la conoscenza, e fare un’analisi del latte costa pochi euro; perciò, è d’obbligo per chi si avvale di questa tecnica avere un approccio differente. Non si può prescindere da un monitoraggio delle caratteristiche del latte in entrata, ed è uno sbaglio non parlarne perché ci sono dei rischi correlati a questa tecnica che possono essere tranquillamente gestiti se conosciuti».

Dunque, nella pratica cosa possiamo fare per utilizzare il latte crudo in maniera sicura?

«C’è un punto cruciale da cui partire, e riguarda la gestione delle mastiti in stalla. Il focolaio cui abbiamo fatto riferimento prima ha fatto scattare tutte le misure di polizia veterinaria previste dalla Asl, da cui è emerso che su otto allevamenti indagati il problema era legato ad un solo soggetto appartenente ad un unico allevamento. Una vacca che presentava mastite da Streptococcus equi, tra l’altro agente eziologico neanche dei più diffusi nella specie bovina. Dunque, come sostengo sempre durante i miei corsi e le mie lezioni, il primo fattore da cui partire è il controllo delle mastiti.»

Bene, quindi, la prevenzione ed il controllo in stalla risultano strategici per chi ha un caseificio aziendale, ma per chi non lavora il proprio latte? O lavora parte del suo latte e parte lo acquista? Come ci si tutela dall’insorgere di eventuali problematiche?

«Una volta giunto in caseificio ciò che risulta fondamentale, e non solamente per la prevenzione igienico-sanitaria, è monitorare le caratteristiche della materia prima in ingresso attraverso delle analisi specifiche. Questa attività è svolta nelle grandi industrie lattiero-casearie almeno ogni 48 ore; ecco, senza dover arrivare a questa frequenza, è importante stabilire un protocollo che preveda di verificare la presenza dei principali patogeni o anti-caseari anche solo ogni quindici giorni».

Pertanto, lo strumento di prevenzione principale risulta essere quello analitico, ma nell’intervallo tra un’analisi e la successiva c’è qualche misura preventiva da adottare?

«Certamente, non potendo analizzare il latte tutti i giorni il casaro può avvalersi ad esempio dell’ausilio di un pH-metro. Il pH va analizzato in due momenti, il primo a temperatura di refrigerazione (se è stato refrigerato) e il secondo quando raggiunge i 20-24 °C. Chiaramente non è una prova definitiva ma può essere considerato un’ottima spia di qualche alterazione del prodotto. I valori ritenuti accettabili nel latte di vacca sono tra 6.50 e 6.70 mentre per ovicaprini 6.60-6.80. Nel momento in cui si rilevano dei valori anomali si può comprendere, ad esempio, che un latte è mastitico e di conseguenza cambiare la sua destinazione d’uso».

A proposito di mastiti quindi anche il contenuto in cellule somatiche può risultare un utile indicatore?

«Assolutamente sì, le cellule somatiche sono una spia indiretta delle mastiti, e negli ovi-caprini non esistono neanche dei limiti di legge al riguardo, perciò, è fondamentale sensibilizzare chi opera nel settore su questo tema. È importante porsi dei valori da non superare, anche perché un latte con elevato contenuto in cellule non risponde correttamente alla tecnologia di produzione. Un esempio che faccio spesso è quello della ricotta. A volte mi viene segnalata una produzione di ricotta molto abbondante, ed io rispondo di verificare il contenuto in cellule somatiche perché spesso ad una raccolta estremamente abbondante corrisponde un latte con elevato contenuto in cellule e soprattutto un prodotto estremamente deperibile in breve tempo».

Ci sono altri aspetti importanti che vogliamo segnalare a chi produce formaggi a latte crudo?

«Ce ne è uno che mi preme particolarmente divulgare, e riguarda il fatto che un formaggio a latte crudo può essere venduto solamente dopo 60 giorni. Commercializzare prima di questo limite temporale è possibile farlo ma solo in due casi: o aderendo ad una produzione riconosciuta che lo prevede all’interno del suo disciplinare (es. DOP) oppure richiedendo preventivamente  un’autorizzazione dalla Asl che si basa sull’attuazione di un piano di controllo apposito. Dunque, ricapitolando, il controllo analitico risulta fondamentale nella ricerca di patogeni come stafilococchi e streptococchi, ma anche nel monitoraggio qualitativo (vedi cellule somatiche) che può essere un campanello indiretto di varie problematiche. Qualora il latte presentasse delle anomalie la scelta più sicura è sempre quella di pastorizzare, in quanto l’unica altra opzione a cui si potrebbe ricorrere, è quella di prolungare la stagionatura, ma questa non mette sempre al riparo da eventuali problematiche perché dipende molto dal livello di contaminazione iniziale. Per concludere vi dico che il formaggio a latte crudo lo si deve fare, ma si deve fare a certe condizioni!»