Il formaggio ha una lunga storia nella dieta umana. Nei tempi antichi, questo alimento era principalmente una forma concentrata di latte che aveva il vantaggio di una prolungata conservazione e di un un alto contenuto di grassi e proteine, che lo rendevano ricco di energia e adatto per i nostri antenati con uno stile di vita attiva. Le recenti conoscenze nella scienza della nutrizione documentano il contributo del formaggio per una buona nutrizione e salute, mentre nuove prospettive si aprono sugli effetti dei formaggi sul microbiota digestivo.

Formaggi e nutrizione

Il formaggio è un importante prodotto lattiero-caseario e parte integrante di un’alimentazione salutare, grazie al suo notevole contributo alla salute umana. E’ infatti una ricca fonte di nutrienti essenziali, e in particolare di proteine, peptidi bioattivi, aminoacidi, grassi, acidi grassi, vitamine e minerali. Il formaggio stagionato è privo di lattosio e quindi adatto anche a chi è intollerante a questa molecola. Negli ultimi tempi, la dieta è stata collegata a varie malattie, come il diabete, l’obesità, le malattie cardiovascolari, l’osteoporosi e il cancro, e l’attenzione della ricerca nutrizionale si è spostata verso specifici ingredienti alimentari che contribuiscono alla nutrizione e influenzano la salute, considerando anche il formaggio.

L’alta concentrazione di aminoacidi essenziali nel formaggio contribuisce alla crescita e allo sviluppo del corpo umano. Walther B, Schmid A., Sieber R. e coll. (Cheese in nutrition and health – Dairy Sci. Technol. 88, 389 – 405, 2008) sottolineano che due tripeptidi bioattivi, VPP e IPP, trovati nel latte acido fermentato con Lactobacillus helveticus, abbassano la pressione sanguigna e questi peptidi sono presenti in quantità significative in talune varietà di formaggio.

Nonostante la presenza di acidi grassi saturi e trans, non vi è alcuna prova chiara che colleghi il consumo di formaggio a qualsiasi malattia, mentre l’acido linoleico coniugato e gli sfingolipidi presenti in questo alimento possono avere proprietà anticancerogene. Per quanto riguarda i livelli di colesterolo nel sangue di chi ha un’alimentazione con presenza di formaggio, Zheng H., Yde C. C., Clausen M. R. e coll. (Metabolomics investigation to shed light on cheese as a possible piece in the French paradox puzzle – J Agric Food Chem. 18, 63(10), 2830-2839, 2015) hanno usato un approccio di metabolomica per studiare la differenziazione tra soggetti che consumano formaggio o latte e per chiarire il potenziale legame con un effetto sul livello di colesterolo nel sangue in soggetti che consumavano tre tipologie di diete isocaloriche (con contenuto di grasso simile) una ricca di latte, una ricca di formaggio, ma con pari quantità di calcio, e una dieta di controllo. Rispetto all’assunzione di latte, il consumo di formaggio riduce significativamente i livelli di citrato urinario, creatina e creatinina e aumenta significativamente i metaboliti legati al microbiota, quali butirrato, ippurato e malonato, indicando un coinvolgimento del metabolismo microbico e lipidico sui livelli di colesterolo nel sangue.

L’alta concentrazione di calcio nel formaggio contribuisce alla formazione e al mantenimento di ossa e denti forti, ha anche un effetto positivo sulla pressione sanguigna e aiuta a perdere peso in combinazione con diete a basso consumo energetico.

Formaggi e microbiota intestinale

Il tratto intestinale umano ospita un microbiota complesso e dinamico. Negli individui sani, i gruppi predominanti sono Clostridium leptum, Clostridium coccoides, Bacteroides e, in misura minore, i bifidobatteri. Insieme a queste popolazioni dominanti sono spesso presenti, a livelli più bassi, anche enterobatteri, enterococchi e lactobacilli che rappresentano le popolazioni sottodominanti. I ruoli di queste ultime popolazioni nell’equilibrio e nella salute del microbiota non sono ben definiti e non è ancora ben chiaro se queste siano limitate dal microbiota dominante o dai requisiti nutrizionali. Molte specie appartenenti a questi gruppi derivano dalla dieta e tra queste alcune, potendo esercitare un effetto positivo sulla salute umana, sono chiamate probiotici (principalmente i lattobacilli).

Ad oggi sono disponibili pochi dati sulle conseguenze dell’ingestione di prodotti fermentati sull’omeostasi intestinale ma un certo ruolo è da attribuire ai formaggi, come da tempo hanno dimostrato i risultati ottenuti da Firmesse O., Rabot S., Bermúdez-Humarán L. G. e collaboratori (Consumption of Camembert cheese stimulates commensal enterococci in healthy human intestinal microbiotaMicrobiol Lett. 276(2), 189, – 192. 2007) che hanno documentato un significativo aumento della popolazione di Enterococcus faecalis dopo il consumo di formaggio Camembert. Il meccanismo che provoca questo aumento è al momento sconosciuto. Potrebbe essere dovuto ad un effetto prebiotico dei componenti chimici del formaggio, come osservato con i bifidi e gli zuccheri non digeribili estratti dalla cicoria, ma potrebbe anche essere un effetto diretto o indiretto dei batteri e delle popolazioni di lievito contenute nel formaggio Camembert. I formaggi stagionati possono essere considerati probiotici? Per essere considerato un probiotico, un ceppo batterico deve essere un componente normale del microbiota intestinale umano, essere assolutamente sicuro per l’uso negli esseri umani, essere attivo e vitale nelle condizioni presenti nell’intestino, essere resistente alle secrezioni gastrointestinali (succo gastrico, bile e succo pancreatico), ed essere in grado di persistere, almeno temporaneamente, nell’intestino umano. Summer A., Formaggioni P., Franceschi P. et alii (Cheese as Functional Food: The Example of Parmigiano Reggiano and Grana Padano – Food Technol Biotechnol, 55(3), 277–289, 2017) hanno recentemente indicato che esistono prove sperimentali che alcuni dei batteri presenti nel formaggio cotto duro italiano possono avere funzioni probiotiche. In particolare, è dimostrato che, a dodici mesi di maturazione, nel Parmigiano Reggiano, la presenza di Lactobacillus rhamnosus è ancora rilevabile, anche se a bassi livelli (103-104 CFU / g), con caratteristiche probiotiche. Inoltre, Pancaldi M., Mariotti I., Balli F. (Intestinal inflammation in nursing infants: different causes and a single treatment… but of protected origin. Acta Biomed., 79, 144 – 150, 2008) sottolineano la natura probiotica del Parmigiano Reggiano e il suo possibile utilizzo nella prevenzione delle malattie intestinali ed extraintestinali a tutte le età, dai neonati agli anziani.

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.